Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33329 del 17/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 17/12/2019, (ud. 12/03/2019, dep. 17/12/2019), n.33329

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. LEUZZI Salvatore – Consigliere –

Dott. NOCELLA Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 27886/2013 R.G. proposto da:

SICPLANT INTERNATIONAL S.R.L., C.F. (OMISSIS), con sede in Varese,

rapp.to e difeso, giusta procura speciale a margine del ricorso,

dall’Avv.to Fedele Dolce del Foro di Varese ed elett. dom.ta presso

lo studio dell’avv. Pio Corti, Roma, V.le Parioli n. 79/H;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), rapp.ta e difesa

dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale per legge è

dom.ta in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– resistente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Lombardia, Sez.49 N. 78/49/2013 depositata il 14 giugno 2013, non

notificata.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 12 marzo 2019

dal Consigliere Luigi Nocella.

Fatto

RILEVATO

che:

Sicplant International s.r.l., esercente attività di progettazione e realizzazione di impianti e macchinari, impugnava innanzi alla CTP di Varese l’avviso di accertamento N. (OMISSIS), notificatole dalla locale Agenzia delle Entrate, con il quale questa, sulla scorta di pretese gravi incongruità dei ricavi dichiarati rispetto a quelli risultanti dallo studio di settore (OMISSIS) e della ritenuta non congruenza nel tempo degli stessi, nonchè dei dati dichiarati e della redditività, aveva determinato, per l’esercizio 2004, maggiori ricavi per Euro 238.953,00, riducendo la perdita per detto esercizio dai dichiarati Euro 368.034,00 ad Euro 129.081,00, richiesto il versamento di maggiori IRAP ed IVA ed irrogato le connesse sanzioni.

Nel contraddittorio con l’Agenzia resistente, l’adita CTP pronunciava sentenza N. 5/05/2011, con la quale accoglieva il ricorso ed annullava l’avviso impugnato, ritenendo che il rilevato scostamento dei ricavi non integrasse grave incongruenza ai sensi del D.L. n. 331 del 1993, art. 62 sexies e che in ordine allo stesso l’Agenzia non avesse espresso adeguata motivazione, non tenendo peraltro alcun conto di quanto dedotto da Sicplant nella pregressa fase di adesione, nel corso della quale la società aveva prodotto documenti e note illustrative e dimostrato le peculiarità dell’attività svolta.

La soccombente Agenzia proponeva appello avverso detta decisione, che, in esito alla costituzione dell’appellata, la CTR della Lombardia ha integralmente accolto con la sentenza n. 78/49/2013, depositata il 14 giugno 2013.

Il Giudice d’appello ha ritenuto legittimo l’avviso sia sotto il profilo procedurale che sotto quello motivazionale, avendo l’Agenzia valorizzato la negativa redditività di Sicplant per un triennio consecutivo, a fronte del conservato livello di spesa per beni strumentali e personale dipendente ed adeguatamente evidenziate le dedotte incongruenze fra i ricavi dichiarati e quelli ricostruiti a mezzo studio di settore, illustrate nel cap. 2.3 dell’accertamento, intitolato appunto “incongruenza reiterata…”.

Sicplant ricorre per la cassazione della sentenza, articolando due motivi di censura.

L’Agenzia delle Entrate deposita memoria di costituzione per la partecipazione all’eventuale discussione orale.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Sicplant, ripercorsa la vicenda pre-processuale e processuale (pagg. 2-13), denuncia, con il primo motivo di ricorso, violazione e falsa applicazione del D.L. n. 331 del 1993, art. 62 sexies, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3: premesso sinteticamente il quadro concettuale elaborato da Cass. SU 7.04.2009 n. 26635 circa i presupposti per la valenza presuntiva degli studi di settore, critica la sentenza impugnata per non aver considerato, come emerge dalla scarna motivazione sul punto, tutti gli elementi offerti, sia nella fase del contraddittorio che nei due gradi del giudizio di merito, circa la non corrispondenza della tipologia di impresa e di attività da essa esercitata rispetto alle caratteristiche tipiche delle imprese rappresentate nello studio di settore (OMISSIS); caratteristiche differenziali che riporta analiticamente all’attenzione della Corte (pagg. 15-16), comparandole con quelle descrittive degli standards considerati nello specifico cluster richiamato dall’Agenzia. Tali caratteristiche e differenze sarebbero idonee, secondo la ricorrente, a spiegare anche la circostanza di esercizi chiusi in perdite di gestione, in relazione alle quali evidenzia che l’Agenzia avrebbe erroneamente considerato il risultato fiscale, anzichè quello civilistico, che riportava risultati positivi sia nel 2003 che nel 2005. Alla stregua di tali argomenti, ed evidenziata la costante allegazione di tale profilo di inapplicabilità dello specifico studio di settore alla tipologia d’impresa esercitata, contrariamente a quanto erroneamente affermato nella sentenza d’appello, conclude che non sarebbe sufficiente il mero richiamo dello scostamento a consentire l’applicazione della procedura di accertamento mediante studio di settore.

Con il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione del D.L. n. 331 del 1993, art. 62 sexies ed insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, per avere la CTR ritenuto adeguata la motivazione dell’avviso circa le gravi incongruenze riscontrate nell’applicazione dello studio di settore sulla base del mero riferimento all’intitolazione di un paragrafo dell’avviso medesimo, il cui contenuto effettivo, consistente nella reiterazione pluriennale delle incongruenze, non ne modificherebbe il contenuto sostanziale; anzi, come dimostrato, la reiterazione sarebbe consustanziale alle caratteristiche peculiari dell’impresa.

Infine invoca a suffragio della tesi la motivazione del provvedimento favorevole con il quale il Direttore Regionale dell’Agenzia ha accolto, in data 2013, l’istanza per la disapplicazione alla propria attività della L. n. 724 del 1994, art. 37.

I motivi, che possono essere congiuntamente esaminati, risultano fondati.

Il D.L. n. 331 del 1993, art. 62 sexies, come noto, consente che gli accertamenti induttivi ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39, lett. d), possano “essere fondati anche sull’esistenza di gravi incongruenze tra i ricavi, i compensi ed i corrispettivi dichiarati e quelli fondatamente desumibili dagli studi di settore elaborati ai sensi dell’art. 62 bis del presente decreto”.

In merito alla valenza probatoria di tali strumenti di accertamento, è ormai consolidato il principio secondo il quale “La procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è “ex lege” determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli “standards” in sè considerati – meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività – ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento, con il contribuente” (di recente Cass. sez. V ord. 30.10.2018 n. 27617; principio enunciato già da Cass. SU 18.12.2009 n. 26635). All’interno di tale sistema di presunzioni, gli studi di settore, elaborati dal Dipartimento delle Entrate del Ministero dell’Economia ed approvati con decreto ministeriale, costituiscono normativa tecnica che definisce da un lato i settori operativi omogenei ai quali ciascuno studio è applicabile e, per altro lato, individua i criteri di ricostruzione della redditività delle imprese del settore sulla scorta dei parametri tecnici ritenuti significativi. E’ ovvio pertanto che la corretta individuazione del settore e, all’interno del settore, del cluster di appartenenza della singola impresa, rivesta importanza determinante al fine dell’individuazione del reddito legittimamente presumibile, tanto che nella citata fondamentale pronuncia delle SU si è sottolineata la facoltà (costituente anche onere), per il contribuente destinatario di siffatta tipologia di accertamenti, di contestare anche la riconducibilità della propria attività d’impresa alle tipologie individuate negli studi di settore e negli specifici cluster applicati (vedi paragrafi 6.1 sub b e 8.2 della menzionata pronuncia).

Ciò premesso, va rilevato che nella specie la società ricorrente ha dedotto puntualmente di aver partecipato diligentemente al contraddittorio, contestando l’applicabilità alla sua attività dello studio di settore utilizzato dall’Ufficio – tanto che l’accertamento conteneva una parte specificamente finalizzata alla evidenziazione dell’irrilevanza di tale deduzione – e lamentandone, inoltre, l’erronea applicazione; di aver quindi ribadito, con il primo motivo di impugnazione dell’avviso, la non riconducibilità della propria attività all’area di applicabilità dello Studio (OMISSIS) e del cluster (OMISSIS), nonchè l’erronea valutazione di alcuni dati caratterizzanti (riportati a pagg.7 – 8 dell’odierno ricorso), vedendo accogliere dalla CTP di Varese il ricorso introduttivo anche su tali specifiche questioni; di aver inoltre eccepito, con il secondo motivo di impugnazione, l’irrilevanza degli scostamenti, siccome riguardanti i risultati del bilancio fiscale e non quello civilistico e determinati anche dalle specifiche caratteristiche della sua attività, di impresa esportatrice per il 97% del prodotto; ha infine esposto che l’Agenzia ha proposto appello su tali specifiche questioni, che essa ha contrastato nelle proprie difese.

Orbene, la CTR ha fondato la decisione sul presupposto, del tutto errato, che la società non avesse “mai contestato in passato” l’applicabilità alla propria attività dello studio di settore (OMISSIS), ed ha pertanto valorizzato esclusivamente il dato matematico-statistico della reiterazione dello scostamento dei risultati d’esercizio di Sicplant da quelli previsti da detto studio; in buona sostanza, sulla base di detta errata premessa, il giudice d’appello non ha affrontato la questione, logicamente preliminare e decisiva per il giudizio, dell’adeguatezza dello studio medesimo alla realtà economica dell’impresa accertata e non ha svolto la dovuta indagine in ordine alla fondatezza degli elementi addotti dalla ricorrente, prima in sede precontenziosa e poi in fase giudiziale, per contrastare l’applicabilità di studio e cluster. Inoltre, come lamentato nel secondo motivo, la CTR non ha dato risposta all’eccezione dell’appellata di irrilevanza degli scostamenti contestati, sia in quanto difformi dai risultati civilistici positivi sia in quanto determinati dalle specifiche, dedotte, e già ritenute provate dai primi giudici, sue caratteristiche operative.

L’omesso esame di tali specifici elementi di contrasto rispetto alle contestazioni dell’Agenzia comporta, in virtù dei principi di diritto sopra richiamati, la violazione della norma che disciplina il procedimento di accertamento mediante utilizzo degli studi di settore e, conseguentemente, ha viziato il giudizio circa la valenza probatoria degli elementi posti a fondamento dell’avviso di accertamento impugnato.

All’accoglimento dei motivi conseguono la cassazione della sentenza impugnata ed il rinvio della causa alla medesima CTR, in diversa composizione, per nuovo esame e statuizione sulle spese anche della presente fase di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie entrambi i motivi di ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia il giudizio innanzi alla CTR della Lombardia, in diversa composizione, per nuovo esame e per la statuizione sulle spese anche della presente fase.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 dicembre 2019

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