Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33331 del 17/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 17/12/2019, (ud. 17/04/2019, dep. 17/12/2019), n.33331

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – rel. Consigliere –

Dott. ANTEZZA Fabio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso iscritto al n. 2291 del ruolo generale dell’anno 2016,

proposto da:

A.C., rappresentato e difeso, giusta procura speciale in

calce al ricorso, dall’avv.to Arturo Bava, domiciliata presso la

cancelleria della Corte;

– ricorrente –

Contro

Agenzia delle dogane e dei monopoli, in persona del Direttore pro

tempore, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale della Liguria, n. 552/01/2015, depositata l’8 maggio 2015,

non notificata.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

17 aprile 2019 dal Relatore Cons. Maria Giulia Putaturo Donati

Viscido di Nocera.

Fatto

RILEVATO

che:

– con sentenza n. 552/01/2015, depositata l’8 maggio 2015, la Commissione tributaria regionale della Liguria rigettava l’appello proposto da A.C. avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Genova n. 1227/12/2014, che aveva a sua volta rigettato il ricorso proposto da detto contribuente avverso l’avviso di accertamento n. (OMISSIS), con il quale l’Agenzia dei Monopoli e delle Dogane aveva recuperato nei suoi confronti, quale gestore di un esercizio nel quale erano stati installati due apparecchi di intrattenimento e divertimento risultati privi del prescritto nulla osta e non collegati alla rete telematica, l’evaso prelievo erariale unico (PREU), oltre a interessi e sanzioni, per l’anno 2008;

– la CTR, in consonanza col primo giudice, ribadiva che, ai sensi del D.L. n. 269 del 2003, art. 39 – quater, comma 2, il gestore del locale bar nel quale sono installati i macchinari è responsabile per il tributo evaso in via solidale con il loro proprietario;

– avverso la sentenza A.C. propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, cui resiste con controricorso l’Agenzia delle dogane;

– il ricorso è stato fissato in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 2 e dell’art. 380 – bis 1 c.p.c., introdotti dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1 – bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo, il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omessa pronuncia della CTR sull’istanza di sospensiva cautelare; assume che, dopo aver tenuto l’udienza appositamente fissata per discutere di tale istanza, il collegio, senza informare le parti, anzichè decidere sulla stessa, ha depositato la sentenza, privandolo in tal modo della facoltà di sviluppare argomentazioni difensive più dettagliate (vietate dalla sommarietà della procedura cautelare) sulla portata dei rilievi estrapolati dalle macchinette e sulla portata della responsabilità solidale dei gestori, in violazione del suo diritto di difesa;

– con il secondo motivo il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 19 e dell’art. 283 c.p.c. (a suo dire applicabile al processo tributario – anche prima della riforma del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 52 ad opera del D.Lgs. n. 156 del 2015, art. 99, comma 1, lett. v), – in via interpretativa, a seguito della sentenza della Corte Cost. n. 217 del 2010, che ha fornito soluzione ermeneutica all’analoga questione concernente l’applicabilità al processo dell’art. 373 c.p.c.) nonchè del proprio diritto al contraddittorio, per avere la CTR omesso di motivare sul “superamento della sospensiva” ed averlo privato della possibilità di avvalersi degli ordinari termini per la discussione del merito e per il deposito di nuova documentazione;

– i motivi, che sono fra loro connessi e possono essere congiuntamente esaminati, sono inammissibili;

– va in primo luogo rilevato che – al di là dell’errata deduzione di un error in procedendo sotto il profilo di cui dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, anzichè n. 4, – il mancato esame da parte del giudice di un’istanza di sospensiva non è suscettibile di dar luogo a vizio di omissione di pronuncia, il quale si configura esclusivamente nel caso di mancato esame di domande od eccezioni di merito, potendo profilarsi, invece, al riguardo, un vizio della decisione per violazione di norme diverse dall’art. 112 c.p.c. se, ed in quanto, si riveli erronea e censurabile, oltre che utilmente censurata, la soluzione implicitamente data da detto giudice alla problematica prospettata dalla parte (Cass. n. 321 del 2016; v. anche Cass. n. 6174 del 2018);

– quanto alle denunciate violazioni del diritto di difesa e del diritto al contraddittorio (in disparte la questione dell’estensibilità dell’art. 283 c.p.c. al processo tributario non ancora riformato dal D.Lgs. n. 156 del 2015), l’assunto del ricorrente si scontra, innanzitutto, con l’accertamento, non contestato, contenuto nella sentenza impugnata dell’avvenuto svolgimento di un’udienza di pubblica discussione, cui entrambe le parti hanno presenziato insistendo nelle rispettive conclusioni;

– peraltro, stante la genericità delle censure e l’omessa, specifica indicazione delle questioni e dei documenti la cui – rispettiva – deduzione e produzione sarebbe stata preclusa all’ A., va sul punto richiamato il costante orientamento di questa Corte in base al quale “la denuncia di vizi fondati sulla pretesa violazione di norme processuali non tutela l’interesse all’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, ma garantisce solo l’eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in dipendenza della denunciata violazione; sicchè una violazione che non abbia alcuna influenza in relazione alle domande o eccezioni proposte, e che sia diretta quindi all’emanazione di una pronuncia priva di rilievo pratico, non può costituire oggetto di motivo di ricorso; ne consegue che è inammissibile l’impugnazione con la quale, come nella specie, si lamenti un mero vizio del processo, senza prospettare le concrete ragioni per le quali l’erronea applicazione della regola processuale abbia comportato, per la parte, una lesione del diritto di difesa o altro pregiudizio per la decisione di merito (Cass. 5837/1997; 13373/2008; 6330/2014; 26831/14; 11354/16);

– con il terzo motivo, il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.L. n. 269 del 2003, art. 39, come riformato dal D.L. n. 78 del 2009, per avere la CTR erroneamente affermato la responsabilità solidale del gestore del locale, ancorchè l’obbligazione fosse configurabile solo in capo all’autore dell’illecito, da identificarsi, a suo dire, nel detentore delle chiavi di accesso alle macchinette;

– il motivo è infondato;

– afferendo l’avviso di accertamento in questione all’anno di imposta 2008, non è dato applicare alla fattispecie il D.L. n. 269 del 2003, art. 39 – quater, nella versione modificata dal D.L. n. 78 del 2009, art. 15, che, come già rilevato da questa Corte, (Cass. n. 13116 del 2018), non è disposizione retroattiva, nè, anche per l’evidente mancanza di una clausola in tal senso, ha valore di norma di interpretazione autentica con portata retroattiva”;

– nella vicenda in giudizio è invece applicabile il testo del D.L. n. 269 del 2003, art. 39 quater, comma 2, come introdotto dalla L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 84, (legge finanziaria 2007), entrato in vigore il 1 gennaio 2007, che, per quanto di interesse, prevede: “2. (…)2. Il prelievo erariale unico è dovuto anche sulle somme giocate tramite apparecchi e congegni che erogano vincite in denaro o le cui caratteristiche consentono il gioco d’azzardo, privi del nulla osta di cui alla L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 38, comma 5 e successive modificazioni, nonchè tramite apparecchi e congegni muniti del nulla osta di cui al predetto art. 38, comma 5, il cui esercizio sia qualificabile come illecito civile, penale o amministrativo. Per gli apparecchi e congegni privi del nulla osta il prelievo erariale unico, gli interessi e le sanzioni amministrative sono dovuti dal soggetto che ha provveduto alla loro installazione. E’ responsabile in solido per le somme dovute a titolo di prelievo erariale unico, interessi e sanzioni amministrative il possessore dei locali in cui sono installati gli apparecchi e congegni privi del nullaosta;

– in forza dell’art. 39 quater cit. il legislatore ha dunque esteso, a decorrere dal 1 gennaio 2007, il PREU anche ai giochi d’azzardo non muniti di nulla osta, prevedendone puntualmente l’obbligato in via principale e quello in via solidale, da identificare nel possessore dei locali in cui sono installati gli apparecchi e congegni privi del nullaosta;

– la CTR ha pertanto correttamente ritenuto il ricorrente responsabile del pagamento del tributo in via solidale col proprietario degli apparecchi;

– in conclusione, il ricorso va rigettato;

– le spese processuali del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna A.C. al pagamento in favore dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 2.200,00 per compensi oltre spese prenotate a debito; Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 17 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 dicembre 2019

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