Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33289 del 17/12/2019

Cassazione civile sez. VI, 17/12/2019, (ud. 23/10/2019, dep. 17/12/2019), n.33289

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Presidente –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20912-2018 proposto da:

CUMA SUD SRL, (già CUMA SUD SPA), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

OTTAVIANO 42, presso lo studio dell’avvocato BRUNO LO GIUDICE,

rappresentata e difesa dall’avvocato GIUSEPPE SERA;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI, (OMISSIS), in persona del

Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 76/26/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della CAMPANIA, depositata il 09/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 23/10/2019 dal Presidente Relatore Dott. ROBERTO

GIOVANNI CONTI.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

La CTR Campania, decidendo in sede di rinvio, sulla base della sentenza n. 13773/2016 resa da questa Corte, accolse il ricorso in appello dell’Agenzia delle dogane, riformando la sentenza di primo grado che aveva annullato l’avviso di accertamento notificato alla società CU.MA. Sud spa, relativo alla rettifica di alcune operazioni di importazione effettuate negli anni 2007/2008 per le quali l’Ufficio aveva ritenuto di annullare l’esenzione dal pagamento dei dazi antidumping concesso alla società Niang Pipe Fitting Co.Ltd. con sede in (OMISSIS), provenendo le esportazioni in realtà dalla Cina. Secondo il giudice del rinvio, per quel che qui ancora rileva, doveva escludersi l’esistenza di un errore attivo da parte dell’amministrazione tale da potere giustificare la buona fede della società ricorrente ai sensi del Reg. CE n. 2913/92/CEE, art. 220, par. 2, lett. b), derivando dalle dichiarazioni inesatte dell’esportatore che l’ufficio non aveva l’obbligo di verificare, non potendosi ravvisare alcun legittimo affidamento avendo la scietà esportatrice fornito le informazioni errate.

La società Cuma Sul s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, al quale ha resistito l’Agenzia delle dogane con controricorso.

La ricorrente prospetta la violazione del Reg. CEE n. 2913/92/CEE, art. 220. Non sarebbe infatti stato considerato che la conoscenza da parte delle autorità taiwanesi dell’ispezione dell’OLAF presso la Niang Hong e l’emissione da parte delle stesse autorità dei certificati di origine per le esportazioni della detta società era in grado di elidere la responsabilità della Cuma, essendosi in presenza di un errore attivo.

La censura è infondata.

La doglianza, invero, nemmeno ponendo in discussione la correttezza dell’affermazione in diritto espressa dalla CTR richiamando la sentenza della Cassazione che aveva cassato con rinvio la decisione precedentemente resa dalla CTR – in ordine alle caratteristiche dell’errore attivo idoneo a costituire causa di giustificazione in favore del soggetto che riceve le importazioni provenienti dall’estero sulla base di certificazioni non veritiere, prospetta un error iuris insussistente, avendo la sentenza impugnata pienamente applicato i principi giurisprudenziali espressi da questa Corte in sede di annullamento con rinvio tanto all’insussistenza di un errore attivo da parte dell’autorità doganale per i casi in cui la non veridicità dei certificati di esportazione non poteva gravare sull’autorità doganale perchè derivante da dichiarazioni irregolari dell’esportatore, non tenuta alla verifica di conformità, quanto sull’accertata inesattezza, riscontrata dell’autorità comunitaria, delle dichiarazioni di origine rese della società produttrice sulla base delle indagini OLAF.

Allegazione dalla quale derivava, come puntualmente acclarato dalla CTR, l’onere dell’importatore di sopportare la falsità delle certificazioni emesse dall’esportatore.

Sulla base di tali considerazioni, idonee a conclamare l’infondatezza della censura esposta, il ricorso va rigettato.

Le spese seguono la soccombenza.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio che liquida in favore dell’Agenzia delle dogane in Euro 6.000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 23 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 dicembre 2019

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