Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33344 del 17/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 17/12/2019, (ud. 26/06/2019, dep. 17/12/2019), n.33344

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO M.G. – rel. Consigliere –

Dott. ANTEZZA Fabio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso iscritto al numero 596 del ruolo generale dell’anno 2013,

proposto da:

L.R.A., rappresentato e difeso, giusta procura speciale a

margine del ricorso, dall’avv.to Antonino G. Distefano, domiciliata

presso la cancelleria della Corte di cassazione;

– ricorrente –

Contro,

Riscossione Siliana Spa (già Serit Sicilia S.p.a.).

– intimata –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale della Sicilia, sezione staccata di Catania, n.

106/34/2012, depositata il 19 aprile 2012, non notificata.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26 giugno 2019 dal Relatore Consigliera Dott.ssa Putaturo Donati

Viscido di Nocera Maria Giulia.

Fatto

RILEVATO

che

-con sentenza n. 106/34/2012, depositata il 19 aprile 2012, la Commissione tributaria regionale della Sicilia, sezione staccata di Catania, rigettava l’appello proposto da L.R.A. nei confronti della Riscossione Sicilia S.p.a., avverso la sentenza n. 424/08/2011 della

Commissione tributaria provinciale di Catania che aveva a sua volta rigettato il ricorso proposto dalla suddetta contribuente avverso la cartella di pagamento n. (OMISSIS) con la quale, a seguito di controllo automatizzato del D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis, era stata iscritta a ruolo la somma complessiva di Euro 52.166,85, per omesso pagamento di Irpef, Irap e Iva, interessi e sanzioni, per l’anno di imposta 2006;

– la CTR, in punto di diritto, per quanto di interesse, ha osservato che: 1) la cartella di pagamento in questione era stata “regolarmente notificata” in quanto, a prescindere dalle modalità della notifica la stessa aveva raggiunto lo scopo, essendo pervenuta, nella sua interezza, nelle mani della contribuente che aveva avuto la possibilità di impugnarla e di produrla in giudizio; 2) non era ravvisabile alcun vizio di motivazione della cartella essendo chiaro in essa il riferimento al mancato pagamento di somme che, in base alla stessa denuncia, erano dovute e non erano state versate; 3) non costituiva motivo ostativo all’iscrizione a ruolo la mancata preventiva notifica dell’invito di pagamento, non sussistendo alcuna incertezza su aspetti rilevanti della dichiarazione; 4)non poteva essere presa in considerazione la documentazione prodotta in sede di appello dalla contribuente per giustificare l’inesistenza del presupposto di imposta, in quanto, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 58, comma 2, “era fatta salva la facoltà delle parti di produrre nuovi documenti ma erano vietate le nuove prove”;

– avverso la sentenza della CTR, L.R.A. propone ricorso per cassazione affidato a quattro motivi; rimane intimata l’Agenzia delle entrate;

– il ricorso è stato fissato in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 2, e dell’art. 380-bis.1 c.p.c., introdotti dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26,artt. 148 e 149 c.p.c. e della L. n. 890 del 1992, art. 14, per avere la CTR – a fronte della notifica della cartella esattoriale in questione, eseguita a mezzo semplice raccomandata AR, senza l’intermediazione del soggetto abilitato alla notificazione – ritenuto, in ogni caso, raggiunto lo scopo della notifica e sanato l’eventuale relativo vizio in ragione della tempestiva impugnazione dell’atto e del suo deposito in giudizio;

– il motivo è infondato;

– la CTR ha infatti correttamente applicato il principio secondo cui “In tema di notifica della cartella di pagamento, l’inesistenza è configurabile, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell’atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un’attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto quale notificazione, ricadendo ogni altra ipotesi di difformità dal modello legale, nella categoria della nullità, sanabile con efficacia “ex tunc” per raggiungimento dello scopo” (Cass. Sez. 5, n. 21865 del 28/10/2016);

– con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis, della L. n. 212 del 2000, artt. 6 e 7, per avere la CTR ritenuto: 1) non necessaria ai fini di una legittima iscrizione a ruolo la previa comunicazione del c.d. avviso bonario, non sussistendo alcuna incertezza su aspetti rilevanti della dichiarazione; 2) sufficientemente motivata la cartella in quanto in essa era chiaro il riferimento al mancato versamento di imposte che, in base alla stessa dichiarazione della contribuente, erano dovute ma non versate;

– entrambi i profili del secondo motivo sono infondati;

– quanto al primo, è consolidato nella giurisprudenza di questa Corte il principio secondo cui la notifica della cartella di pagamento a seguito di controllo automatizzato è legittima anche se non è stata emessa la comunicazione preventiva prevista dal D.P.R. n. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36-bis, comma 3 ogni qual volta la pretesa derivi dal mancato versamento di somme esposte in dichiarazione dallo stesso contribuente ovvero da una divergenza tra le somme dichiarate e quelle effettivamente versate. Infatti, la comunicazione preventiva all’iscrizione a ruolo è necessaria solo quando vengano rilevati degli errori nella dichiarazione, mentre in caso di riscontrata regolarità dichiarativa non vi è alcun obbligo di preventiva informazione se il contribuente ha poi omesso di versare gli importi dichiarati, o, con riferimento alla L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 5, se non “sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione” (v. da ultimo Cass., sez. 5, n. 376 del 2019; Sez. 6 5, Ord. n. 3154 del 17/02/2015, Rv. 634631; Sez. 6 – 5, Ord. n. 42 del 03/01/2014, Rv. 629010; Sez. 5, n. 17396 del 23/07/2010, Rv. 615009);

– nel primo caso, peraltro – di comunicazione dell’esito della liquidazione (c.d. comunicazione di irregolarità) prevista dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis, comma 3 “quando dai controlli automatici eseguiti emerge un risultato diverso rispetto a quello indicato nella dichiarazione ovvero dai controlli eseguiti dall’ufficio, ai sensi del comma 2-bis, emerge un’imposta o una maggiore imposta” – il relativo obbligo imposto all’amministrazione non è sanzionato da alcuna nullità; si tratta infatti, come è stato osservato, di una forma blanda di partecipazione del contribuente nel procedimento, inidonea a generare un vincolo procedimentale in termini di obbligatoria attivazione del contraddittorio endoprocedimentale. Tanto si giustifica in considerazione del maggiore grado di attendibilità delle irregolarità riscontrabili, cui non può che corrispondere una conseguente irrilevanza della violazione di tale disciplina partecipativa ai fini della validità del consequenziale provvedimento di iscrizione a ruolo. Nei procedimenti ordinari di liquidazione dei tributi dovuti in base alle dichiarazioni, in considerazione dell’elevato grado di attendibilità delle irregolarità riscontrabili, lo svolgimento di un effettivo contraddittorio fra ufficio e contribuente, ad avviso del legislatore, non rappresenta una fase indispensabile dei procedimento, essendo sempre possibile per il contribuente far valere eventuali doglianze in punto di illegittimità della pretesa impositiva in sede di impugnazione del consequenziale provvedimento di iscrizione a ruolo (ex multis, Cass. n. 19893 del 2016);

– con riferimento poi al contraddittorio endoprocedimentale imposto dall’art. 6, comma 5, st. contr. – obbligo bensì sanzionato, a differenza del primo, con la nullità in caso di inadempimento – è utile ribadire che, secondo orientamento consolidato nella giurisprudenza di legittimità esso non è imposto “in tutti i casi in cui si debba procedere ad iscrizione a ruolo, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36-bis, ma soltanto “qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione”, situazione, quest’ultima, che non ricorre necessariamente nei casi soggetti alla disposizione appena indicata, la quale implica un controllo di tipo documentale sui dati contabili direttamente riportati in dichiarazione, senza margini di tipo interpretativo; del resto, se il legislatore avesse voluto imporre il contraddittorio preventivo in tutti i casi di iscrizione a ruolo derivante dalla liquidazione dei tributi risultanti dalla dichiarazione, non avrebbe posto la condizione di cui al citato inciso” (Cass., Sez. 5, n. 8342 del 25/05/2012, Rv. 622681; v. anche Sez. 6 – 5, Ord. n. 15584 del 08/07/2014, Rv. 631667; Sez. 5, n. 12023 del 10/06/2015, Rv. 635672);

– nella specie la CTR ha accertato che non sussisteva “alcuna incertezza su aspetti rilevanti della dichiarazione”, essendo stati iscritti a ruolo i soli tributi che la stessa De Rosa aveva riconosciuto dovuti e di cui aveva omesso il pagamento: ne consegue che, ai fini della validità della cartella, non era necessaria la preventiva comunicazione del c.d. avviso bonario;

– quanto al secondo profilo, va rilevato che “In tema di riscossione delle imposte, sebbene in via generale la cartella esattoriale, che non segua uno specifico atto impositivo già notificato al contribuente, ma costituisca il primo ed unico atto con il quale l’ente impositore esercita la pretesa tributaria, debba essere motivata alla stregua di un atto propriamente impositivo, tale obbligo di motivazione deve essere differenziato a seconda del contenuto prescritto per ciascuno tipo di atto, sicchè, nel caso in cui la cartella di pagamento sia stata emessa in seguito a liquidazione effettuata in base alle dichiarazioni rese dal contribuente ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis, l’obbligo di motivazione può essere assolto mediante il mero richiamo a tali dichiarazioni perchè, essendo il contribuente già a conoscenza delle medesime, non è necessario che siano indicati i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche della pretesa” (Cass. Sez. 5, n. 21804deI20/09/2017);

– la CTR si è attenuta al suddetto principio, avendo ritenuto assolto l’obbligo di motivazione della cartella essendo chiaro il riferimento in essa al mancato pagamento di imposte che, in base alla stessa dichiarazione della contribuente, erano dovute e non erano state versate;

– con il terzo motivo, la ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, che la CTR non abbia pronunciato in ordine alla eccepita violazione della L. n. 241 del 1990, art. 5, comma 1, nonchè della L. n. 212 del 2000, art. 7, quanto alla fittizietà, nella specie, dell’avvenuta indicazione del responsabile del procedimento (nella persona di un unico soggetto responsabile per unità provinciali diverse);

– il motivo è inammissibile per difetto di specificità, in quanto, in mancanza della trascrizione nel ricorso del contenuto del motivo d’appello concernente la violazione delle norme relative all’indicazione del responsabile del procedimento, non è dato a questa Corte cognizione al fine di valutare la fondatezza della censura;

– con il quarto motivo, la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis, art. 2697 c.c. e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 58, per non avere la CTR preso in considerazione la documentazione da lei prodotta in appello per dimostrare l’inesistenza del presupposto di imposta, affermando, al riguardo, che, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 58, comma 2, “era fatta salva la facoltà delle parti di produrre nuovi documenti ma erano vietate le nuove prove”;

– il motivo è fondato, atteso che “In materia di appello nel processo tributario, alla luce del principio di specialità espresso dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 1, comma 2 – in forza del quale, nel rapporto fra norma processuale civile ordinaria e norma processuale tributaria, prevale quest’ultima – non trova applicazione la preclusione alla produzione documentale di cui all’art. 345 c.p.c., comma 3, potendo le parti provvedervi anche per documenti preesistenti al giudizio svoltosi in primo grado (Cass., sez. 5, n. 7714 del 2013);

– la CTR era pertanto tenuta a valutare la rilevanza probatoria dei documenti prodotti dall’appellante nel grado;

– l’accoglimento del quarto motivo comporta la cassazione della sentenza impugnata ed il rinvio della causa, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla CTR della Sicilia, in diversa composizione.

P.Q.M.

La Corte: accoglie il quarto motivo di ricorso; dichiara inammissibile il terzo; respinge i restanti; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla CTR della Sicilia, in diversa composizione;

Così deciso in Roma, il 26 giugno 2019.

Depositato in cancelleria il 17 dicembre 2019

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