Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3330 del 11/02/2011
Cassazione civile sez. trib., 11/02/2011, (ud. 04/01/2011, dep. 11/02/2011), n.3330
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D’ALONZO Michele – Presidente –
Dott. BERNARDI Sergio – rel. Consigliere –
Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –
Dott. SAMBITO Maria Giovanna Concetta – Consigliere –
Dott. COSENTINO Giuseppe Maria – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE in persona del Ministro pro
tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,
elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope
legis;
– ricorrenti –
contro
BO CARNI SRL;
– intimato –
avverso la sentenza n. 205/2002 della COMM. TRIB. REG. di NAPOLI,
depositata il 15/07/2002;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
04/01/2011 dal Consigliere Dott. SERGIO BERNARDI;
udito per il ricorrente l’Avvocato DE SOCIO, che ha chiesto
l’accoglimento;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
CICCOLO Pasquale Paolo Maria, che ha concluso per il rigetto del
ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate ricorrono con due motivi per la cassazione della sentenza della CTR della Campania che ha annullato l’avviso di rettifica Iva 1993 emesso nei confronti della Bo Carni s.p.a. Quest’ultima non si è difesa.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Rilevato che l’accertamento impugnato riportava la notazione che “ulteriori elementi e note in relazione alla violazione di cui sopra sono contenute nel p.v. di constatazione che qui si intende interamente riportato”, e che quest’ultimo documento “non risulta redatto in presenza del rappresentante della società Bo Carni s.r.l.
nè risulta portato successivamente a conoscenza della stessa società”; la CTR “preso atto della violazione dei diritti di difesa eccepita già in primo grado dalla contribuente, anche alla luce della riconferma operata dalle disposizioni di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 6” ha accolto l’appello della società ed ha annullato l’avviso di rettifica impugnato.
Col ricorso si deduce violazione dell’art. 112 c.p.c., assumendo che la questione della mancata redazione del p.v.e. in contraddittorio della società intimata non era stata da questa prospettata nè in appello nè col ricorso introduttivo del giudizio.
Il motivo è infondato, perchè la doglianza può considerarsi compresa in quella, proposta col ricorso originario, di insufficienza della motivazione dell’atto impositivo, in quanto ancorato alle risultanze di verifiche compiute presso soggetti terzi.
Col secondo motivo si lamenta falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 54 e 56 e L. n. 212 del 2000, art. 3. Si osserva che la possibilità di procedere alla rideterminazione dell’imponibile sulla base delle risultanze di ispezioni eseguite nei confronti di terzi è espressamente contemplata dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 3, disposizione che implica l’utilizzabilità dei processi verbali stilati senza la partecipazione del contribuente. E che la regola per la quale ove nella motivazione dell’accertamento sia fatto riferimento ad altro atto questo deve essere allegato all’avviso è stata introdotta, senza efficacia retroattiva, con la L. n. 212 del 2000, art. 7.
La doglianza è inammissibile.
In tema di motivazione degli atti impositivi tributari (relativi all’IVA), il regime delineato dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 56, comma 1, e dall’art. 3, comma 3, ventidue e seguenti della L. 7 agosto 1990, n. 241, anteriormente all’entrata in vigore della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7 ed alla modifica recata al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 56 dal D.Lgs. 26 gennaio 2001, n. 32, art. 2 (la fattispecie è relativa al 1998), comporta che il giudice accerti se l’atto notificato sia dotato di motivazione diretta, o autonoma, ovvero di motivazione indiretta, “per relationem”; in tale secondo caso, che sia indicato l’atto o il documento cui si rinvia per l’integrazione della motivazione e che se ne sia assicurato l’accesso L. n. 241 del 1990, ex art. 22, anche nell’ipotesi in cui l’atto o il documento fosse già stato altrimenti reso conoscibile al contribuente, senza che, pertanto, sia necessaria l’allegazione dell’atto oggetto di rinvio (Cass. 18117/2004).
Su tali principi di diritto i ricorrenti consentono, avendoli espressamente invocati a fondamento del motivo. Ma in base ad essi il motivo non può essere accolto, perchè la rilevanza della violazione di legge invocata (consistente nella affermazione che fosse stata necessaria l’allegazione all’atto di accertamento del p.v.c. richiamato) riposa sul presupposto che, nonostante la mancata allegazione, l’atto in riferimento fosse, al momento della notificazione dell’avviso impugnato, altrimenti “conosciuto o conoscibile” dalla contribuente. E ciò avrebbe richiesto la indicazione delle risultanze processuali dei presupposti di tale conoscenza o conoscibilità, sulle quali il ricorso nulla dice.
Sicchè non risulta che l’applicazione del principio di diritto invocato avrebbe condotto ad una diversa decisione: ciò che rende la doglianza inammissibile per irrilevanza.
Va dunque respinto il ricorso, senza decisione in punto spese giacchè la parte intimata non si è difesa.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 4 gennaio 2011.
Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2011