Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3331 del 11/02/2011

Cassazione civile sez. trib., 11/02/2011, (ud. 04/01/2011, dep. 11/02/2011), n.3331

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ALONZO Michele – Presidente –

Dott. BERNARDI Sergio – rel. Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna Concetta – Consigliere –

Dott. COSENTINO Giuseppe Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE in persona del Ministro pro

tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrenti –

contro

IC INDUSTRIE CAUCCI CAVE SEGHERIE COMMERCIO SPA in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA

TRIONFALE 21, presso lo studio dell’avvocato CARPINELLI EUGENIO,

rappresentato e difeso dall’avvocato GIARE’ GIORGIO, giusta delega a

margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 34/2003 della COMM.TRIB.REG. di ROMA,

depositata il 09/02/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/01/2011 dal Consigliere Dott. SERGIO BERNARDI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CICCOLO Pasquale Paolo Maria, che ha concluso per l’inammissibilità

ricorso Ministero, accoglimento ricorso Agenzia.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate ricorrono con due motivi per la cassazione della sentenza della CTR del Lazio che ha annullato l’avviso di rettifica Iva 1988 emesso nei confronti della I.C. Industrie Caucci Cave Segherie Commercio s.p.a., che resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso non è tardivo, come eccepito dalla contribuente, perchè consegnato all’ufficiale giudiziario per la notificazione l’ultimo giorno utile (il 26 marzo 2005, rispetto al 9 febbraio 2004, data del deposito della sentenza impugnata, non notificata).

Con esso si lamenta violazione di legge e vizio di motivazione perchè la CTR ha confermato la sentenza di primo grado che – a seguito della presentazione di dichiarazione integrativa L. n. 413 del 1991, ex art. 49 – ha dichiarato estinto il giudizio per cessazione della materia del contendere. Si osserva che a norma della L. n. 413 del 1991, art. 48, la estinzione è pronunciata con ordinanza, revocabile su segnalazione dell’Ufficio nel caso in cui, in fase di liquidazione, emergano cause di invalidità della dichiarazione integrativa. Nella specie, l’Ufficio aveva rilevato con l’appello che nel 1990 la contribuente aveva presentato dichiarazione a credito, al quale non aveva rinunziato, come impone a condizione di ammissibilità del condono la L. n. 413 del 1991, art. 49, comma 2.

La doglianza concernente la forma del provvedimento di estinzione è infondata, perchè l’errore sarebbe incorso nella pronuncia di primo grado, e la decisione sull’appello non poteva emettersi che con sentenza. Nè risulta che il vizio di forma fosse stato lamentato coi motivi di gravame.

E’ del pari inammissibile la censura di violazione di legge e vizio di motivazione, perchè non corredata dalla indicazione di come il preteso punto decisivo (la circostanza che dalla dichiarazione Iva 1990 sarebbe risultato un credito cui la contribuente col la dichiarazione integrativa non avrebbe rinunciato) sia stato acquisito al processo di merito. Nel controricorso si ammette che tale argomento era stato invocato con l’appello dell’Ufficio, ma non se ne ammette il fondamento di fatto, definendosi “eventuale” “il mancato riversamento del credito IVA 1990 posto a base della pretesa inefficacia del condono” (che sarebbe stato superato, secondo la contribuente, da “la definizione L. 27 dicembre 2002 n. 289 ex art. 12 della relativa cartella esattoriale … con cui l’allora Ufficio Provinciale IVA di Roma ha liquidato il precitato condono IVA”).

Va dunque respinto il ricorso. Le spese debbono seguire la soccombenza.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna le ricorrenti al rimborso delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 1.700,00, di cui Euro 1.500,00 per onorari.

Così deciso in Roma, il 4 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2011

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