Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3335 del 12/02/2018


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. 2 Num. 3335 Anno 2018
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: MANNA FELICE

SENTENZA

sul ricorso 16129-2015 proposto da:
BARCA GERMANICO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
ACQUEDOTTO PAOLO 22, presso lo studio dell’avvocato
BIAGIO MARINELLI, rappresentato e difeso dall’avvocato
ANNA RITA MOSCIONI;
– ricorrente contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE in persona del
Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA
GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope
legis;

Data pubblicazione: 12/02/2018

- controricorrente
e

sul ricorso successivo proposto da:
SALVO CIRO, MANCOSU MARIO, NIGRO FRANCESCO, NIGRO
LORENZO, BERTONCINI GIOVANNI, elettivamente domiciliati
in ROMA, VIA GIUSEPPE FERRARI 4, presso lo studio

difende unitamente all’avvocato CORONAS UMBERTO;
– ricorrenti successivi nonchè contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE in persona del
Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA
GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope
legis;
– controricorrente –

avverso il decreto n. 325/2015 della CORTE D’APPELLO di
PERUGIA, depositata il 16/02/2015;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 13/10/2017 dal Consigliere FELICE MANNA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale

CORRADO

MISTRI

che

ha

concluso

per

l’accoglimento del ricorso per quanto di ragione, con
conseguente cassazione con rinvio del decreto oggetto
di impugnativa.

dell’avvocato CORONAS SALVATORE, che li rappresenta e

IN FATTO
Con separati ricorsi ante D.L. n. 83/12, convertito in legge
n. 134/12, di poi riuniti, gli odierni ricorrenti adivano la Corte
d’appello di Perugia per ottenere la condanna del Ministero

indennizzo, ai sensi dell’art.2 della legge 24 marzo 2001, n.89,
per la durata irragionevole di un medesimo giudizio
amministrativo, che avevano instaurato innanzi al TAR Lazio
nel 1997 e che era stato definito con sentenza, reiettiva, del
1°.4.2010.
Resistendo il Ministero, la Corte adita con decreto del
16.2.2015 rigettava la domanda, in quanto l’istanza di
fissazione dell’udienza, da cui ai sensi dell’art. 23 legge n.
1034/71 (in allora applicabile) dipendeva la trattazione del
ricorso, era stata presentata soltanto il 22.5.2009.
La cassazione di tale decreto è chiesta dai medesimi
ricorrenti con separati ricorsi.
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze resiste con
controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. – Il primo motivo del ricorso proposto da Ciro Salvo,
Mario Mancosu, Francesco e Lorenzo Nigro e Giovanni
Bertoncini deduce la violazione o falsa applicazione degli artt.
23, 10 comma, legge n. 1034/71, 2 e 3, commi 4 e 5, legge n.
89/01, e 6 CEDU, in relazione al n. 3 dell’art. 360 c.p.c. Poiché
ai sensi dell’art. 23, primo comma, legge n. 1034/71 la
discussione del ricorso doveva essere chiesta dalla parte
ricorrente o da altra parte costituita con istanza da depositarsi
entro il termine di due anni dal deposito del ricorso, pena la

3

dell’Economia e delle Finanze al pagamento di un equo

perenzione del giudizio, è evidente, sostengono i ricorrenti,
che detta istanza era stata presentata – e necessariamente entro tale termine. Ancorché ciò non risultasse dal dettaglio
del ricorso tratto dal sito internet del TAR (il processo
telematico amministrativo essendo stato introdotto molti anni
dopo l’inizio del giudizio), il fatto che il ricorso sia stato

la costituzione delle parti si era perfezionata. Il che avrebbe
dovuto indurre la Corte umbra ad effettuare la verifica del
caso, richiedendone all’ufficio giudiziario amministrativo (in tal
senso richiama il precedente n. 1365/15 di questa Corte
Suprema).
2. – Il secondo motivo di detto ricorso deduce la violazione o
falsa applicazione degli artt. 738, comma 3, e 183, comma 4,
c.p.c., e 3, comma quinto, legge n. 89/01, in relazione al n. 4
dell’art. 360 c.p.c., lamentando il fatto che la Corte d’appello
non abbia fatto uso, per accertare l’epoca di presentazione
della prima istanza di fissazione dell’udienza, dei poteri
attribuitigli da dette norme.
3.

– Affatto analoghe le violazioni di legge lamentate

dall’unico motivo del ricorso presentato da Germanico Barca, il
quale osserva altresì, che nella specie era stata anche
presentata l’istanza di prelievo, a dimostrazione della diligenza
e dell’interesse delle parti.
4. – I due ricorsi, da esaminare congiuntamente per la
sostanziale comunanza delle censure, sono fondati.
Premesso che la proponibilità della domanda di equa
riparazione dipende, ai sensi dell’art. 54, 2° comma, D.L. n.
112/08 e successive modifiche, dalla sola istanza di prelievo e
non anche da quella di fissazione dell’udienza; che questa, a
differenza di quella, condiziona il perfezionamento della
costituzione delle parti ai fini della discussione della causa; e
4

respinto nel merito e non già dichiarato perento dimostra che

che l’istanza di prelievo, che nella specie risulta essere stata
presentata (v. pag. 6 del decreto impugnato), rende valutabile
l’intera durata irragionevole del processo, vale a dire anche
quella anteriore alla sua presentazione (v. ex multis, Cass. n.
3740/13); tanto premesso, va osservato che la decisione nel
merito è sintomo primario di non perenzione del giudizio,

discussione successive al termine (in allora biennale) di
perenzione, non vale a escludere che si sia trattato della mera
iterazione d’una facoltà processuale esercitata già prima e
tempestivamente dalle parti. Di qui un onere di verifica
officiosa, in base all’art. 3, 5 0 comma, legge n. 89/01, nel
testo (nella specie applicabile ratione temporis) previgente alle
modifiche di cui al D.L. n. 83/12, convertito in legge n.
134/12.
Infatti, come questa Corte ha già avuto modo di affermare
(v. in motivazione la n. 1365/15, non massimata), «premesso
che il presente giudizio è interamente disciplinato dalla L. n.
89 del 2001, come vigente alla data del deposito della
domanda di equa riparazione, deve rilevarsi che sussiste la
denunciata violazione dell’art. 3, comma 5, della detta legge;
che, come esattamente ricordato dai ricorrenti, questa Corte
ha affermato il principio, condiviso dal Collegio, per cui in tema
di equa riparazione per la violazione del termine ragionevole di
durata del processo, l’oggetto della domanda è individuabile
nella richiesta di accertamento della violazione, rispetto alla
quale l’onere della parte istante è limitato alla semplice
allegazione dei dati relativi alla sua posizione nel processo
(data iniziale di questo, data della sua definizione, eventuale
articolazione nei diversi gradi) e non anche alla produzione
degli atti posti in essere nel processo presupposto (Cass. n.
16836 del 2010; Cass. n. 16367 del 2011); che, nella specie,
5

sicché l’esistenza d’istanze di fissazione dell’udienza di

l’argomento svolto dai ricorrenti, e cioè che il ricorso
introduttivo del giudizio presupposto era stato introdotto nel
1997, mentre la disciplina dell’uso dell’informatica nei
processi, compreso quello amministrativo, risaliva ad alcuni
anni dopo il deposito del ricorso, avrebbe dovuto indurre la
Corte d’appello ad effettuare una verifica in ordine alla

d’appello ha dato atto dell’avvenuta conclusione del giudizio
presupposto con sentenza e non con decreto di perenzione,
come sarebbe invece stato inevitabile ove l’istanza di
fissazione non fosse mai stata presentata, e che lo stesso
Ministero resistente riferisce dell’avvenuta presentazione di
due istanze di prelievo».
Nella specie, la Corte distrettuale non ha esercitato tale
potere, sebbene il giudizio amministrativo, proposto ben prima
dell’entrata in vigore del processo telematico, fosse stato
deciso nel merito, a significare che quanto meno entro il 1999
una prima istanza di discussione doveva essere stata
presentata da alcuna delle parti.
5. – Il decreto impugnato va dunque cassato con rinvio (ad
evidenza non ricorrono le condizioni per una pronuncia
sostitutiva di merito ex art. 384, secondo comma, seconda
ipotesi, c.p.c.) ad altra sezione della Corte d’appello di
Perugia, che nel decidere il merito effettuerà d’ufficio
l’accertamento anzi detto, provvedendo, altresì, sulle spese di
cassazione.
P. Q. M.
La Corte accoglie i ricorsi e cassa il decreto impugnato con
rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Perugia, che
provvederà anche sulle spese di cassazione.

6

presentazione della istanza, tanto più che la stessa Corte

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda
sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il

13.10.2017.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA