Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33346 del 17/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 17/12/2019, (ud. 09/07/2019, dep. 17/12/2019), n.33346

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. FANTICINI Giovanni – Consigliere –

Dott. D’AURIA Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 11896/2014 R.G. proposto da:

Ermes Ceramiche s.p.a., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, piazza SS. Apostoli n.

66, presso lo studio dell’avv. Maurizio Leo, che la rappresenta e

difende giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Emilia Romagna n. 81/02/13, depositata il 28 marzo 2013.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 9 luglio 2019

dal Consigliere Dott. Nonno Giacomo Maria.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. con la sentenza n. 81/02/13 del 28/03/2013, la Commissione tributaria regionale della Emilia Romagna (di seguito CTR) rigettava l’appello proposto da Ermes Ceramiche s.p.a. (di seguito Ermes) avverso la sentenza n. 130/03/11 della Commissione tributaria provinciale di Modena (di seguito CTP), che aveva a sua volta respinto il ricorso proposto dalla società contribuente nei confronti di un avviso di accertamento concernente IRES, IRAP e IVA relativi all’anno d’imposta 2004;

1.1. come si evince anche dalla sentenza della CTR: a) con l’avviso di accertamento impugnato erano state contestate ad Ermes plurime violazione della normativa fiscale; b) la CTP respingeva il ricorso della società contribuente; c) la sentenza della CTP era appellata da Ermes;

1.2. su queste premesse, la CTR rigettava l’appello proposto, riportandosi alla sentenza di primo grado e, comunque, motivando le ragioni del rigetto con specifico riferimento alle otto riprese oggetto di contestazione (ammortamenti; perdite su crediti; sopravvenienze passive; costi non deducibili per ristoranti ed alberghi, consulenze tecniche e commerciali, attività promozionali e marketing, provvigioni passive, indennità suppletiva di clientela);

2. Ermes impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a otto motivi;

3. l’Agenzia delle entrate resisteva con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. con il primo motivo di ricorso Ermes deduce la violazione e la falsa applicazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 102 (Testo unico delle imposte sui redditi – TUIR), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, evidenziando la legittimità dell’ammortamento anticipato ai sensi del comma 3 della citata disposizione, essendo lo stesso giustificato dalla maggiore usura dei beni, circostanza non presa in considerazione dalla impugnata sentenza;

2. il motivo è inammissibile;

2.1. la sentenza della CTR sottolinea che l’ammortamento anticipato, cui fa riferimento Ermes, prevede “la compilazione del quadro EC della dichiarazione dei redditi”, quadro non compilato dalla società contribuente, con conseguente impossibilità della stessa di avvalersi della previsione di legge richiamata;

2.2. la ratio decidendi della sentenza impugnata si incentra, pertanto, sulla violazione formale compiuta dalla società ricorrente, aspetto non censurato con il motivo di ricorso;

3. con il secondo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione degli art. 101 TUIR, comma 5, e art. 109 TUIR, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, evidenziandosi che, con riferimento alle perdite su crediti, il requisito di certezza non attiene alla perdita del diritto di credito, ma alla verifica della certezza e precisione degli elementi che innescano il processo logico che autorizza la previsione economica di un alto rischio di esazione;

3.1. in buona sostanza, secondo la prospettazione di parte ricorrente, la perdita su credito non va considerata come estinzione giuridica del credito, ma come indicazione degli elementi certi e precisi dai quali inferire l’inesigibilità del credito, trattandosi di una valutazione legata al rischio di esazione e non alla matematica certezza in ordine all’impossibilità del recupero;

4. il motivo è inammissibile;

4.1. la CTR ha evidenziato che, con riferimento alle perdite su crediti, Ermes non ha fornito “la prova certa e precisa, ma solo deduzioni presuntive, tra cui presunte note di agenti, prive di data certa, che dichiarano che, per loro, i crediti erano di difficile solvibilità”;

4.1.1. secondo la CTR la società contribuente non ha documentato “i criteri ovvero gli elementi di fatto che rendevano il credito di difficile, esosa ed illogica, se non impossibile esigibilità”, non essendo nemmeno stati documentati congrui tentativi di recupero con riferimento a crediti giudicati non modesti;

4.2. orbene, a fronte di tale motivazione, la censura proposta dalla ricorrente è sicuramente inammissibile nella parte in cui si risolve, sostanzialmente, nella richiesta di rivalutazione in fatto degli elementi acquisiti agli atti di causa;

4.3. la censura è, altresì, inammissibile laddove si afferma peraltro, richiamando il nuovo testo dell’art. 101 TUIR, comma 5, ratione temporis inapplicabile alla fattispecie – che la CTR avrebbe preteso la prova certa dell’inesigibilità del credito: il che non risponde in alcun modo alla ratio decidendi della sentenza impugnata, che fa piuttosto riferimento alla mancanza di elementi certi dai quali dedurre l’inesigibilità del crediti;

5. con il terzo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 101 TUIR, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, contestandosi la correttezza delle riprese concernenti sopravvenienze passive;

6. il motivo è inammissibile;

6.1. la CTR afferma che i componenti negativi di reddito concorrono a formare il reddito nell’esercizio di competenza, sicchè le sopravvenienze passive sono deducibili solo se si tratta di oneri che non sono certi e oggettivamente determinabili negli esercizi precedenti;

6.1.1. ritiene, altresì, che, nel caso di specie, la società, “già a conoscenza sia degli eventi dai quali scaturiscono i costi, sia dell’ammontare degli stessi (…) prima della redazione del bilancio per l’anno 2004 e della presentazione della relativa dichiarazione a fini fiscali, avrebbe dovuto contabilizzare gli importi di cui sopra quali costi negli esercizi di riferimento, in ossequio al principio di competenza”;

6.1.2. sostiene, infine, che la ricorrente non ha dato “prova che la certezza ed obiettiva determinabilità sia maturata nel 2004, mentre prima era incerta e indeterminabile”;

6.2. a fronte di un simile accertamento, Ermes si limita a contestare che la certezza e determinabilità delle sopravvenienze passive sarebbe stata apprezzabile negli esercizi precedenti, ovvero la valutazione di fatto alle CTR non specificamente censurata con r

apposito vizio di motivazione (che, peraltro, sarebbe inammissibile in presenza di una cd. doppia conforme: cfr. Cass. S.U. nn. 8053 e 8054 del 07/04/2014);

7. con il quarto motivo di ricorso Ermes deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 108, comma 2, TUIR, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, contestando la qualificazione delle spese per ristoranti e alberghi come spese di pubblicità e non come spese di rappresentanza, con conseguente deducibilità integrale dei costi;

8. il motivo è inammissibile;

8.1. ancora una volta la società contribuente censura la qualificazione in fatto delle spese da parte della CTR, sicchè avrebbe dovuto proporre una censura motivazionale (peraltro, anch’essa inammissibile per quanto già evidenziato al p. 6.2) e non già di violazione di legge;

9. con il quinto motivo si deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 109 TUIR, comma 5, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, evidenziandosi la non corretta applicazione del principio di inerenza della spesa con riferimento alla consulenza tecnica e commerciale della ROI s.p.a. e, conseguentemente, la deducibilità dei relativi costi e la loro detraibilità anche a fini IVA;

10. con il sesto motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 109 TUIR, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, evidenziandosi che erroneamente sarebbe stata esclusa l’inerenza, la certezza e la determinabilità della spesa in relazione alle attività promozionali e di marketing svolte in favore della ricorrente da Burlington LLC e Tiles of Italy, con conseguente deducibilità della spesa;

11. con il settimo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 109 TUIR, comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, evidenziandosi che la valutazione di antieconomicità delle provvigioni passive formulata dalla CTR sarebbe erronea, sicchè i costi relativi sarebbero integralmente deducibili;

12. i motivi, che possono essere trattati congiuntamente, sono inammissibili;

12.1. la sentenza impugnata si dilunga ad elencare le ragioni di fatto per le quali va esclusa la deducibilità, integrale o parziale, dei costi per consulenze tecniche e commerciali, per le attività promozionali e di marketing e per provvigioni passive;

12.2. trattasi, in tutti i casi esaminati, di valutazione in fatto la cui congruità e logicità non può essere posta in discussione in questa sede di legittimità sotto il profilo della violazione di legge, ma solo con vizio motivazionale, nella specie inammissibile per quanto già detto in precedenza;

13. con l’ottavo motivo di ricorso si contesta la violazione e falsa applicazione dell’art. 109 TUIR, comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, evidenziandosi la piena deducibilità dei costi relativi a indennità di preavviso e di fine rapporto corrisposte all’agente per il mercato americano Sam Agebat;

13.1. in buona sostanza, la ricorrente sostiene che l’originario contratto scritto di procacciamento tra la società contribuente e S.A., che esclude la debenza delle indennità di cui si discute, si sarebbe trasformato in contratto di agenzia, che sarebbe del tutto improprio il richiamo ai limiti probatori previsti dagli artt. 2722 e 2723 c.c. e che sarebbero indiscutibili i vantaggi economici ottenuti da Ermes;

14. il motivo è inammissibile;

14.1. secondo la giurisprudenza di questa Corte, “spetta al contribuente l’onere della prova dell’esistenza, dell’inerenza e, ove contestata dall’Amministrazione finanziaria, della coerenza economica dei costi deducibili” (Cass. 26/05/2017, n. 13300); peraltro, ove il contribuente assolva l’onere, a suo carico, di provare il fatto costitutivo del diritto alla deduzione dei costi mediante la produzione di fatture, grava sull’Amministrazione finanziaria la dimostrazione dell’inattendibilità delle stesse, anche mediante presunzioni, “sicchè il giudice di merito deve prendere in considerazione il complessivo quadro probatorio al fine di verificare l’esistenza o meno delle operazioni fatturate, ivi compresi i fatti secondari indicati” (Cass. 13/02/2015, n. 2935; Cass. n. 22165 del 22/09/2017);

14.2. nel caso di specie – a parte ogni considerazione sulla ritenuta necessità di una prova scritta idonea a superare la clausola contrattuale di esclusione delle indennità – la sentenza della CTR è rispettosa dei superiori principi di diritto, in quanto: a) Ermes ha prodotto la documentazione fiscale concernente i pagamenti eseguiti in favore di S.A.; b) l’Amministrazione finanziaria ha contestato tale documentazione facendo riferimento al contratto inter partes, concernente prestazioni di procacciamente di affari con esclusione di qualsivoglia indennità, con conseguente assolvimento dell’onere probatorio sulla stessa spettante; c) la società contribuente, nella prospettazione della sentenza impugnata, non ha fornito prova idonea a superare i rilievi dell’Ufficio;

14.3. Ermes sostiene che, dalla documentazione prodotta, dovrebbe evincersi la sussistenza di un contratto di agenzia e non già di procacciamento di affari, con ciò richiedendo una rivalutazione del materiale probatorio acquisito agli atti del giudizio, rivalutazione inammissibile in sede di legittimità;

14.4. nè è stata dedotta una violazione dei criteri ermeneutici di interpretazione del contratto intercorso con S.A., peraltro nemmeno trascritto o allegato;

15. in conclusione il ricorso è inammissibile, con conseguente condanna della ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, che si liquidano come in dispositivo avuto conto di un valore della lite dichiarato compreso tra Euro 260.000,01 ed Euro 520.000,00.

15.1. poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, che si liquidano in Euro 7.800,00, oltre alle spese prenotate a debito;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente del contributo unificato dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, art. 1 bis.

Così deciso in Roma, il 9 luglio 2019.

Depositato in cancelleria il 17 dicembre 2019

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