Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33342 del 17/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 17/12/2019, (ud. 25/06/2019, dep. 17/12/2019), n.33342

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Lui – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – rel. Consigliere –

Dott. FANTICINI Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso iscritto al numero 29752 del ruolo generale dell’anno

2015, proposto da:

R.P., rappresentata e difesa, giusta procura speciale in

calce al ricorso, dall’avv.to Mauro Vivaldi, domiciliato presso la

cancelleria della Corte di cassazione;

– ricorrente –

Contro

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato che la rappresenta e difende;

– Controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale della Toscana, sezione staccata di Livorno, n.

872/23/2015, depositata il 19 maggio 2015, non notificata.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

25 giugno 2019 dal Relatore Cons. Maria Giulia Putaturo Donati

Viscido di Nocera.

Fatto

Rilevato

che:

-con sentenza n. 872/23/2015, depositata il 19 maggio 2015, la Commissione tributaria regionale della Toscana, sezione staccata di Livorno, rigettava l’appello proposto da R.P. nei confronti dell’Agenzia delle entrate avverso la sentenza n. 201/1/2013 della Commissione tributaria provinciale di Livorno, che aveva accolto parzialmente il ricorso proposto dalla contribuente avverso l’avviso di accertamento n. (OMISSIS), con il quale l’Ufficio le aveva contestato, D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 32,41 bis e 43, per l’anno 2007, un maggiore reddito di lavoro autonomo pari a Euro 2.845.619,12, ai fini Irpef e Irap;

– la CTR- confermando la sentenza di primo grado che aveva, in considerazione di due sopravvenuti provvedimenti di autotutela dell’Ufficio, ridotto il maggior reddito accertato a Euro 208.920,92- in punto di diritto, per quanto di interesse, ha osservato che: 1) in base agli atti di causa, la contribuente non aveva fornito sufficiente giustificazione di tutti i movimenti in entrata e in uscita rilevati dall’Ufficio sui suoi conti correnti; 2) il generico riferimento agli “atti della vita quotidiana” non era idoneo a superare la presunzione di inerenza dei movimenti bancari alla attività professionale, tenuto anche conto del fatto che l’Ufficio aveva già espunto dal novero di essi quelli di importo inferiore a Euro 500,00; 3) le movimentazioni effettuate dalla sorella della contribuente su conti cointestati erano già state considerate dall’Ufficio, il quale, con appositi provvedimenti emessi in forza del potere di autotutela, aveva dedotto dall’originario accertamento gli importi così determinati;

– avverso la sentenza della CTR, R.P. propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, cui resiste l’Agenzia delle entrate con controricorso;

– la contribuente ha depositato memoria ex art. 380 bis.1. c.p.c., insistendo per l’accoglimento del ricorso;

– il ricorso è stato fissato in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 2, e dell’art. 380-bis.1 c.p.c., introdotti dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo, la ricorrente denuncia l’omessa pronuncia della CTR, in violazione dell’art. 112 c.p.c., sul motivo di appello con cui ella aveva riproposto la domanda – ritenuta assorbita dal giudice di primo grado- di condanna dell’Ufficio al risarcimento danni ex art. 2043 c.c., per avere tenuto un comportamento contrario al principio del neminem laedere, intersecando consapevolmente gli accertamenti nei suoi confronti con quelli nei confronti di sua sorella, malgrado risultasse ictu oculi che tutte le movimentazioni bancarie fossero state eseguite da quest’ultima con soggetti di sua esclusiva conoscenza;

– il motivo deve essere respinto, dovendosi rilevare d’ufficio il difetto di giurisdizione della CTR a pronunciare sulla domanda;

– invero (premesso che poichè la domanda non è stata esaminata nè dal primo nè dal secondo secondo giudice, la questione di giurisdizione non risulta coperta da giudicato interno) va ricordato o che “Qualora la domanda di risarcimento dei danni sia basata su comportamenti illeciti tenuti dall’Amministrazione Finanziaria dello Stato o di altri enti impositori, la controversia, avendo ad oggetto una posizione sostanziale di diritto soggettivo del tutto indipendente dal rapporto tributario, è devoluta alla cognizione dell’autorità giudiziaria ordinaria, non potendo sussumersi in una delle fattispecie tipizzate che, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2, rientrano nella giurisdizione esclusiva delle Commissioni Tributarie; infatti, anche nel campo tributario, l’attività della P.A. deve svolgersi nei limiti posti non solo dalla legge ma anche dalla norma primaria del “neminem laedere”, per cui è consentito al giudice ordinario – al quale è pur sempre vietato stabilire se il potere discrezionale sia stato, o meno, opportunamente esercitato – accertare se vi sia stato, da parte dell’Amministrazione, un comportamento colposo tale che, in violazione della suindicata norma primaria, abbia determinato la violazione di un diritto soggettivo” (Cass. Sez. U, n. 15 del 04/01/2007; Sez. U, n. 14506 del 10/06/2013);

– con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, nn. 2 e 41 bis, per avere la CTR apoditticamente affermato il mancato superamento da parte sua della presunzione legale relativa di cui all’art. 32 cit., senza effettuare alcuna valutazione della analitica prova documentale contraria già allegata al ricorso di primo grado;

– il motivo è fondato per le ragioni di seguito indicate;

– questa Corte, anche di recente, ha avuto modo di ribadire (Cass. Sez. 5, n. 22931 del 2018; n. 7951 del 2018; n. 30786 del 2018) che, in tema di accertamento, essendo venuta meno, all’esito della sentenza della Corte costituzionale n. 228 del 2014, l’equiparazione logica tra attività imprenditoriale e professionale limitatamente ai prelevamenti sui conti correnti, resta invariata la presunzione legale posta dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, con riferimento ai soli versamenti effettuati su un conto corrente dal professionista o lavoratore autonomo, sicchè questi è onerato di provare in modo analitico l’estraneità di tali movimenti ai propri compensi (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 6093 del 30/03/2016; Sez. 5, Ordinanza n. 16697 del 9/08/2016; Sez. 5, Ordinanza n. 2432 del 31/01/2017);

– peraltro, questa Corte ha precisato che “In tema di accertamenti bancari, ove il contribuente fornisca prova analitica della natura delle movimentazioni sui propri conti in modo da superare la presunzione di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, il giudice è tenuto ad una valutazione altrettanto analitica di quanto dedotto e documentato, non essendo a tal fine sufficiente una valutazione delle suddette movimentazioni per categorie o per gruppi” (Cass.,sez. 5, Ord. n. 30786de12018);

– nella specie, a fronte di una analitica deduzione della prova contraria da parte della contribuente – come da elenco allegato al ricorso di primo grado riprodotto nel ricorso per cassazione- la CTR ha affermato in via meramente assertiva l’insufficiente giustificazione da parte di quest’ultima di tutte le movimentazioni bancarie oggetto di accertamento, senza effettuare una valutazione della detta prova in termini analitici e senza verificare se l’accertamento si fondasse sui soli versamenti e non anche suì prelievi;

– all’accoglimento del secondo motivo conseguono la cassazione della sentenza impugnata ed il rinvio della causa alla Commissione tributaria regionale della Toscana, in diversa composizione, per un riesame della vicenda nel merito, alla luce dei principi sopra richiamati;

– il giudice del rinvio liquiderà anche le spese di questo giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo del ricorso e rigetta il primo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale della Toscana, in diversa composizione;

Così deciso in Roma, il 25 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 dicembre 2019

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