Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33333 del 21/12/2018

Cassazione civile sez. VI, 21/12/2018, (ud. 11/10/2018, dep. 21/12/2018), n.33333

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – rel. Consigliere –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24902-2017 proposto da:

P.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MARIANNA

DIONIGI 29, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCA GRAZIA CONTE,

che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

BANCA NAZIONALE DEL LAVORO SPA, in persona del legale rappresentante,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MARCANTONIO COLONNA, 54,

presso lo studio dell’avvocato FEDERICO GARRITANO, rappresentato e

difeso dall’avvocato ASCANIO AMENDUNI;

– controricorrente –

contro

FIDITALIA SPA, in persona del procuratore speciale, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA NAZIONALE, 204, presso lo studio

dell’avvocato LUDOVICA D’OSTUNI, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato FABIO COCO;

– controritorrente –

e contro

FINEOS SRL;

– intimata –

avverso la sentenza n. 359/2017 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 28/03/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’11/10/2018 dal Consigliere Relatore Dott. DANILO

SESTINI.

Fatto

RILEVATO

che:

la Corte di Appello di Lecce ha confermato la sentenza di primo grado che aveva rigettato la domanda risarcitoria proposta, nei confronti della BNL – Banca Nazionale del Lavoro s.p.a., della Fiditalia s.p.a. e della Fineos s.r.l. da P.G., che aveva sostenuto che la Banca e Fiditalia avevano -rispettivamente- concluso un contratto di conto corrente e un prestito personale con soggetto presentatosi falsamente per P.G. e munito di un documento di identità contraffatto e aveva lamentato di aver subito danni per essere stato iscritto alla Centrale Rischi CRIF a seguito del mancato pagamento delle rate del finanziamento;

la Corte ha affermato che “la tesi dell’appellante circa il presunto raggiro-furto d’identità appare smentita dagli atti”, rilevando – fra l’altro – che il contratto di finanziamento non era stato disconosciuto dal P. “sia nella conformità all’originale (art. 2719 c.c.) che nell’autenticità della sottoscrizione (artt. 214-215 c.p.c.)”; ha concluso che “l’appellante non ha provato di essere stato vittima di raggiro o furto di identità” e “non ha provato -nell’an e tantomeno nel quantum- il danno derivante dalla illecita segnalazione alla Centrale Rischi”;

ha proposto ricorso per cassazione il P., affidandosi a due motivi; hanno resistito, con distinti controricorsi, la Banca Nazionale del Lavoro s.p.a. e Fiditalia s.p.a.;

hanno prodotto memoria il ricorrente e Fiditalia.

Diritto

CONSIDERATO

che:

col primo motivo, il ricorrente deduce la “violazione e falsa applicazione dell’art. 2050 c.c., in relazione al D.Lgs. n. 385 del 1993T.U.B., art. 10”; col secondo, lamenta la “omessa, insufficiente ed illogica motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio”: il ricorrente assume che la Corte è incorsa “in un vero e proprio travisamento dei fatti, sia quanto agli esiti dell’intera fase istruttoria (…) sia rispetto al ragionamento logico-giuridico inerente il contenuto del materiale probatorio acquisito”, fino a pervenire erroneamente all’affermazione del difetto di prova del furto di identità; sotto altro profilo, rileva che, nel caso, vertendosi in ipotesi di esercizio di attività pericolosa, avrebbe dovuto operare “la presunzione di colpa a carico del danneggiante posta dall’art. 2050 c.c.”, evidenziando che l’attività bancaria “rientra a pieno titolo nell’alveo della c.d. “attività pericolosa”, soprattutto alla luce del disposto del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 15, comma 1″;

i motivi sono entrambi inammissibili, in quanto:

sono volti a conseguire una diversa valutazione degli elementi istruttori, funzionale all’accertamento del furto di identità e dell’esistenza del danno, che la Corte ha invece chiaramente escluso sulla base si apprezzamenti di merito non sindacabili in sede di legittimità;

nè risulta pertinente il richiamo a Cass., S.U. n. 11892/2016 contenuto nella memoria di parte ricorrente, giacchè nella specie non è stato dedotto che la Corte abbia disatteso (valutandole secondo il suo prudente apprezzamento) delle prove legali oppure abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione;

le deduzioni concernenti l’applicabilità dell’art. 2050 c.c. (e la relativa inversione dell’onere della prova in punto di adozione di misure idonee ad evitare il danno), oltre a introdurre questioni nuove (di cui la sentenza non tratta e rispetto alle quali il ricorrente non indica come e quando le abbia dedotte), sono del tutto inconferenti rispetto ad una pronuncia che ha escluso – a monte – il fatto stesso del furto di identità sulla base di un accertamento non più sindacabile;

il vizio motivazionale è dedotto inammissibilmente ai sensi del vecchio testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5, non applicabile ratione temporis;

le spese di lite seguono la soccombenza;

sussistono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

PQM

La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite liquidate, per compensi, in Euro 3.200,00 in favore della Banca Nazionale del Lavoro e in Euro 4000,00 in favore di Fiditalia s.p.a.; il tutto oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, al rimborso degli esborsi (liquidati in Euro 200,00 per ciascuna controricorrente) e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 11 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2018

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