Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33349 del 21/12/2018

Cassazione civile sez. I, 21/12/2018, (ud. 21/06/2018, dep. 21/12/2018), n.33349

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18410/2015 proposto da:

Fallimento (OMISSIS), in persona del curatore rag. C.M.,

elettivamente domiciliato in Roma, Via Tommaso Salvini n. 55, presso

lo studio dell’avvocato D’Errico Carlo, rappresentato e difeso

dall’avvocato Lazzati Marcello, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

T.N., quale titolare della ditta individuale (OMISSIS),

elettivamento domiciliata in Roma, Viale delle Milizie n. 138,

presso lo studio dell’avvocato Contucci Lorenzo, che la rappresenta

e difende unitamente agli avvocati Rigo Antonio, Spangaro Sandro,

giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

contro

M.T.R.V.; N.D.G.L.;

P.I.T.; Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di

Monza; Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di

Appello di Milano; Ta.Pa.An.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2659/2015 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 23/06/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21/06/2018 dal cons. VELLA PAOLA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte di Appello di Milano, accogliendo il reclamo proposto da T.N., quale titolare della ditta individuale (OMISSIS), ne ha revocato il fallimento in quanto dichiarato dal Tribunale di Monza in data 28/10/2014, quando ormai era decorso l’anno dalla cancellazione dal Registro delle imprese, in data 10/05/2013, non ritenendo provata la prosecuzione dell’attività di impresa, nemmeno in forza della proposizione di una domanda di concordato preventivo cd. “con riserva” in data 24/03/2014, durante il procedimento prefallimentare a carico della debitrice e nell’imminenza della scadenza del termine annuale L. Fall., ex art. 10; domanda poi rinunciata dalla stessa debitrice in data 10/07/2014, quando il suddetto termine era ormai scaduto.

2. La curatela del Fallimento (OMISSIS) ha impugnato la sentenza d’appello con ricorso per cassazione affidato a due motivi, corredato da successiva memoria difensiva, cui la fallita ha resistito con controricorso, parimenti corredato da memoria ex art. 380 bis1 c.p.c.; i restanti intimati non hanno svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta la “Insufficiente e contraddittoria motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5) circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (la prosecuzione dell’attività d’impresa oltre il maggio 2013) nonchè violazione ex art. 360 c.p.c., n. 3) degli artt. 2740 e 1418 c.c.”, per avere la Corte d’appello escluso che la vendita del patrimonio immobiliare della T. – privo di autonomia rispetto a quello dell’impresa individuale – costituisse attività liquidatoria qualificabile come (prosecuzione della) attività d’impresa, per il solo fatto che in data 06/12/2012 gli immobili alcuni dei quali peraltro gravati da ipoteca volontaria – erano stati costituiti in trust, da ritenere però nullo ai sensi dell’art. 1418 c.c.in quanto “incompatibile con le norme di ordine pubblico dell’ordinamento italiano che disciplinano le procedure concorsuali”.

2. Il secondo mezzo prospetta la “Violazione o falsa applicazione ex art. 360 c.p.c., n. 3) della L. Fall., art. 10”, per avere la Corte territoriale escluso che il relativo termine annuale “possa avere quale dies ad quem la pubblicazione della domanda di concordato proposta dal debitore nel corso della procedura prefallimentare”, onde “evitare che l’art. 10 finisca per offrire al debitore la facile occasione di abusare dello strumento concordatario”, come avvenuto nel caso di specie, essendo “di tutta evidenza che questo fosse l’obiettivo della T., se si considera che la proposta di concordato è stata avanzata il 24.03.2014, a meno di due mesi dalla scadenza annuale e che a tale proposta, formulata “in bianco”, ha fatto seguito una richiesta di proroga del termine assegnato dal tribunale (24.05.14) ed una tempestiva rinuncia alla domanda di concordato (10.7.14)”.

3. Il primo motivo è fondato, con assorbimento del secondo.

4. Preliminarmente va respinta, per palese infondatezza, l’eccezione preliminare di inammissibilità del ricorso in quanto “non notificato anche al Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione”, così come la richiesta subordinata di integrazione del contraddittorio, parimenti formulata a pag. 7 del controricorso.

5. Nel merito, la decisione impugnata si snoda lungo un percorso motivazionale che può essere così sintetizzato:

5.1. la sentenza di fallimento è stata pronunciata oltre l’anno dalla cancellazione dell’impresa individuale dal Registro delle imprese, in violazione della L. Fall., art. 10, comma 1, la cui funzione “non è tanto tutelare i creditori rispetto all’inatteso venir meno della qualifica di imprenditore commerciale nel loro debitore, quanto garantire la certezza delle situazioni giuridiche e l’affidamento dei terzi”, sicchè “il dies ad quem del termine annuale ivi previsto è necessariamente quello della pubblicazione della sentenza di fallimento”, poichè “la semplice presentazione dell’istanza di fallimento non sarebbe conoscibile da parte dei terzi”;

5.2. non è condivisibile “la conclusione cui è pervenuto il primo giudice in ordine alla ritenuta prova della prosecuzione dell’attività di impresa dopo la cancellazione”, in difetto di “operazioni intrinsecamente corrispondenti a quelle poste in essere normalmente nell’esercizio dell’impresa” (nella specie, attività di autotrasporto conto terzi), essendo “documentalmente provata la cancellazione dall’Albo degli Autotrasportatori conto terzi e la cessazione della posizione IVA”;

5.3. non costituiscono “manifestazione della prosecuzione dell’attività imprenditoriale” nè il conferimento dell’incarico per la redazione di perizie e le trattative per la vendita del compendio immobiliare, nè le attività connesse alla presentazione della proposta e del piano concordatario, trattandosi di “attività finalizzate esclusivamente all’estinzione delle passività residuate mediante il ricorso alla c.d. finanza esterna, atteso che non è contestato che il soddisfacimento dei creditori prospettato prevedeva non già la liquidazione dei beni aziendali, ma lo smobilizzo del patrimonio immobiliare costituito in trust (…) pochi mesi prima della cessazione dell’attività, dalla stessa titolare della ditta fallita e con beneficiari i figli di quest’ultima”;

5.4. la fictio iuris prevista dalla L. Fall., art. 10 “consente di ritenere esistente l’imprenditore per il tempo indicato ai soli fini della procedura concorsuale”, in quanto “presupposto per l’ammissione alle procedure concorsuali, e quindi anche al concordato preventivo, è lo status di imprenditore commerciale, ma non anche l’attualità dell’esercizio dell’impresa”;

5.5. il “limite oggettivo per la declaratoria di fallimento” di cui alla L. Fall., art. 10 “non appare allo stato superabile anche qualora sia configurabile (…) un abuso dello strumento concordatario da parte della reclamante”, in quanto “non può non evidenziarsi che quest’ultima, dopo aver presentato domanda di concordato preventivo c.d. in bianco nell’imminenza della scadenza del termine succitato, ha depositato, dopo la scadenza di detto termine, anzichè la proposta e il piano preannunciati, la dichiarazione di rinuncia alla predetta domanda sul rilievo della non fattibilità del piano progettato, piano che prevedeva il ricorso alla c.d. finanza esterna rappresentata, nella specie, dallo smobilizzo del patrimonio immobiliare costituito in un Trust il 6 dicembre 2012, pochi mesi prima della cessazione dell’attività”.

6. Va subito detto che le censure mosse in tema di abuso dello strumento concordatario con il secondo motivo, così come l’eccezione di nullità del trust formulata nel primo motivo, restano superate dal rilievo che il Tribunale di Monza, nonostante la pendenza del termine annuale in questione, non ha dichiarato inammissibile per “abuso” la domanda di concordato con riserva proposta dalla debitrice in costanza di procedimento prefallimentare, ed anzi ha concesso anche la proroga del termine iniziale per il deposito della proposta e del piano concordatario, limitandosi all’esito a dare atto della sopravvenuta rinunzia alla domanda da parte della debitrice. Al tempo stesso il Tribunale, a fronte di detta rinuncia, ha proceduto de plano alla declaratoria di fallimento, sull’assunto – poi disatteso dal giudice del reclamo – che l’attività d’impresa fosse in realtà proseguita dopo la cancellazione.

7. La Corte d’appello, andando appunto di contrario avviso, ha invocato il risalente e consolidato orientamento di questa Corte per cui l’effettiva prosecuzione dell’attività d’impresa – la cui dimostrazione è oggi consentita dalla L. Fall., art. 10,comma 2, a creditori e pubblico ministero che chiedano la dichiarazione di fallimento anche oltre l’anno dalla cancellazione dell’imprenditore individuale dal Registro delle imprese – deve intendersi come “compimento di operazioni intrinsecamente corrispondenti a quelle poste normalmente in essere nell’esercizio dell’impresa”, o comunque “tali da rivelarsi come manifestazioni di un’attività economica, sia pure svolta esclusivamente in funzione della disgregazione dell’azienda” (ad es. nel caso “di attività di un imprenditore edile che, sia pure a distanza di vari anni dalla cessazione dell’attività di costruzione, proceda alla vendita definitiva di alcuni appartamenti, in esecuzione di contratti preliminari redatti nella normale attività precedente, ove non risulti una frattura tra l’esercizio della impresa e le dette vendite attraverso un’interposta volontà del costruttore di conservare quei beni per l’utilizzo personale dei loro redditi”, non invece in caso di semplice richiesta di cancellazione della partita IVA); con la precisazione che “il relativo apprezzamento compiuto dal giudice del merito, se sorretto da sufficiente e congrua motivazione, si sottrae al sindacato in sede di legittimità” (Cass. 22/03/1984 n. 1918; 04/09/1998 n. 8781; 13/12/2000 n. 15716; 28/03/2001 n. 4455; 14/07/2014 n. 16107; 27/04/2018 n. 10319).

7.1. Al riguardo va però sottolineato come sia stato altresì specificato che “il completo e assoluto ritiro dell’imprenditore non può dirsi realizzato se nella fase della liquidazione siano state compiute operazioni tali da rivelarsi come manifestazione di un’attività economica, sia pure svolta esclusivamente in funzione della disgregazione” (Cass. n. 15716 del 2000 cit.).

7.2. Dal richiamato formante giurisprudenziale si evince dunque la sufficienza, ai fini della L. Fall., art. 10, comma 2, di un’attività anche di tipo meramente liquidatorio, purchè qualificabile lato sensu economica, quale nel caso di specie può ritenersi la stessa presentazione della domanda di concordato preventivo, trattandosi di procedura che, in quanto diretta alla regolazione consensuale della crisi o dell’insolvenza dell’imprenditore, appare incompatibile con la totale cessazione dell’attività imprenditoriale che è diretta a regolare (cui è invece condizionata la cancellazione dal Registro delle imprese), presupponendo non solo lo status di imprenditore commerciale ma anche l’attualità dell’esercizio dell’impresa.

8. Ebbene, applicando i suddetti principi alla fattispecie concreta, ne risulta che la Corte d’appello ha errato a non ritenere – anche alla luce dell’iniziativa concordataria assunta dalla debitrice – che l’attività imprenditoriale non fosse effettivamente cessata, come sarebbe stato solo a fronte di quel “completo e assoluto ritiro dell’imprenditore” cui fa riferimento la giurisprudenza di questa Corte sopra citata (in particolare sub 7.1).

9. Ed infatti, le iniziative complessivamente assunte dall’imprenditore individuale (pur cancellato dal Registro delle imprese) rendevano evidente il compimento di operazioni economiche di tipo liquidatorio, dirette alla regolazione concordataria di un’attività di impresa che per ciò stesso era di fatto proseguita.

10. La sentenza impugnata merita quindi di essere cassata con rinvio, in modo che la Corte d’appello, in diversa composizione, decida la causa attenendosi agli enunciati criteri.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Milano, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 21 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2018

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