Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3333 del 11/02/2011
Cassazione civile sez. trib., 11/02/2011, (ud. 04/01/2011, dep. 11/02/2011), n.3333
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D’ALONZO Michele – Presidente –
Dott. BERNARDI Sergio – rel. Consigliere –
Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –
Dott. SAMBITO Maria Giovanna Concetta – Consigliere –
Dott. COSENTINO Giuseppe Maria – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE in persona del Ministro pro
tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,
elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope
legis;
– ricorrenti –
contro
BO CARNI SRL;
– intimato –
avverso la sentenza n. 373/2003 della COMM. TRIB. REG. di NAPOLI,
depositata il 27/01/2003;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
04/01/2011 dal Consigliere Dott. SERGIO BERNARDI;
udito per il ricorrente l’Avvocato DE SOCIO, che ha chiesto
l’accoglimento;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
CICCOLO Pasquale Paolo Maria, che ha concluso per il rigetto del
ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate ricorrono con due motivi per la cassazione della sentenza della CTR della Campania che ha confermato l’annullamento pronunciato dalla CTP di Napoli dell’avviso di rettifica Iva 1993 emesso nei confronti della Bo Carni s.r.l.. Quest’ultima non si è difesa.
L’accertamento impugnato muove da una complessa indagine della Guardia di Finanza di Modena concernente un ingente traffico di bovini acquistati in vari paesi dell’Unione Europea a tariffa Iva inferiore a quella vigente in Italia. E’ emerso che numerosi animali, temporaneamente appoggiati in stalle di sosta, figuravano rivenduti a tariffa Iva piena da società di comodo ad operatori nazionali che portavano in detrazione la maggiore imposta mai effettivamente versata, caricata su fatture che registravano operazioni soggettivamente simulate. Fra le società acquirenti era la Bo. Carni s.r.l., nei cui confronti fu accertata una imposta evasa di L. 3.966.000.000 ed irrogate sanzioni per oltre L. undici miliardi.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il Ministero delle Finanze non ha impugnato la sentenza di primo grado, nella quale era rimasto soccombente, e non è stato chiamato a partecipare al giudizio d’appello, restandone estromesso (Cass. 3118/2006). Ne va dichiarato inammissibile il ricorso, senza decisione in punto spese, giacchè la parte intimata non si è difesa.
Motivando il rigetto dell’appello proposto dall’Ufficio la CTR ha osservato che quest’ultimo “come giustamente evidenziato dai giudici di prime cure, ha totalmente ignorato le esigenze di un corretto e doveroso esame del contesto, specie ove si consideri l’entità e la gravità delle contestazioni mosse nei confronti della parte. Anche in questa fase del giudizio non ha fatto altro che presentare copia senza allegati del PVC della G. di F. e non ha depositato i verbali di cui anche la parte avversaria ha richiesto il deposito nel proprio ricorso introduttivo. Allo stato si limita a contestare la decisione dei primi giudici ma non compie alcuno sforzo di approfondimento per analizzare e sottoporre all’attenzione del giudice quello che è e resta un probabile ma non certo illecito che potrebbe anche essere ascritto alla società appellata. E’, in sostanza, evidente che, a fronte dello sforzo compiuto dalla Guardia di finanza per cercare di venire a capo di un sistema di una probabile frode fiscale, non ha corrisposto un adeguato e conseguente lavoro degli uffici che non hanno sottoposto all’attenzione, non solo del primo giudice ma nemmeno di quello d’appello, un idoneo strumento in base al quale poter confermare con una sentenza quanto, opportunamente ed in maniera incontrovertibile, avrebbe dovuto essere rappresentato. In mancanza di tale supporto indispensabile non si può che confermare la decisione dei primi giudici”.
Col primo motivo di ricorso dell’Agenzia delle Entrate, deducendo violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36 e art. 132 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4 si osserva che la motivazione surriportata è soltanto apparente, perchè si riduce ad una declaratoria di adesione alle considerazioni espresse dai primi giudici senza riprodurne in alcun modo il contenuto, e dunque senza dare alcun conto del percorso logico posto a base della decisione.
Col secondo, la motivazione è censurata di violazione degli artt. 2697 e 2729 cod. civ., D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 54 e 56 e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, in relazione agli artt. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, nonchè di omesso esame di punto decisivo, ex art. 360 c.p.c., n. 5.
Il ricorso va accolto.
La sufficienza della motivazione per relationem può affermarsi quando il giudice d’appello, richiamando in maniera seppure sintetica il contenuto delle argomentazioni del primo giudice, abbia espresso le ragioni della loro condivisione in relazione ai motivi di impugnazione proposti (Cass. 18625/2010, 15483/08, 3636/07). Nella specie la CTR non ha dato conto nè dei motivi della decisione impugnata nè delle critiche proposte con l’appello, ma ha espresso considerazioni prive di ogni riferimento alle specifiche risultanze processuali, rendendo impossibile la ricostruzione del ragionamento sotteso alla decisione.
La motivazione soggiace anche alla critica di violazione di legge, perchè fa carico all’Ufficio di non aver fornito prova idonea della evasione contestata pur dando atto che quello prospettato nel p.v.c. prodotto in giudizio era “un sistema di una probabile frode fiscale” “che potrebbe anche essere ascritto alla società appellata”. Mentre sono costanti nella giurisprudenza di questa corte le affermazioni che in tema di IVA, qualora l’Amministrazione abbia fornito elementi idonei a far dubitare della realtà di operazioni sottostanti a fatture portate in detrazione, spetta al contribuente, che di quella detrazione voglia avvalersi, dimostrare che ne ricorrano le condizioni.; e che la prova che le operazioni fatturate siano realmente intervenute non può limitarsi alla indicazione dei mezzi di pagamento utilizzati, perchè i pagamenti possono facilmente essere neutralizzati mediante retrocessione diretta o indiretta delle somme versate, sicchè essi rappresentano a loro volta elementi meramente indiziari, che il giudice deve valutare nel complesso di tutte le altre risultanze processuali (Cass. 2847/2008, 21593/07, 13605/03).
La sentenza va dunque cassata e la causa rimessa per nuovo esame ad altra sezione della CTR della Campania, che ripeterà il giudizio e deciderà anche sulle spese di questa fase di legittimità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso del Ministero dell’Economia e delle Finanze. Accoglie il ricorso dell’Agenzia delle Entrate; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese di questo giudizio, ad altra sezione della CTR della Campania.
Così deciso in Roma, il 4 gennaio 2011.
Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2011