Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3329 del 12/02/2010

Cassazione civile sez. I, 12/02/2010, (ud. 10/11/2009, dep. 12/02/2010), n.3329

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITTORIA Paolo – rel. Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. NAPPI Aniello – Consigliere –

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 6752/2008 proposto da:

V.A.M. (c.f. (OMISSIS)), domiciliata in

ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato MARRA Alfonso Luigi,

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI;

– intimata –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositato il

04/05/2007;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

10/11/2009 dal Presidente Dott. PAOLO VITTORIA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO Federico, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. – V.A.M., con ricorso alla corte d’appello di Napoli depositato il 24.11.2006, ha proposto una domanda di equa riparazione per violazione del termine di ragionevole durata del processo.

L’attrice ha dedotto che un giudizio da lei iniziato davanti al T.A.R. della Campania con ricorso depositato il 21.1.2000, era ancora pendente.

La corte d’appello, con decreto 4.5.2007, ha accolto in parte la domanda.

Ha ritenuto che, rispetto ad una durata ragionevole di tre anni, il giudizio presupposto si stesse ulteriormente protraendo da 4 anni e che, dato il contenuto particolarmente modesto della L. pretesa (contributi a carico di un dipendente relativi ad appena un mese), doveva presumersi fosse stato risentito un danno non patrimoniale di assai scarso rilievo: lo ha perciò giudicato suscettibile di liquidazione nella misura complessiva di Euro 3.200,00, con gli interessi legali dalla domanda, sulla base di Euro 800,00 per ogni anno di ritardo.

Ha liquidato le spese processuali in Euro 140,00 per onorari, Euro 81,00 per diritti e Euro 24,50 per spese.

2. – V.A.M. ha chiesto la cassazione del decreto, con ricorso notificato il 5.3.2008.

La Presidenza del Consiglio non vi ha resistito.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Il ricorso contiene tredici motivi.

2. – Il primo è inammissibile.

La parte vi si limita a svolgere considerazioni d’ordine generale sui rapporti tra la disciplina dettata dalla CEDU e la normativa statale.

3. – La cassazione del decreto – con i motivi dal secondo al sesto – è chiesta, sotto due aspetti, per il vizio di violazione di norme di diritto e di difetto di motivazione (art. 360 cod. proc. civ., nn. 3 e 5, in relazione all’art. 6, par. 1 CEDU e L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2).

Questi motivi non sono fondati.

La Corte considera che, da parte del giudice di merito, uno scostamento rispetto al parametro di mille euro per anno di non ragionevole durata del processo, ma non al di sotto della soglia di 750,00 Euro, sia giustificato quando ricorrano fattori, quali ad esempio la modestia della posta in giuoco: ma ciò entro un limite dì durata del processo che non abbia superato di oltre tre anni quella ordinaria, mentre per il periodo ulteriore uno scostamento da quel più alto parametro non si giustifichi.

Questo, a meno che la presenza di specifici tratti della concreta vicenda processuale valgano a rendere plausibile la valutazione, che un tempestivo esito del giudizio rivestisse per la parte una sostanziale diversa e minore o maggiore importanza, che non nella generalità dei casi.

Tutto ciò, salvo sempre il caso che la stessa sopportazione di un pregiudizio d’ordine non patrimoniale non sia affatto da escludere, per doversi ritenere che la parte abbia agito nella piena consapevolezza del proprio torto.

Nel caso in esame, in cui il superamento del secondo triennio si è avuto per un periodo di un anno, la liquidazione di 800,00 euro per anno, anche per tale periodo, appare bilanciata dall’adozione dello stesso parametro per il periodo precedente nè appare significativo lo scarto tra l’equa riparazione riconosciuta dal giudice di merito (Euro 3.200,00) e quella che avrebbe potuto essere accordata da questa Corte (Euro 3.250,00) in base ai parametri appena indicati.

Quanto poi al mancato riconoscimento del c.d. bonus – su cui il ricorrente sì è soffermato nei motivi dal quarto al sesto – la Corte osserva che, nella determinazione del risarcimento dovuto, mentre la durata della ingiustificata protrazione del processo è un elemento obiettivo che si presta a misurare e riparare un pregiudizio non patrimoniale tendenzialmente sempre presente ed eguale, l’attribuzione di una somma ulteriore postula che nel caso concreto quel pregiudizio, a causa di particolari circostanze specifiche, sia stato maggiore.

Sicchè, quando il giudice non attribuisce il c.d. bonus e perciò nega che quello specifico pregiudizio ulteriore sìa stato sopportato, la critica del punto della decisione non può essere affidata alla sola contraria postulazione che il bonus spetta ratione materiae, era stato richiesto e la decisione negativa non è stata motivata, ma deve avere specifico riguardo alle concrete allegazioni e se del caso alle prove delle allegazioni addotte nel giudizio di merito.

Del che nei quesiti che concludono i motivi non v’è traccia.

4. – Sono invece nel loro complesso fondati i successivi motivi, che investono la liquidazione delle spese del giudizio.

Le spese del giudizio di equa riparazione avrebbero dovuto essere liquidate facendo applicazione della tariffa approvata dal D.M. 2 aprile 2004, n. 127 e, in relazione alla somma riconosciuta dovuta (Euro 3.200,00), per gli onorari, in base allo scaglione fino a Euro 5.200,000 della tabella A, quadro 4^, e per i diritti, allo scaglione da Euro 2.600,01 a Euro 5.200,00 della tabella B, quadro 1.

L’importo previsto per le sole prestazioni necessariamente inerenti al tipo di procedimento, applicando i minimi, avrebbe dovuto essere liquidato quindi, in cifra tonda, per gli onorari in Euro 450,00 (anzichè in Euro 140,00) e per diritti in Euro 380,00 (anzichè in Euro 81,00).

5. – Il ricorso è in parte accolto ed il decreto in parte cassato.

6. – La Corte ha il potere di pronunciare nel merito e così di liquidare le spese del giudizio di primo grado.

Gli onorari sono liquidati in Euro 450,00 ed i diritti in Euro 500,00 in conformità della richiesta: vi vanno aggiunte le spese nella somma, arrotondata a Euro 25,00, liquidata dalla corte d’appello.

7. – Le spese del giudizio di cassazione si possono liquidare in complessivi Euro 600,00, di cui Euro 500,00 per onorari di avvocato.

In ragione del solo parziale e limitato accoglimento del ricorso, vanno dichiarate compensate nella misura di 2/3.

8. – A tutte le spese sono aggiunti il rimborso forfetario delle spese generali e gli accessori di legge.

Di tutte è ordinata la distrazione in favore dell’avvocato Luigi Alfonso Marra, che ha dichiarato d’aver anticipato le spese e non percepito gli onorari.

P.Q.M.

La Corte accoglie in parte il ricorso, cassa in relazione il decreto impugnato e pronunciando nel merito condanna la Presidenza del Consiglio dei Ministri a pagare ad V.A.M. la somma di Euro 975,00 a titolo di spese del giudizio di primo grado; la condanna inoltre al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate per l’intero in Euro 600,00, di cui Euro 500,00 per onorari, e dichiarate compensate per due terzi; tutte le spese del giudizio sono maggiorate del rimborso forfetario delle spese generali e degli accessori di legge e ne è ordinata la distrazione a favore dell’avvocato Alfonso Luigi Marra.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 10 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 12 febbraio 2010

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