Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33332 del 21/12/2018
Cassazione civile sez. VI, 21/12/2018, (ud. 11/10/2018, dep. 21/12/2018), n.33332
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –
Dott. SESTINI Danilo – rel. Consigliere –
Dott. CIGNA Mario – Consigliere –
Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –
Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 24787-2017 proposto da:
N.U., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MACHIAVELLI, 25,
presso lo studio dell’avvocato PIO CENTRO, rappresentato e difeso
dall’avvocato FEDERICA ZAMBON;
– ricorrente –
contro
AMBRA SPV SRL con socio unico, in persona del legale rappresentante,
cessionaria dei crediti già vantati dalla BANCA POPOLARE DI VICENZA
SPA, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la
CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa
dall’avvocato MARINO FERRO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 517/2017 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE
deposita il 19/07/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata dell’11/10/2018 dal Consigliere Relatore Dott. DANILO
SESTINI.
Fatto
RILEVATO
che:
riformando la sentenza di primo grado, la Corte di Appello di Trieste ha accolto la domanda di revocatoria ex art. 2901 c.c. proposta dalla Banca Popolare di Vicenza s.p.a. nei confronti dei fratelli N.U. e N.R. per sentir dichiarare l’inefficacia dell’atto di donazione con cui il primo – debitore della Banca – aveva donato alla seconda la quota di 1/6 di alcune proprietà immobiliari;
N.U. ha proposto ricorso per cassazione affidandosi a due motivi; ha resistito, con controricorso, la AMBRA SPV s.r.l., quale cessionaria dei crediti già vantati dalla Banca Popolare di Vicenza.
Diritto
CONSIDERATO
che:
il primo motivo (“violazione dell’art. 342 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”) censura la Corte territoriale per aver “omesso di pronunciarsi preliminarmente sulla ammissibilità (contestata dalla difesa di parte appellata N.U.) dell’impugnazione”;
il motivo è inammissibile per inosservanza dell’art. 366 c.p.c., n. 6, in quanto il ricorrente non ha trascritto in alcuna parte l’atto di appello di cui ribadisce il difetto di specificità e nemmeno ne ha effettuato una indiretta riproduzione mediante specificazione della parte dell’appello che sarebbe affetta dal difetto di specificità; peraltro, sarebbe stata necessaria la riproduzione diretta o indiretta della sentenza di primo grado, al fine di apprezzare l’osservanza o meno, rispetto ad essa, dell’art. 342 c.p.c.; va escluso, inoltre, che sia ipotizzabile un vizio di omessa pronunzia su una questione processuale (che peraltro la Corte ha evidentemente ritenuto infondata nel momento in cui è passata ad esaminare il merito dell’impugnazione);
il secondo motivo (“omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, in particolare omessa pronuncia sul requisito della scientia damni di cui all’art. 2901 c.c.”) va parimenti disatteso, in quanto:
– deduce il vizio motivazionale ai sensi del vecchio testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5, non più applicabile ratione temporis;
– non ricorre la lamentata omessa pronuncia sul requisito della scientia damni, giacchè la Corte ne ha ampiamente trattato a pag. 4 della sentenza;
per il resto, il motivo è inammissibile in quanto è volto a ipotizzare -in via di fatto ed in termini assolutamente generici – che al momento della donazione il credito della Banca non fosse tale da comportare la ricorrenza dei requisiti dell’eventus damni e della scientia damni;
le spese di lite seguono la soccombenza;
poichè il ricorrente è stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato, non sussistono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater (cfr. Cass. n. 18523/2014).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite, liquidate in Euro 7.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, al rimborso degli esborsi (liquidati in Euro 200,00) e agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 11 ottobre 2018.
Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2018