Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3331 del 12/02/2018


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Civile Ord. Sez. L Num. 3331 Anno 2018
Presidente: NAPOLETANO GIUSEPPE
Relatore: DI PAOLANTONIO ANNALISA

ORDINANZA

sul ricorso 12455-2012 proposto da:
CANNIZZO ALFREDO, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIALE GIULIO CESARE 95, presso lo studio
dell’avvocato RITA BRUNO, rappresentato e difeso
dall’avvocato CECILIA LICITRA, giusta delega in atti;
– ricorrente ,131219:012A-

contro

I.A.C.P. ISTITUTO AUTONOMO CASE POPOLARI PROVINCIA
2017

RAGUSA;
– intimato –

4592

avverso la sentenza n. 450/2011 della CORTE D’APPELLO
di CATANIA, depositata il 26/05/2011, R. G. N.
782/2008.

Data pubblicazione: 12/02/2018

R.G. 12455/2012

RILEVATO CHE
1. la Corte di Appello di Catania ha respinto l’appello di Alfredo Cannizzo avverso
la sentenza del Tribunale di Ragusa che aveva rigettato il ricorso proposto nei
confronti dello I.A.C.P. della Provincia di Ragusa volto ad ottenere:

il

riconoscimento del diritto ad essere inquadrato nella posizione economica D4,
con decorrenza dall’aprile 1999, D5, per il periodo 1.1.2000/31.3.2004, D6 a
10 aprile 2004; il riconoscimento « della P.O.S. – posizione

organizzativa di servizio – a decorrere dall’estensione dei benefici come
riconosciuti agli altri dipendenti»; la conseguente condanna dell’istituto al
pagamento delle differenze retributive spettanti;
2. la Corte territoriale ha premesso che l’appellante non aveva censurato la
decisione impugnata nella parte in cui aveva rigettato «de plano» le domande
proposte in relazione al periodo antecedente al 2004, poiché a fondamento
dell’azione il Cannizzo aveva allegato solo l’immotivata attribuzione dei punteggi
in occasione della formazione della graduatoria relativa all’ultima progressione
economica;
3. il giudice di appello ha, poi, rilevato che, pur essendo del tutto apodittico il
giudizio negativo espresso dalla Conferenza dei dirigenti dell’Istituto, non poteva
essere accolta la domanda in quanto l’appellante non aveva chiesto di essere
sottoposto ad una nuova valutazione;
4. la Corte territoriale ha evidenziato al riguardo che il giudice non può sostituirsi
al datore di lavoro nelle scelte discrezionali, insindacabili nel merito, sicché il
dipendente può solo denunciare la violazione dei criteri oggettivi eventualmente
previsti dalla contrattazione collettiva ed il mancato rispetto degli obblighi di
correttezza e buona fede;
5. avverso tale sentenza Alfredo Cannizzaro ha proposto ricorso affidato a sei
motivi, ai quali l’Istituto Autonomo per le Case Popolari non ha opposto difese.

CONSIDERATO CHE

1.1 il primo motivo denuncia «contraddittorietà del giudicato» perchè la Corte
territoriale, una volta ritenuta “apodittica” la valutazione non positiva espressa

far tempo dal

dalla Conferenza dei Dirigenti, avrebbe dovuto accogliere la domanda e non
respingerla;
1.2 con la seconda censura, titolata «mancanza di prova», il ricorrente, premesso
che la valutazione espressa dal datore di lavoro non è insindacabile, rileva che il
giudice di appello avrebbe dovuto controllare il procedimento di formazione delle
note di qualifica e non ritenere queste ultime corrette «sulla base di una
presunzione senza prove»;
1.3. la terza critica sottolinea la «inutilità della mancata richiesta del Cannizzo di

nuova valutazione» perché quest’ultima sarebbe stata senz’altro negativa
«rilevando in tal senso l’intento discriminatorio, denigratorio e di ritorsione»;
1.4. il quarto motivo denuncia la «inapplicabilità al caso di specie della sentenza
della Corte di Cassazione Sezione Lavoro n. 3227 dell’11/2/2008» perché in quel
caso il giudice del merito aveva accertato il rispetto della procedura e la
corrispondenza fra il giudizio espresso ed i criteri di valutazione;
1.5. il ricorrente si duole con la quinta censura della «mancata integrazione
probatoria» e deduce che la Corte territoriale avrebbe dovuto concedere
all’appellante «di produrre eventuali prove testimoniali»;
1.6. il sesto motivo lamenta la «violazione del principio di contraddittorio» che
non avrebbe permesso al ricorrente di provare l’impegno individuale, i risultati
ottenuti, l’esperienza acquisita, la partecipazione effettiva alle esigenze di
flessibilità, l’iniziativa personale, la capacità di proporre soluzioni innovative o
migliorative, il coinvolgimento nei processi lavorativi, la capacità di adattamento;
1.7. infine il ricorrente rileva che, essendo nelle more del giudizio cessato il
rapporto di lavoro a seguito del raggiungimento della massima anzianità
contributiva, rimane solo l’interesse ad ottenere il risarcimento del danno
patrimoniale, pari agli incrementi economici non ottenuti, e del danno morale che
«si evince sotto traccia » dalla sentenza della Corte territoriale;
2. il ricorso è inammissibile in tutte le sue articolazioni;
3.

le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato che «il ricorso per

cassazione, avendo ad oggetto censure espressamente e tassativamente previste
dall’art. 360, primo comma, cod. proc. civ., deve essere articolato in specifici
motivi riconducibili in maniera immediata ed inequivocabile ad una delle cinque
ragioni di impugnazione stabilite dalla citata disposizione, pur senza la necessaria

2

declaratoria di illegittimità del provvedimento al fine di essere sottoposto ad una

adozione di formule sacramentali o l’esatta indicazione numerica di una delle
predette ipotesi »( Cass. S.U. 24.7.2013 n. 17931);
3.1. è stato precisato anche che la proposizione di censure prive di specifica
attinenza al decisum della sentenza impugnata comporta l’inammissibilità del
ricorso per mancanza di motivi che possano rientrare nel paradigma normativo di
cui all’art. 366, comma primo, n. 4 cod. proc. civ. perché le censure devono
carattere di specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata, il che
comporta l’esatta individuazione del capo di pronunzia impugnata e l’esposizione

principi di diritto, ovvero le carenze della motivazione… ” ( Cass. 3.8.2007 n.
17125 e negli stessi termini Cass. 25.9.2009 n. 20652);
3.2. nel caso di specie il ricorrente, oltre ad omettere la sussunzione delle diverse
censure nelle ipotesi previste dall’art. 360 cod. proc. civ., non ha indicato le
norme ed i principi di diritto che sarebbero stati violati dalla Corte territoriale né
ha individuato le regole processuali disattese dai giudici di merito, sicché il
ricorso si risolve in una generica ed inammissibile denuncia di erroneità della
sentenza impugnata, non fondata su una chiara indicazione delle ragioni
giuridiche per le quali è domandata la cassazione della pronuncia gravata;
3.3. i motivi, inoltre, ad eccezione del terzo non colgono la ratio della decisione,
fondata unicamente sulla impossibilità per il giudice, pur a fronte di una
valutazione negativa non motivata ed apodittica, di attribuire la posizione
economica superiore, sostituendosi al datore di lavoro nelle sue valutazioni
discrezionali;
3.4. l’unica censura che si riferisce alla motivazione impugnata, ossia quella
sviluppata nel terzo motivo, non indica le ragioni di erroneità della decisione, in
quanto il ricorrente si limita a sostenere la “inutilità” di una nuova valutazione,
perché quest’ultima sarebbe stata sicuramente non positiva come le precedenti;
4. poiché l’Istituto è rimasto intimato non occorre provvedere sulle spese del
giudizio di legittimità;
4.1. non sussistono ratione temporis

le condizioni di cui all’art. 13 c. 1 quater

d.P.R. n. 115 del 2002

P.Q.M.
La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso. Nulla sulle spese
Così deciso nella Adunanza camerale del 21 novembre 2017
Il Presidente

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di ragioni che illustrino in modo intelligibile ed esauriente le violazioni di norme o

Dott.ssa

hosakmari

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