Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33337 del 17/12/2019
Cassazione civile sez. trib., 17/12/2019, (ud. 25/06/2019, dep. 17/12/2019), n.33337
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –
Dott. BRUSCHETTA E. L. – rel. Consigliere –
Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –
Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –
Dott. FANTICINI Giovanni – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8253/2013 R.G. proposto da:
C. S.r.l., elettivamente domiciliata in Roma, Corso Vittorio
Emanuele II n. 229, presso lo Studio dell’Avv. Raffaele Bonfiglio,
che con l’Avv. Tarcisio Grachi, la rappresentano e difendono, giusta
delega a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore,
rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso
la quale è domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della
Lombardia sez. staccata di Brescia n. 140/64/12, depositata il 25
settembre 2012.
Sentita la relazione svolta nella udienza camerale del 25 giugno 2019
dal Cons. Ernestino Luigi Bruschetta.
Fatto
RILEVATO E CONSIDERATO
1. che con l’impugnata sentenza la Regionale della Lombardia, in riforma della prima decisione, respingeva il ricorso promosso da C. S.r.l. avverso un avviso di accertamento con il quale l’Agenzia recuperava a tassazione ai fini IRES IRAP IVA 2006 maggiori redditi in relazione alla vendita ritenuta sottofatturata di appartamenti ubicati in quattro diversi edifici, appartamenti di cui la contribuente era comproprietaria in ragione del 25%;
2. che la Regionale reputava che fosse stata raggiunta la prova presuntiva dell’evasione, in questo senso giudicando che fossero gravi, precisi e concordanti taluni elementi indiziari; quest’ultimi, in particolare, consistenti sia nello scostamento dei prezzi di vendita rispetto alle proiezioni statistiche FIMAA (uno scostamento che era più favorevole al contribuente rispetto alle proiezioni statistiche OMI) sia nei contratti di mutuo accesi dagli acquirenti degli appartamenti, ch’erano di importo superiore a quello nominale di cessione; sia, infine, nei troppo esigui prezzi di vendita, che erano quindi tali da evidenziare l’antieconomicità delle operazioni;
3. che la contribuente ricorreva per tre motivi, anche illustrati da memoria, mentre l’ufficio resisteva con controricorso;
4. che con il primo motivo, formulato con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la contribuente rimproverava alla Regionale di non aver provveduto a riunire i ricorsi promossi dalle altre comproprietarie, alle quali erano stati parimenti notificati identici recuperi d’imposta; e, per questo, la contribuente addebitava alla Regionale di aver violato il D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 29;
4.1. che l’addebito, al di là dei profili che attengono al difetto di autosufficienza, non potendo p.es. questa Corte verificare la contemporanea pendenza dei tre ricorsi in appello, è però comunque infondato; difatti, nel caso all’esame, non si verte in tema di litisconsorzio necessario, per il quale solo è stato previsto, dal D.Lgs. n. 546 cit., art. 14, che il giudice sia tenuto a disporre la riunione;
5. che con il secondo motivo, formulato anche questa volta con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la contribuente addebitava alla Regionale di aver erroneamente preso in considerazione l’elemento dell’antieconomicità, atteso che lo stesso era stato fatto valere dall’ufficio soltanto in grado d’appello, con ciò violando il D.Lgs. n. 546 cit., art. 24;
5.1. che al di là degli aspetti di inammissibilità del motivo, derivanti dalla mancata trascrizione dell’avviso, ciò che non permette alla Corte di verificare se lo stesso poggi o meno anche su di un rilievo di antieconomicità; al di là dell’improprio richiamo normativo, atteso che il D.Lgs. n. 546 cit., art. 24, disciplina esclusivamente la sorte dei motivi di ricorso successivamente aggiunti dal contribuente; il motivo è comunque infondato, giacchè il giudice può direttamente ricavare in via presuntiva l’antieconomicità dai fatti di causa, essendo l’antieconomicità il risultato di un tipico ragionamento inferenziale che, come noto, appartiene ai poteri del giudicante (Cass. sez. III n. 8023 del 2009);
6. che con il terzo motivo, formulato con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la contribuente criticava la Regionale per aver insufficientemente spiegato la gravità, precisione e concordanza, dei ricordati elementi; e, quindi, per aver ritenuto che gli stessi fossero idonei a integrare la prova presuntiva dell’evasione;
6.1. che il motivo, al quale si applica il “nuovo” art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, che come è stato chiarito garantisce soltanto “il minimo costituzionale” della motivazione, è inammissibile, in quanto rivolto a sindacare un vizio di insufficiente motivazione, non più censurabile (Cass. sez. un. 19881 del 2014);
7. che le spese debbono seguire la soccombenza ed essere liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la contribuente a rimborsare le spese processuali, queste liquidate in Euro 2.300,00 a titolo di compenso, oltre a spese prenotate a debito; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 25 giugno 2019.
Depositato in Cancelleria il 17 dicembre 2019