Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33336 del 21/12/2018

Cassazione civile sez. VI, 21/12/2018, (ud. 11/10/2018, dep. 21/12/2018), n.33336

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – rel. Consigliere –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28001-2017 proposto da:

LOGISTICS SERVICE SRL, in persona del legale rappresentante,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la

CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato ENRICO GIROLAMI;

– ricorrente –

contro

FINO 2 SECURITISATION SRL, e per essa DOBANK SPA, che agisce quale

mandataria, in persona del suo procuratore, elettivamente

domiciliata in ROMA, LUNGOTEVERE A. DA BRESCIA 9-10, presso lo

studio dell’avvocato ANDREA FIORETTI, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6532/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 12/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’11/10/2018 dal Consigliere Relatore Dott. DANILO

SESTINI.

Fatto

RILEVATO

che:

la Corte di Appello di Roma ha confermato la sentenza di primo grado che, rigettata quella di simulazione, aveva accolto la domanda di revocatoria ex art. 2901 c.c. proposta dalla Unicredit s.p.a. nei confronti della Logistics Service s.r.l. e di F.E., in relazione alla vendita di un immobile effettuato da quest’ultima (debitrice della banca in forza di garanzia prestata per la C.E. & c. snc e per la Europea s.r.l.) in favore della Logistics;

ha proposto ricorso per cassazione la Logistics Service s.r.l., affidandosi ad un unico motivo; ad esso ha resistito la Fino 2 Securisation s.r.l. (avente causa dalla Unicredit) a mezzo della mandataria doBank s.p.a..

Diritto

CONSIDERATO

che:

con l’unico motivo (“violazione e falsa applicazione dell’art. 2901 c.c., nonchè del combinato disposto degli artt. 2697 e 2729 c.c.”), la ricorrente censura la sentenza nella parte in cui ha ritenuto provata la consapevolezza, da parte dell’acquirente, del nocumento che la compravendita arrecava alle ragioni della creditrice della Fia, rilevando che appare “oggettivamente forzato” ritenere che tale consapevolezza potesse essere presunta in base alla circostanza che sia la venditrice che il legale rappresentante dell’acquirente avessero ricoperto una carica nell’amministrazione della Europea s.r.l., a favore della quale la Fia si era costituita fideiussore nei confronti della banca; ciò tanto più in quanto la fideiussione prestata dalla Fia andava qualificata come contratto autonomo di garanzia; evidenzia, inoltre, che era stato provato l’avvenuto integrale pagamento del prezzo pattuito;

il motivo è inammissibile in quanto prospetta la violazione dei criteri individuatori della presunzione (gravità, precisione e concordanza) in modo apodittico e senza spiegare perchè ciascuno di essi non sarebbe stato rispettato, così come richiesto da Cass., S.U. n. 1785/2018 (in motivazione, a pagg. 14-17) ai fini della corretta prospettazione del vizio ex art. 360 c.p.c., n. 3; esso si risolve, a ben vedere, nella contestazione dell’apprezzamento in fatto compiuto dalla Corte sull’adeguatezza degli elementi presuntivi comprovanti la scientia damni in capo all’acquirente (elementi che la Corte ha ampiamente illustrato a pag. 4 della sentenza), in funzione di una diversa ricostruzione della quaestio facti, che non è consentita in sede di legittimità;

nè risultano conferenti le considerazioni sulla natura della garanzia prestata (giacchè ciò che rileva è la conoscenza della posizione debitoria della venditrice) o quelle sull’avvenuto pagamento integrale del prezzo (trattandosi di elemento che potrebbe rilevare in punto di simulazione, ma non anche in relazione al profilo della scientia damni);

va considerato, infine, che la violazione dell’art. 2697 c.c. non è dedotta in conformità a Cass., S.U. n. 16598/2016, (secondo cui “la violazione dell’art. 2697 c.c. si configura se il giudice di merito applica la regola di giudizio fondata sull’onere della prova in modo erroneo, cioè attribuendo l’onus probandi a una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione della fattispecie basate sulla differenza fra fatti costituivi ed eccezioni”), giacchè la ricorrente non ha prospettato un erroneo riparto dell’onere probatorio, quanto piuttosto la sufficienza degli elementi considerati a costituire prova della scientia damni dell’acquirente;

le spese di lite seguono la soccombenza;

sussistono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

PQM

La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite, liquidate in Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, al rimborso degli esborsi (liquidati in Euro 200,00) e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 11 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2018

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