Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33354 del 17/12/2019
Cassazione civile sez. I, 17/12/2019, (ud. 25/10/2019, dep. 17/12/2019), n.33354
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –
Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –
Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –
Dott. SCALIA Laura – Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 30414/2018 proposto da:
K.M., elettivamente domiciliato in Genova Via Dante 2 109 presso
lo studio dell’Avv.to Damiano Fiorato presso gli indirizzi fax e pec
giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Ministero Dell’interno, (OMISSIS);
– intimato –
avverso il decreto del TRIBUNALE di GENOVA, depositata il 06/09/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
25/10/2019 da Dott. MELONI MARINA.
Fatto
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Genova con decreto in data 6/9/2018, ha confermato il provvedimento di rigetto pronunciato dalla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di Genova in ordine alle istanze avanzate da K.M. nato in (OMISSIS), volte, in via gradata, ad ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato, del diritto alla protezione sussidiaria ed il riconoscimento del diritto alla protezione umanitaria.
Il richiedente asilo aveva riferito alla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di essere fuggito dal proprio paese per paura di essere ucciso dagli usurai con i quali aveva contratto debiti che non riusciva a restituire.
Avverso la sentenza del Tribunale di Genova il ricorrente ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi. Il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. B) e C) in relazione al mancato riconoscimento della protezione sussidiaria e violazione del dovere di cooperazione istruttoria officiosa, così come previsto dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 in ordine all’accertamento della situazione oggettiva relativa al Paese di origine, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32,D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 in relazione al mancato riconoscimento della protezione umanitaria in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
I motivi di ricorso, pur rubricati sotto il solo profilo della violazione di legge (art. 360 c.p.c., n. 3), contengono in realtà una serie di critiche agli accertamenti in fatto espressi nella motivazione della corte territoriale che, come tali, si palesano inammissibili, in quanto dirette a sollecitare un riesame delle valutazioni riservate al giudice del merito.
Le censure si risolvono in una generica critica del ragionamento logico posto dal giudice di merito a base dell’interpretazione degli elementi probatori del processo e, in sostanza, nella richiesta di una diversa valutazione degli stessi, ipotesi integrante un vizio motivazionale non più proponibile in seguito alla modifica dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 apportata dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54 convertito in L. n. 134 del 2012 (v. Cass., sez. un., n. 8053/2014).
La parte non può, invero, rimettere in discussione, proponendo una propria diversa interpretazione, la valutazione delle risultanze processuali e la ricostruzione della fattispecie operate dai giudici del merito poichè la revisione degli accertamenti di fatto compiuti da questi ultimi è preclusa in sede di legittimità (Cass., 07/12/2017, n. 29404; Cass., 04/08/2017, n. 19547; Cass., 02/08/2016, n. 16056).
In ordine alla protezione sussidiaria ex art. 14, lett. B) e C) il giudice di merito basandosi su fonti di informazione internazionale, ha appurato che la zona di provenienza dell’odierno istante non è teatro di un “conflitto diffuso” e di una “violenza generalizzata”: tale apprezzamento, che sfugge al sindacato di legittimità, porta ovviamente a disconoscere che nel presente giudizio di cassazione si possa far questione della “minaccia grave e individuale alla vita o alla persona di un civile derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”.
In ordine alla verifica delle condizioni per il riconoscimento della protezione umanitaria il motivo si rileva inammissibile, a prescindere da ogni questione concernente l’applicazione al caso di specie della normativa recentemente introdotta dal D.L. n. 113 del 2018, convertito con modificazioni dalla L. n. 132 del 2018 in quanto censura l’accertamento di merito compiuto dal Tribunale in ordine alla insussistenza di una particolare situazione di vulnerabilità del ricorrente a fronte della valutazione espressa con esaustiva indagine officiosa in sè evidentemente non rivalutabile in questa sede circa la insussistenza nella specie di situazioni di vulnerabilità.
Quanto poi alla avvenuta integrazione nel paese di accoglienza nonchè dello svolgimento di attività lavorativa da parte del richiedente asilo, tali circostanze non costituiscono da sole un parametro che possa giustificare la concessione della protezione umanitaria. Infatti questa Corte ha più volte chiarito che in materia di protezione umanitaria, “il riconoscimento del diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, al cittadino straniero che abbia realizzato un grado adeguato di integrazione sociale in Italia, deve fondarsi su una effettiva valutazione comparativa della situazione soggettiva ed oggettiva del richiedente con riferimento al Paese d’origine, al fine di verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile costitutivo dello statuto della dignità personale, in correlazione con la situazione d’integrazione raggiunta nel Paese d’accoglienza. (Cass. sez.1 n. 4455/2018 Pres. Tirelli).
Per quanto sopra si impone il rigetto del ricorso. Nulla per le spese in mancanza di attività difensiva.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, ricorrono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Sussistono nella specie i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente stesso, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso per cassazione, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione sesta della Corte di Cassazione, il 25 ottobre 2019.
Depositato in Cancelleria il 17 dicembre 2019