Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33347 del 17/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 17/12/2019, (ud. 09/07/2019, dep. 17/12/2019), n.33347

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. FANTICINI Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. D’AURIA Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 14306/2014 R.G. e nella causa riunita

iscritta al n. 14309/2014 R.G. proposte da:

P.S., elettivamente domiciliato in Roma, via dei Monti

Parioli n. 48, presso lo studio dell’avv. Giuseppe Marini, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avv. Loris Tosi giusta procura

speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

e

Impresa Edile s.n.c. di P. e M., in persona del legale

rappresentante pro tempore, P.S. e M.R.,

elettivamente domiciliati in Roma, via dei Monti Parioli n. 48,

presso lo studio dell’avv. Giuseppe Marini, che li rappresenta e

difende unitamente all’avv. Loris Tosi giusta procura speciale a

margine del ricorso;

contro

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– resistente –

e contro

Agenzia delle entrate – Direzione Provinciale di Padova, in persona

del Direttore pro tempore;

– intimata –

e nei confronti di:

Impresa Edile s.n.c. di P. e M. e dei soci P.S. e

M.R. in fallimento, in persona del curatore pro tempore,

elettivamente domiciliati in Roma, via dei Monti Parioli n. 48,

presso lo studio dell’avv. Giuseppe Marini, rappresentati e difesi

dall’avv. Loris Tosi giusta procura speciale a margine del ricorso;

– interveniente –

avverso le sentenze della Commissione tributaria regionale del Veneto

nn. 11/25/13 e 13/25/13, depositate il 10 aprile 2013.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 9 luglio 2019

dal Consigliere Dott. Nonno Giacomo Maria.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. con la sentenza n. 11/25/13 del 10/04/2013, la Commissione tributaria regionale del Veneto (di seguito CTR) respingeva l’appello principale proposto da Impresa Edile s.n.c. di P. e M. (di seguito Impresa Edile), nonchè dai soci P.S. e M.R., e l’appello incidentale proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza n. 70/06/10 della Commissione tributaria provinciale di Padova (di seguito CTP), che aveva a sua volta accolto parzialmente i ricorsi proposti dalla società e dai soci nei confronti di due avvisi di accertamento a fini IRAP e IVA relativi agli anni d’imposta 2004 e 2005;

1.1. come si evince anche dalla sentenza della CTR: a) con gli avvisi di accertamento impugnati erano stati contestati ad Impresa Edile l’esistenza di ricavi non contabilizzati, con conseguente rettifica del reddito lordo e maggiori imposte dovute ai fini IRAP e IVA; b) la CTP, previa riunione dei ricorsi separatamente proposti avverso gli avvisi di accertamento, li accoglieva parzialmente; c) la sentenza della CTP era appellata, in via principale, da Impresa Edile e soci, nonchè, in via incidentale, dall’Agenzia delle entrate con riferimento ai capi di rispettiva soccombenza;

1.2. su queste premesse, la CTR rigettava gli appelli proposti, evidenziando, per quanto ancora interessa in questa sede, che: a) la pretesa tributaria era legittima, non essendo fondata unicamente sui valori OMI degli immobili venduti dalla società, ma anche su ulteriori elementi indiziari, da valutare complessivamente ed idonei ad integrare quegli elementi gravi, precisi e concordanti legittimanti la rettifica dei redditi ai sensi del D.P.R. n. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, lett. d); b) le rendite catastali non potevano costituire “un valido parametro di confronto con gli elementi di valutazione considerati dall’Agenzia delle Entrate ai fini della verifica, che sono decisamente più aderenti alla realtà del mercato”;

2. Impresa edile e soci impugnavano la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi;

3. l’Agenzia delle entrate depositava atto di costituzione al solo fine di partecipare all’udienza di discussione ex art. 370 c.p.c., comma 1;

4. con separata sentenza n. 13/25/13 del 10/04/2013, la CTR respingeva l’appello principale proposto, quale socio della Impresa Edile, da P.S. e l’appello incidentale proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza n. 72/06/10 della CTP, che aveva a sua volta accolto parzialmente i ricorsi proposti da P. nei confronti di due avvisi di accertamento a fini IRPEF relativi agli anni d’imposta 2004 e 2005;

4.1. come si evince anche dalla sentenza della CTR: a) con gli avvisi di accertamento impugnati era stata imputata per trasparenza al socio P. la quota parte del reddito di partecipazione a Impresa Edile, in ragione della rettifica del reddito di quest’ultima; b) la CTP, previa riunione dei ricorsi separatamente proposti avverso gli avvisi di accertamento, li accoglieva parzialmente; c) la sentenza della CTP era appellata, in via principale, da P.S., nonchè, in via incidentale, dall’Agenzia delle entrate con riferimento ai capi di rispettiva soccombenza;

4.2. su queste premesse, la CTR rigettava gli appelli proposti, evidenziando, per quanto ancora interessa in questa sede, che gli avvisi di accertamento relativi al socio non contenevano alcun motivo diverso rispetto a quelli proposti nei confronti degli avvisi di accertamento riguardanti la società, sicchè la conferma della sentenza della CTP in quella sede implicava la conferma delle statuizioni anche nei confronti del socio;

5. P.S. impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi;

6. l’Agenzia delle entrate depositava atto di costituzione al solo fine di partecipare all’udienza di discussione ex art. 370 c.p.c., comma 1;

7. con due atti identici si costituiva, in entrambi i giudizi, la Curatela del fallimento di Impresa Edile e singoli soci – fallimento dichiarato dopo la proposizione dei ricorsi per cassazione – la quale si riportava alle difese già spiegate dalle parti in bonis.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. va pregiudizialmente disposta la riunione al procedimento R.G. n. 14306/2014 del procedimento R.G. n. 14309/2014, non solo per garantire l’economia ed il minor costo del giudizio, oltre alla certezza del diritto, ma anche per la presenza di due sentenze pronunciate in grado di appello riguardo a contenzioso litisconsortile (si veda infra) e impugnate, ciascuna, con separato ricorso per cassazione;

2. sempre in via pregiudiziale, va evidenziato che l’intervenuto fallimento degli originari ricorrenti, dichiarato dal Tribunale di Padova in data 25/02/2015, non determinando l’interruzione di diritto del giudizio di legittimità ai sensi dell’art. 43 L. Fall. (Cass. n. 27143 del 15/11/2017; Cass. n. 7477 del 23/03/2017; Cass. n. 17450 del 17/07/2013; Cass. n. 14786 del 05/07/2011; Cass. n. 21153 del 13/10/2010), comporta che il processo prosegua nei confronti delle parti originarie, ferma la possibilità della curatela fallimentare di costituirsi in giudizio con un atto avente natura sostanziale di atto di intervento, che deve essere notificato alla controparte, in vista dell’assicurazione del contraddittorio, non potendo l’intervento aver luogo con il mero deposito di un atto nella cancelleria della S.C. e stante l’esigenza di assicurare a tale atto una forma simile a quella del ricorso e del controricorso (così, sostanzialmente, Cass. n. 3471 del 22/02/2016, per il caso, del tutto analogo, dell’intervento nel giudizio di cassazione di un’amministrazione straordinaria; cfr. anche Cass. n. 4233 del 23/02/2007 e Cass. n. 7441 del 31/03/2011 per il caso di morte della parte);

2.1. nel caso in esame gli atti di intervento della Curatela fallimentare di Impresa Edile e soci risultano regolarmente notificati all’Agenzia delle entrate, sicchè l’intervento è ammissibile;

3. con i primi due motivi di ricorso, proposti in entrambi i giudizi riuniti, si deduce la nullità del procedimento, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, o della sentenza, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in ragione della violazione del litisconsorzio necessario (D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 14 e artt. 101 e 102 c.p.c.), del principio di unitarietà dell’accertamento (D.P.R. n. 600 del 1973, art. 40) e del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 5 (Testo unico delle imposte sui redditi – TUIR), non avendo nè la CTP nè la CTR riunito i giudizi proposti da Impresa Edile e singoli soci (avverso gli avvisi di accertamento impugnati) e dai soci P.S. e M.R. (avverso gli avvisi di accertamento loro notificati in ragione dell’imputazione per trasparenza a fini IRPEF del maggior reddito contestato alla società);

4. i motivi sono infondati;

4.1. secondo la giurisprudenza di questa Corte, “nel processo di cassazione, in presenza di cause decise separatamente nel merito e relative, rispettivamente, alla rettifica del reddito di una società di persone ed alla conseguente automatica imputazione dei redditi stessi a ciascun socio, non va dichiarata la nullità per essere stati i giudizi celebrati senza la partecipazione di tutti i litisconsorti necessari (società e soci) in violazione del principio del contraddittorio, ma va disposta la riunione quando la complessiva fattispecie, oltre che dalla piena consapevolezza di ciascuna parte processuale dell’esistenza e del contenuto dell’atto impositivo notificato alle altre parti e delle difese processuali svolte dalle stesse, sia caratterizzata da: 1) identità oggettiva quanto a “causa petendi” dei ricorsi; 2) simultanea proposizione degli stessi avverso il sostanzialmente unitario avviso di accertamento costituente il fondamento della rettifica delle dichiarazioni sia della società che di tutti i suoi soci e, quindi, identità di difese; 3) simultanea trattazione degli afferenti processi innanzi ad entrambi i giudici del merito; 4) identità sostanziale delle decisioni adottate da tali giudici. In tal caso, la ricomposizione dell’unicità della causa attua il diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo (derivante dall’art. 111 Cost., comma 2, e dagli artt. 6 e 13 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali), evitando che con la (altrimenti necessaria) declaratoria di nullità ed il conseguente rinvio al giudice di merito, si determini un

inutile dispendio di energie processuali per conseguire l’osservanza di formalità superflue, perchè non giustificate dalla necessità di salvaguardare il rispetto effettivo del principio del contraddittorio”. (così Cass. n. 29843 del 13/12/2017; si vedano, altresì, Cass. n. 2861 del 31/01/2019; Cass. n. 3789 del 15/02/2018; Cass. n. 26648 del 10/11/2017);

4.2. nel caso di specie, dagli stessi ricorsi per cassazione e dalle sentenze impugnate si evince che i ricorsi proposti da Impresa Edile e da entrambi i soci, nonchè i ricorsi proposti dai soci P. e M. hanno sostanziale identità di petitum e causa petendi, essendo stati proposti con analoghi motivi avverso l’avviso di accertamento di rettifica del reddito sociale, poi imputato per trasparenza ai soci;

4.2.1. detti ricorsi sono stati trattati, sebbene separatamente, in unico contesto sia davanti alla CTP che alla CTR, che hanno concluso con sentenze tenore sostanzialmente analogo;

4.2.2. sotto quest’ultimo profilo, va detto che la sentenza pronunciata nei Confronti di P.S. richiama, ai fini della decisione, quella pronunciata nei confronti della società;

4.2.3. inoltre, la sentenza pronunciata con riferimento agli avvisi di rettifica del reddito sociale è stata proposta da società e soci, che, pertanto, sono tutti presenti in giudizio a seguito della riunione dei ricorsi per cassazione, non rilevando, pertanto, la circostanza che non risulta l’intervenuta proposizione del ricorso per cassazione da parte di M.R. nei confronti degli avvisi di accertamento concernenti il proprio reddito da partecipazione;

5. con il terzo e quarto motivo di ricorso nel procedimento R.G. n. 14306/2014, di contenuto sostanzialmente identico e proposti rispettivamente in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 3, P.S. deduce la nullità della sentenza per violazione degli artt. 111 Cost., comma 6, art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4, limitandosi la stessa a rinviare alla sentenza della CTR emessa nel giudizio relativo agli accertamenti emessi nei confronti della società;

6. i motivi sono infondati;

6.1. la sentenza n. 13/25/13: 1) dà ampiamente conto dei fatti di causa e della sentenza emessa in pari data nei confronti della società (e dei soci), confermativa della sentenza della CTP; 2) afferma espressamente che le doglianze formulate dal ricorrente sono del tutto identiche a quelle proposte da due societa e da lui stesso quale socio nel procedimento conclusosi con la sentenza n. 11/25/13; 3) conclude affermando che “alla conferma del pronunciamento di primo grado nei confronti della società consegue anche la conferma della statuizione dei primi Giudici nei confronti del socio”;

6.2. un percorso motivazionale siffatto risulta formato anche (e per la parte centrale ed essenziale) dalla motivazione della sentenza n. 11/25/13 della medesima CTR ed è apertamente reso legittimo dalla norma di cui all’art. 118 disp. att. c.p.c., la quale prevede, al comma 1, che “la motivazione della sentenza di cui all’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4), nella succinta esposizione dei fatti rilevanti della causa e delle ragioni giuridiche della decisione, anche con riferimento a precedenti conformi” (cfr., per una fattispecie del tutto analoga, Cass. n. 2861 del 2019, cit.);

6.2.1. la possibilità del “riferimento a precedenti conformi”, così esplicitamente consentita, non deve intendersi limitata ai precedenti di legittimità, secondo un’istanza di tutela pervasiva della funzione nomofilattica, ma “si estende, nell’ambito di un più ampio disegno di riduzione dei tempi del processo civile, anche a quelli di merito del medesimo tribunale o della medesima corte di appello, ricercandosi palesemente per tale via il beneficio della utilizzazione di riflessioni e di schemi decisionali già compiuti per casi identici o caratterizzati dalla risoluzione di identiche questioni” (così Cass. n. 17640 del 06/09/2016): rilievi che, a maggior ragione, sono pienamente pertinenti e decisivi nella vicenda in esame, caratterizzata dall’unitarietà della fattispecie;

6.3. tale esito trova ulteriore riscontro, del resto, nelle specifiche doglianze proposte dai ricorrenti (quinto motivo del ricorso R.G. n. 14306/2014 e terzo motivo del ricorso R.G. n. 14309/2014), in tutto identiche e relative al merito della questione in giudizio;

7. con il quinto motivo di ricorso nel procedimento R.G. n. 14306/2014 ed il terzo motivo di ricorso nel procedimento R.G. n. 14309/2014 i ricorrenti deducono la falsa applicazione dell’art. 2729 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, evidenziando che elementi indiziari in sè privi dei caratteri di gravità, precisione e concordanza non possono assumere tali requisiti solo perchè valutati gli uni per mezzo degli altri, come erroneamente ritenuto dalla CTR;

8. i motivi sono infondati;

8.1. secondo la giurisprudenza di questa Corte, “in tema di accertamento dei redditi d’impresa, in seguito alla sostituzione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39 ad opera della L. n. 88 del 2009, art. 24, comma 5, che, con effetto retroattivo, stante la sua finalità di adeguamento al diritto dell’Unione Europea, ha eliminato la presunzione legale relativa (introdotta dal D.L. n. 223 del 2006, art. 35, comma 3, conv., con modif., dalla L. n. 248 del 2006) di corrispondenza del corrispettivo della cessione di beni immobili al valore normale degli stessi (così ripristinando il precedente quadro normativo in base al quale, in generale, l’esistenza di attività non dichiarate può essere desunta “anche sulla base di presunzioni semplici, purchè’ queste siano gravi, precise e concordanti”), l’accertamento di un maggior reddito derivante dalla predetta cessione di beni immobili non può essere fondato soltanto sulla sussistenza di uno scostamento tra il corrispettivo dichiarato nell’atto di compravendita ed il valore normale del bene quale risulta dalle quotazioni OMI, ma richiede la sussistenza di ulteriori elementi indiziari gravi, precisi e concordanti” (Cass. n. 9474 del 12/04/2017; si vedano, altresì, Cass. n. 2155 del 25/01/2019; Cass. n. 11439 del 11/05/2018), che possono, ad esempio, consistere nell’assoluta sproporzione tra corrispettivo dichiarato e il valore di mercato dell’immobile (Cass. n. 24054 del 12/11/2014);

8.1.1. il superiore principio è espressione di quello, più generale, ricavabile dall’art. 2729 c.c., secondo il quale “i requisiti della gravità, precisione e concordanza degli elementi presuntivi devono essere ricavati dal complesso degli indizi da valutarsi non atomisticamente ma nel loro insieme e l’uno per mezzo degli altri, nel senso che ognuno, quand’anche singolarmente sfornito di valenza indiziaria, potrebbe rafforzare e trarre vigore dall’altro in un rapporto di vicendevole completamento” (Cass. n. 9178 del 13/04/2018; tra le tante, si vedano da ultimo anche Cass. n. 18822 del 16/07/2018; Cass. n. 9059 del 12/04/2018; Cass. n. 12002 del 16/05/2017; Cass. n. 23201 del 13/11/2015; Cass. n. 5787 del 13/03/2014; con specifico riferimento al processo tributario, si veda Cass. n. 5374 del 02/03/2017; Cass. n. 9108 del 06/06/2012).

8.2. nel caso di specie, la CTR ha dapprima evidenziato che la contabilità di Impresa Edile, sebbene formalmente regolare, presenta delle anomalie tali (divergenze tra importo di alcune fatture e prezzo risultante dai contratti di vendita; incongruenze nella contabilizzazione delle rimanenze finali; non coerenza e non congruità rispetto allo studio di settore 2005; impiego di manodopera irregolare) da farla ritenere complessivamente inattendibile, così da giustificare l’accertamento analitico-induttivo del reddito della società;

8.2.1. i giudici di appello hanno, quindi, segnalato che l’utilizzazione dei valori OMI da parte dell’Ufficio al fine della determinazione del prezzo di mercato è stata accompagnata da ulteriori elementi indiziari idonei ad integrare la prova della pretesa, non mancando di sottolineare l’inadeguatezza dei dati catastali ai fini della determinazione del valore di mercato degli immobili;

8.3. la decisione della CTR è pienamente rispettosa dei principi di diritto sopra enunciati, avendo valutato gli elementi indiziari acquisiti agli atti gli uni con gli altri, così da suffragare la correttezza dell’utilizzo dei valori OMI ai fini della determinazione del reale prezzo di vendita degli immobili oggetto di contestazione;

8.4. ove poi i ricorrenti avessero inteso contestare nel merito la correttezza del ragionamento presuntivo condotto dal giudice di appello avrebbero dovuto proporre una censura motivazionale, indicando le ragioni per le quali gli indizi indicati non fossero rilevanti e gli ulteriori elementi trascurati dalla CTR;

9. in conclusione, i ricorsi riuniti vanno rigettati; nulla per le spese in ragione della mancata costituzione in giudizio dell’Agenzia delle entrate;

9.1 poichè i ricorsi sono stati proposti successivamente al 30 gennaio 2013 e sono rigettati, sussistono le condizioni per dare atto ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto del testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per le stesse impugnazioni.

P.Q.M.

La Corte rigetta i ricorsi riuniti;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti del contributo unificato dovuto per i ricorsi a norma dello stesso art. 13, art. 1 bis.

Così deciso in Roma, il 9 luglio 2019.

Depositato in cancelleria il 17 dicembre 2019

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