Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33327 del 17/12/2019
Cassazione civile sez. trib., 17/12/2019, (ud. 12/03/2019, dep. 17/12/2019), n.33327
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –
Dott. MANZON Enrico – Consigliere –
Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –
Dott. LEUZZI Salvatore – Consigliere –
Dott. NOCELLA Luigi – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7997/2013 R.G. proposto da:
R.T., C.F. (OMISSIS), res. in Aversa (CE), rapp.to e
difeso, giusta procura speciale a margine del ricorso, dall’Avv.to
Renato Labriola del Foro di Roma ed elett.dom.to presso il suo
studio in Roma, via Tommasini n. 8;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), rapp.ta dall’Avvocatura
Generale dello Stato, presso la quale per legge è dom.ta in Roma,
via dei Portoghesi n. 12;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della
Campania, Sez. 23 N. 184/23/2012 depositata il 24 settembre 2012,
non notificata.
Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 12 marzo 2019
dal Consigliere Luigi Nocella.
Fatto
RILEVATO
che:
R.T., titolare della ditta R. Legnami di Teverola, impugnava innanzi alla CTP di Caserta l’avviso di accertamento n. (OMISSIS) notificatogli dall’Agenzia delle Entrate di Aversa per l’anno di imposta 2004, con il quale gli era stato contestato di aver conseguito maggiori ricavi per Euro 47.260,00, rispetto ai dichiarati Euro 609.961,00, ed erano state liquidate le maggiori imposte IRPEF, IRAP ed IVA dovute ed erano state irrogate le connesse sanzioni.
Nel costituito contraddittorio con l’Agenzia resistente, l’adita CTP accoglieva il ricorso ed annullava l’atto impugnato. In particolare, i primi giudici ritenevano l’avviso privo di motivazione, in quanto fondato su un p.v.c. redatto dalla G.d.F. a conclusione di accesso eseguito presso Montinari s.p.a. (società fornitrice del R.), che non era mai stato comunicato, o altrimenti reso noto, al contribuente.
L’appello proposto dall’Agenzia contro la decisione impugnata in via incidentale anche dal R. – è stato accolto dalla CTR della Campania con la sentenza n. 184/23/2012, depositata il 24.09.2012.
Il giudice d’appello ha accertato che, contrariamente a quanto ritenuto dalla CTP, l’avviso impugnato traeva origine dal p.v.c. redatto da funzionari dell’Agenzia all’esito di una verifica breve, effettuata presso l’impresa del R. dopo che una dipendente di Montinari s.p.a., nel corso del diverso accesso eseguito presso la società, aveva dichiarato che questa gli aveva fornito merci senza fatturarle; che nel verbale, sottoscritto dal contribuente e ritualmente notificatogli, si dava atto che nel corso della verifica erano stati riscontrati acquisti per Euro 44.159,00 non fatturati, non contabilizzati e non indicati al rigo F9 dello studio di settore presentato; che, a fronte del rilevato scostamento dei ricavi dichiarati rispetto allo studio di settore in questione, spettava al R. l’onere di fornire prova dell’infondatezza dell’accertamento; che, invece, le scarne allegazioni difensive del contribuente erano rimaste prive di qualsivoglia riscontro documentale.
La sentenza, non notificata, è stata impugnata da R.T. con ricorso per cassazione, articolato in due motivi, cui l’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.
Diritto
CONSIDERATO
che:
Con il primo motivo di ricorso R. denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2727 c.c. e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39: premesso il quadro concettuale elaborato da Cass. SU 7.04.2009 n. 26635 e ribadito da Cass. sez. V 20.02.2013 n. 4166 circa la valenza probatoria degli studi di settore, critica la sentenza impugnata per aver ritenuto che l’accertamento potesse fondarsi puramente e semplicemente sul rilievo dello scostamento emerso tra i ricavi dichiarati e quelli determinati attraverso l’utilizzazione di tali studi, pur in difetto del necessario corredo presuntivo costituito o dalla mancata partecipazione del contribuente al contraddittorio nella fase procedimentale o dall’indicazione, nell’avviso, delle ragioni che hanno indotto l’Ufficio a respingere le giustificazioni da questi offerte in detta fase.
Con il secondo motivo si denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia: invero la CTR non avrebbe dato rilievo alla circostanza che l’elaborazione dello studio di settore dal quale sarebbe scaturito il maggior ricavo sarebbe avvenuta sulla base del p.v.c. (mai notificato al R.) emesso nei confronti di Montanari s.p.a., dal quale emergeva il preteso maggior volume di acquisti, e non già sulla scorta del p.v.c. redatto a seguito dell’ispezione presso la sede della R. Legnami, che aveva dato luogo a meri rilievi formali, menzionati nell’avviso medesimo.
Il primo motivo è inammissibile, in quanto difetta dei requisiti di specificità richiesti dall’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 6.
Esso si risolve, infatti, nell’astratto richiamo dei principi enunciati da questa Corte in materia di efficacia probatoria dei risultati dello studio di settore, ma non contiene alcun riferimento alla fattispecie concreta dedotta in giudizio; in particolare, non chiarisce se, nel caso, l’avviso sia stato emesso in difetto di contraddittorio o senza tener conto delle giustificazioni addotte dal R., nè precisa se, e sotto quale dei due distinti profili in tesi rilevanti, la questione della nullità dell’atto impugnato sia stata effettivamente dedotta nell’atto introduttivo del giudizio e devoluta all’esame del giudice d’appello.
La censura, peraltro, non investe la ratio decidendi esplicitata dalla CTR, la quale ha evidenziato come in sede di verifica fosse emersa l’irregolare tenuta della contabilità da parte del R. (fatto, questo, che giustificava l’applicazione automatica degli studi di settore ai sensi della L. n. 146 del 1998, art. 1, comma 3, ancora vigente il 4.7.2005, data dell’accesso) e come neppure nel corso del giudizio di merito il contribuente fosse stato in grado di fornire prova a sostegno delle sue “scarne giustificazioni”.
Il secondo motivo è invece infondato.
Va ricordato che, ai sensi dell’attuale testo dell’art. 360 c.p.c. comma 1, n. 5 (introdotto dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, ed applicabile ai ricorsi per cassazione proposti avverso le sentenze pubblicate successivamente all’11.09.2012, ivi comprese quelle in materia tributaria) il vizio di motivazione va ricondotto unicamente all’omesso esame di un fatto decisivo che sia stato oggetto di discussione fra le parti (Cass. S.U. n. 8053 e 8054 del 7.04.2014).
Ciò premesso, va rilevato che, contrariamente a quanto dedotto dal ricorrente, la CTR ha espressamente esaminato la questione di fatto concernente l’origine della contestazione contenuta nell’avviso di accertamento, pervenendo al convincimento che l’atto impugnato si fondava non già sul p.v.c. redatto dalla G.d.F. a conclusione della verifica condotta presso Montanari s.p.a., ma sul p.v.c. redatto da funzionari dell’Agenzia all’esito dell’accesso “breve” eseguito presso la sede della R. Legnami: va esclusa, pertanto, la sussistenza del denunciato vizio motivazionale.
Il ricorso deve, in conclusione, essere respinto.
Alla soccombenza segue la condanna del R. alla rifusione, in favore dell’Agenzia, delle spese di questo giudizio di legittimità, che si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, che liquida in complessivi Euro 2.300,00, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale ai sensi dello stesso art. 13, ex comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 marzo 2019.
Depositato in Cancelleria il 17 dicembre 2019