Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33301 del 17/12/2019

Cassazione civile sez. VI, 17/12/2019, (ud. 24/09/2019, dep. 17/12/2019), n.33301

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27166-2018 proposto da:

P.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEGLI

SCIPIONI 235, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO ESPOSITO, che

lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

S.S. elettivamente domiciliata in ROMA, VIA STIMIGLIANO

5, presso lo studio dell’avvocato FABIO CODOGNOTTO, che la

rappresenta e difende;

– controricorrente –

contro

D.S.S.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 940/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 14/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 24/09/2019 dal Consigliere Relatore Dott. TEDESCO

GIUSEPPE.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

D.S.S. chiamava in giudizio davanti al Tribunale di Roma S.S..

Esponeva che la convenuta, con scrittura del 10 dicembre 2002, le aveva promesso in vendita un immobile in (OMISSIS), al prezzo complessivo di Euro 212.203,78.

Esponeva ancora che venditrice, dopo aver ricevuto la somma di Euro 30.000,00 a titolo di caparra confirmatoria e l’ulteriore somma di 80.000,00 in conto prezzo, si era resa inadempiente all’obbligo di stipulare il contratto definitivo.

Chiedeva pertanto che fosse pronunciata sentenza costitutiva di trasferimento in suo favore dell’immobile promesso in vendita, con la condanna della convenuta al risarcimento del danno.

La convenuta si costituiva e chiedeva il rigetto della domanda.

Interveniva nel giudizio in corso il coniuge dell’attrice P.A., il quale deduceva che le somme corrisposte in vista del trasferimento erano state da lui pagate.

In ragione di ciò, posto che il fatto era stato riconosciuto per iscritto dalla originaria contraente, il P. chiedeva che la sentenza di trasferimento fosse pronunciata in suo favore.

Il tribunale rigettava sia la domanda proposta dall’attrice sia la domanda proposta dal terzo interveniente.

La corte d’appello di Roma, adita dal P., confermava la decisione.

Essa osservava che non è consentito costituire, per via giudiziale, un rapporto giuridico diverso da quello voluto dalle parti con il preliminare, questo perchè la sentenza ex art. 2932 c.c. deve necessariamente riprodurre, nella forma del provvedimento giurisdizionale, il medesimo assetto di interessi contenuto nel contratto preliminare, senza possibilità di introdurvi modifiche.

La corte proseguiva rilevando che una diversa conclusione non poteva fondarsi sulla scrittura del 14 luglio 2008, con la quale la D.S. aveva riconosciuto che le somme occorrenti per l’acquisto del bene erano state versate dal P..

La stessa scrittura, infatti, non era opponibile alla promittente venditrice, terza rispetto a quanto in essa dichiarato.

Per la cassazione della sentenza P.A. ha proposto ricorso affidato a due motivi.

S.S. ha resistito con controricorso.

D.S.S. è rimasta intimata.

Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e degli artt. 115 e 116 c.p.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e 5,).

La sentenza è oggetto di censura nella parte in cui la corte di merito ha negato l’opponibilità, nei confronti della promittente venditrice, della scrittura del 14 luglio 2008 (di riconoscimento dell’avvenuto pagamento di quanto corrisposto in vista dell’acquisto da parte del P.).

Si evidenzia che la venditrice era stata resa edotta del fatto che i pagamenti erano stati eseguiti dal P. fin dal momento in cui egli era intervenuto) nel processo in corsa. In conseguenza di ciò il P. si era così sostituito o quanto meno aggiunto all’originaria parte contrattuale.

La corte non ha poi considerato che la prominente venditrice non aveva adempiuto all’obbligo, contrattualmente assunto, di presentare la lettera di assenso alla banca ai fini dell’accollo del residuo mutuo. Ciò aveva di fatto impedito all’originaria acquirente di poter dar seguito all’accollo e quindi corrispondere le rate di mutuo residue.

Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2932 c.c. e degli artt. 115 e 116 c.p.c..

Si ripropone la tesi che con la scrittura del 14 luglio 2008 il P. si era sostituito o quanto meno aggiunto alla originaria parte acquirente.

Occorreva poi considerare che il terzo, intervenendo nel giudizio, aveva espresso la volontà di versare il saldo prezzo.

Il ricorrente sostiene che, ai fini della pronuncia della sentenza ex art. 2932 c.c., ciò che è essenziale è l’identità del bene, nel senso che la pronuncia costitutiva deve riferirsi esattamente al bene oggetto del preliminare. I precedenti di legittimità richiamati dal giudice d’appello, correttamente intesi, non fornivano argomento per negare l’efficacia della modificazione soggettiva operata con la scrittura del 14 luglio 2008.

Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere rigettato per manifesta infondatezza, con la conseguente possibilità di definizione nelle forme di cui all’art. 380-bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

I motivi, da esaminare congiuntamente, sono infondati, anche se la motivazione della sentenza va in parte corretta (art. 385, comma 3, c.c.).

La ragione che impediva al P. di pretendere l’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di concludere il contratto, derivante dal preliminare intercorso con la D.S., non risiede tanto nella regola che impedisce che la sentenza costituisca un rapporto diverso da quello programmato, ma nel principio della natura personale dell’azione diretta all’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di stipulare una vendita. Essa deve essere sperimentata soltanto nei confronti di chi ha assunto l’obbligazione (Cass. n. 1233/2012; n. 1870/1963; n. 590/1962). Nello stesso tempo, stante il carattere personale dell’azione, unico soggetto legittimato ad agire per l’esecuzione in forma specifica è il promissario compratore (cfr. Cass. n. 6612/2004). Il principio è stato ripetutamente affermato da questa Corte con riferimento al preliminare stipulato da uno dei coniugi in regime di comunione legale: il coniuge che non ha partecipato al contratto preliminare di acquisto di un bene non è legittimato ad agire

o a contraddire nel successivo giudizio avente ad oggetto detto contratto (Cass. n. 4823/2006; n. 1548/2008).

La circostanza, su cui è essenzialmente fondata la censura, che la promissaria aveva riconosciuto che i pagamenti in vista dell’acquisto erano stati fatti dal P., descrive una vicenda puramente interna, inidonea a giustificare la sostituzione della originaria parte contrattuale

o l’aggiunta di un nuovo contraente. Analogamente sonipirrilevanti, ai medesimi fini, sia la conoscenza che la promittente abbia potuto avere di tale fatto, sia la disponibilità all’adempimento manifestata dal P. con l’intervento in giudizio.

La modifica soggettiva, nei termini indicati dal ricorrente, poteva avvenire solo a seguito di cessione del contratto.

Si sa che la cessione è un contratto plurilaterale, che implica il consenso del contraente ceduto. Il consenso, quando si subentra in un contratto soggetto a forma scritta (come nel caso in esame), richiede la stessa forma (Cass. n. 5244/2004).

Sono manifestamente inammissibili, fine, le ulteriori considerazioni, proposte con il ricorso, con le quali si denuncia la mancata cooperazione della promittente alienante nella presentazione della lettera di assenso per l’accollo del mutuo.

Esse riguardano infatti la originaria acquirente e non sono comunque sfociati in una specifica ragione di censura. “Il giudizio di cassazione è un giudizio a critica vincolata, nel quale le censure alla pronuncia di merito devono trovare collocazione entro un elenco tassativo di motivi, in quanto la Corte di cassazione non è mai giudice del fatto in senso sostanziale ed esercita un controllo sulla legalità e logicità della decisione che non consente di riesaminare e di valutare autonomamente il merito della causa” (Cass. n. 25332/2014; n. 6519/2010)

Il ricorso, pertanto, va rigettato, con addebito di spese.

Ci sono le condizioni per dare atto della sussistenza dei presupposti dell’obbligo del versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge; dichiara ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 6 – 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 24 settembre 2019.

Depositato in cancelleria il 17 dicembre 2019

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