Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33345 del 21/12/2018
Cassazione civile sez. I, 21/12/2018, (ud. 21/06/2018, dep. 21/12/2018), n.33345
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DIDONE Antonio – Presidente –
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –
Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 8519/2015 proposto da:
C.S., elettivamente domiciliata in Roma, Via Amiterno n.
3, presso lo studio dell’avvocato Notarmuzi Stefano, rappresentata e
difesa dall’avvocato Cinque Federico, giusta procura a margine del
ricorso;
– ricorrente –
contro
Acron S.r.l. in Concordato preventivo;
M.O., quale Commissario giudiziale del Concordato
preventivo Acron S.r.l.;
– intimati –
avverso il decreto del TRIBUNALE di L’AQUILA, depositato il
26/11/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
21/06/2018 dal cons. VELLA PAOLA;
lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto
Procuratore Generale Dott. VITIELLO MAURO, che ha chiesto che la
Corte di Cassazione, in camera di consiglio, accolga il ricorso.
Fatto
RILEVATO
che:
– con il decreto impugnato, il Tribunale di L’Aquila ha omologato ai sensi della L. Fall., art. 183, comma 3, in assenza di opposizioni, “il concordato preventivo proposto da ACRON S.R.L. con ricorso depositato il 11/12/09”, che prevedeva (tra l’altro) il pagamento integrale dei creditori privilegiati, dando atto che la proposta originaria aveva subito “le modifiche anteriori al voto depositate il 7/1 e 23/2/10”;
– C.S., già dipendente della società concordataria, ha proposto ricorso per cassazione ex art. 111 Cost., comma 7, avverso il suddetto decreto, affidato ad un unico motivo;
– le parti intimate non hanno svolto difese.
Diritto
CONSIDERATO
che:
– la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione della L. Fall., artt. 177 e 180, per non avere il tribunale tenuto conto dell’ultima versione della proposta concordataria, depositata in cancelleria il 29/03/2010 e votata dai creditori chirografari in data 31/03/2010, nella quale il proprio credito di lavoro era stato indicato pari non più ad Euro 17.596,13 bensì ad Euro 30.778,18;
– il motivo è inammissibile, alla luce della consolidata giurisprudenza di questa Corte per cui, “una volta esauritasi, con la sentenza di omologazione, la procedura di concordato preventivo nella quale manca una fase di accertamento dello stato passivo tutte le questioni che hanno ad oggetto diritti pretesi da singoli creditori o dal debitore, e che attengono all’esecuzione del concordato, danno luogo a controversie che sono sottratte al potere decisionale del giudice delegato e costituiscono materia di un ordinario giudizio di cognizione, da promuoversi, da parte del creditore e di ogni altro interessato, dinanzi al giudice competente” (Cass. n. 12265 del 2016, n. 16598 del 2008 e n. 23271 del 2006);
– proprio a causa della mancanza della fase del cd. accertamento del passivo (Cass. 13/06/2018 n. 15495), il provvedimento di omologazione da parte del tribunale, per le particolari caratteristiche della relativa procedura, “determina un vincolo definitivo sulla riduzione quantitativa dei crediti, ma non comporta la formazione di un giudicato sull’esistenza, entità e rango (privilegiato o chirografario) di questi ultimi, nè sugli altri diritti implicati nella procedura stessa, presupponendone un accertamento non giurisdizionale ma meramente amministrativo, di carattere delibativo e volto al solo scopo di consentire il calcolo delle maggioranze richieste ai fini dell’approvazione della proposta, sicchè non esclude la possibilità di far accertare in via ordinaria, nei confronti dell’impresa in concordato, il proprio credito ed il privilegio che lo assiste” (Cass. 25/09/2014 n. 20298, 14/02/2002 n. 2104 e 26/02/2002 n. 2780), credito che, così come accertato in quella diversa sede, costituisce “la base su cui deve operarsi la c.d. falcidia concordataria” (Cass. 22/12/2006 n. 27489).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 21 giugno 2018.
Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2018