Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33287 del 17/12/2019

Cassazione civile sez. VI, 17/12/2019, (ud. 23/10/2019, dep. 17/12/2019), n.33287

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Presidente –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16928-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI, (OMISSIS), in persona del

Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso FAVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

S.D., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DEL

POLICLINICO 131 presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI ACIERNO,

rappresentata e difesa dall’avvocato BARBARA BOCCIA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 10154/24/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di NAPOLI, depositata l’01/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 23/10/2019 dal Presidente Relatore Dott. ROBERTO

GIOVANNI CONTI.

Fatto

FATTI E RAGIONI DELLA DECISIONE

La CTR della Campania, con sentenza indicate in epigrafe, respingeva l’appello proposto dall’Agenzia delle dogane avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso proposto da S.D. avverso l’avviso di rettifica relativo ad operazioni doganali relative all’anno 2009 con riferimento ad importazioni effettuate dalla società Ming Ming De.

Il giudice di appello riteneva inapplicabile la proroga della prescrizione triennale prevista dal D.P.R. n. 43 del 1973, art. 84, non essendo stata fornita alcuna prova dall’ufficio circa l’esistenza di una notitia criminis concernente l’operazione doganale oggetto dell’atto impositivo nè relativa al coinvolgimento della dittas Ming Ming De srl., non potendo nemmeno considerarsi la integrazione della notizia di reato trasmessa solo il 28.3.2014, dopo ben 5 anni della definizione dell’operazione doganale.

L’Agenzia delle dogane ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, al quale ha resistito S.D. con controricorso, eccependo l’inammissibilità del ricorso per riproduzione pedissequa degli atti processuali di merito, mancanza di specificità dei motivi, mancanza di sottoscrizione del ricorso per cassazione in forma digitale, l’inammissibilità per la notifica in via pec di ricorso cartaceo, e l’infondatezza nel merito del ricorso.

Con la censura proposta l’Agenzia delle dogane prospetta la violazione del D.Lgs. n. 374 del 1990, artt. 9-11, del Reg. CE n. 2913 del 1992, art. 221, D.P.R. n. 43 del 1972, art. 84. La CTR avrebbe omesso di considerare che ai fini della proroga del termine triennale di prescrizione sarebbe necessaria unicamente l’esistenza di una fattispecie prevista come reato dal diritto penale nazionale e la comunicazione di notizia di reato entro il termine triennale dalla contabilizzazione o dall’esigibilità dell’obbligazione doganale, non esigendosi che azioni giudiziarie repressive siano effettivamente avviate dalle autorità penali. Il giudice di merito, pertanto, avrebbe omesso di considerare che rispetto all’operazione doganale del settembre 2009 era intervenuta una notitia criminis del 30.11.2010 – concernente condotte criminose commesse nell’anno 2009 – a nulla rilevando il successivo proscioglimento della S..

Il ricorso, ritualmente proposto a mezzo pec, al quale è seguita la costituzione della controricorrente – alla stregua dei principi espressi dalle Sezioni Unite di questa Corte – Cass., S.U., n. 8312/2019, Cass., S.U., n. 22438/2018 -, in modo pienamente lineare rispetto alle previsioni codicistiche di cui all’art. 366 c.p.p., in tema di esposizione dei fatti, specificità dei motivi e di precisazione dell’oggetto del ricorso, lo stesso è infondato.

Giova premettere che il TULD, art. 84, prevedeva che “l’azione dello Stato per la riscossione dei diritti doganali si prescrive nel termine di cinque anni” (comma 1), e che “qualora il mancato pagamento, totale o parziale, dei diritti abbia causa da un reato, il termine di prescrizione decorre dalla data in cui il decreto o la sentenza, pronunciati nel procedimento penale, sono divenuti irrevocabili” (comma 3). Tale termine è stato ridotto da cinque a tre anni per effetto della L. 29 dicembre 1990, n. 428, art. 29, applicabile ai diritti doganali sorti successivamente alla data di entrata in vigore di tale norma, fissata al 1 maggio 1991. Secondo la giurisprudenza di questa Corte il termine decorre dalla data in cui è divenuta irrevocabile la pronuncia nel giudizio penale, qualunque ne sia il contenuto, e quindi anche nel caso in cui il reato sia stato dichiarato estinto per prescrizione (Cass. nn. 30710/11; 8139/1990, 20513/2006, 6820/2009).

Va aggiunto che il Reg. CEE del Consiglio 24 luglio 1979, n. 1697 del 1979, prevedeva il termine di prescrizione di tre anni per azione di recupero a posteriori dei dazi all’importazione o all’esportazione non riscossi, decorrente dalla data di contabilizzazione dell’importo originariamente richiesto al debitore ovvero, se non vi è stata contabilizzazione, a decorrere dalla data in cui è nato il debito doganale (art. 2). A fronte di siffatta regola generale l’art. 3, ha previsto che detto termine “non è applicabile qualora le autorità competenti accertino di non aver potuto determinare l’importo esatto dei dazi (….) legalmente dovuti per la merce in questione, a causa di un atto passibile di un’azione giudiziaria repressiva. In questo caso, l’azione di recupero delle autorità competenti si esercita conformemente alle disposizioni vigenti in materia negli Stati membri”.

La giurisprudenza comunitaria ha poi chiarito che, ai fini dell’applicazione dell’eccezione prevista dal cit. Reg. n. 1697 del 1979, art. 3, la norma non esige che azioni giudiziarie repressive siano effettivamente avviate dalle autorità penali dello Stato membro; ragion per cui la qualificazione di un atto come “passibile di un’azione giudiziaria repressiva” rientra nella competenza delle autorità doganali che devono stabilire l’importo esatto dei dazi di cui trattasi (Corte di Giustizia, sentenza 18 dicembre 2007 in causa C62/06, Fazenda Publicà).Successivamente, l’art. 221 codice doganale, nn. 3 e 4, (Reg. CEE del Consiglio n. 2913 del 1992, come modificato dal Reg. CE del Parlamento Europeo e del Consiglio n. 2700 del 2000) ha stabilito che: “3. La comunicazione al debitore non può più essere effettuata tre anni dopo la data in cui è sorta l’obbligazione doganale. Detto termine è sospeso a partire dal momento in cui è presentato un ricorso a norma dell’art. 243 e per la durata del relativo procedimento. 4. Qualora l’obbligazione doganale sorga a seguito di un atto che era nel momento in cui è stato commesso perseguibile penalmente- formula, quest’ultima che ha sostituito quella di “perseguibile a norme di legge” anteriore alla modifica adottata dal Reg. CE n. 2700 del 2000 -, la comunicazione al debitore può essere effettuata, alle condizioni previste dalle disposizioni vigenti, dopo la scadenza del termine di cui al paragrafo 3″.

Orbene, la giurisprudenza della sezione quinta di questa Corte, superando l’indirizzo espresso da alcune pronunzie di segno contrario (Cass. n. 11932/2012) è andata progressivamente assestandosi nel senso di ritenere che in tema di tributi doganali, l’azione di recupero “a posteriori” dei dazi all’importazione o all’esportazione può essere avviata dopo la scadenza del termine di tre anni dalla data di contabilizzazione dell’importo originariamente richiesto quando la mancata determinazione del dazio sia avvenuta a causa di un atto perseguibile penalmente – a prescindere dall’esito – di condanna o assolutorio – del giudizio – purchè sia trasmessa, nel corso del termine di prescrizione e non dopo la sua scadenza, la “notizia criminis”, primo atto esterno prefigurante il nodo di commistione tra fatto reato e presupposto di imposta, destinato ad essere sciolto all’esito del giudizio penale – cfr. Cass. n. 5384/2012; Cass. n. 14016/2012, Cass. n. 8046/13; Cass. n. 8322/2013; Cass. 8708 /2013, Cass. n. 24674/2015, Cass. n. 12074/2016, Cass. n. 26045/2016, Cass. n. 615/2018, Cass. n. 24513/2018 -.

Non si è poi mancato di precisare che lo spostamento in avanti della decorrenza del termine di prescrizione, accordato dal TULD, art. 84, comma 3, può operare, per evitare la compromissione della certezza dei rapporti giuridici, solo a condizione che, entro il termine originario (nella fattispecie, come detto, quello quinquennale), la notitia criminis – primo atto esterno che prefigura il nodo di commistione tra fatto reato e presupposto d’imposta destinato ad essere sciolto all’esito del giudizio penale – sia trasmessa dall’Amministrazione all’autorità giudiziaria, altrimenti il termine di recupero dei dazi sarebbe privo di riferimenti temporali e, quindi, dilatabile all’infinito – cfr. Cass. n. 30710/2011-.

Tale ultimo principio assume peculiare rilevanza ai fini della decisione, poichè la ricorrente non ha contestato specificamente la motivazione della sentenza impugnata nella quale si è ritenuto che la comunicazione dell’anno 2009 non contenesse alcun riferimento all’operazione doganale (OMISSIS) oggetto della contestazione esposta nell’atto di accertamento, avendo la CTR sottolineato che solo nell’integrazione intervenuta nel corso dell’anno 2014 si era fatto riferimento alla predetta operazione.

Orbene, se è senz’altro nel vero l’Agenzia ricorrente laddove afferma che ai fini della sospensione del termine di prescrizione non occorre in alcun modo che l’originaria ipotesi delittuosa esposta nella comunicazione di reato venga successivamente accertata come fondata dall’autorità giudiziaria, non è nemmeno revocabile in dubbio che in tanto possa ammettersi la sospensione del corso della prescrizione, in quanto vi sia un collegamento specifico fra il fatto oggetto della contestazione sul piano doganale e quello ipotizzato come suscettibile di approfondimento a livello penale.

L’assenza di tale nesso di collegamento, nel caso di specie ritenuto dalla CTR sulla base di una verifica fattuale insuscettibile di censure in sede di legittimità correlata al fatto che la notitia criminis considerata dall’Agenzia non si riferiva alle operazioni doganali oggetto della rettifica nè alla società Ming Ming De impedisce, proprio per le considerazioni fatte proprie dalla giurisprudenza di questa Corte, della Corte di giustizia e della Corte costituzionale – cfr. Corte Cost. n. 247/2011 -, di giustificare la sospensione al di fuori delle ipotesi di individuazione della condotte oggetto di accertamento ai fini doganali come rilevanti sul piano penale alla stregua della comunicazione di reato, altrimenti giungendosi ad una indifferenziata estensione del termine di prescrizione anche per condotte che non sono state individuate come oggetto di necessario approfondimento sul versante penale, così tradendo la ratio della disciplina normativa in materia.

Sulla base di tali considerazioni, il ricorso va rigettato.

Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio che liquida in favore della controricorrente in Euro 1.500,00 per compensi, oltre spese generali nella misura del 15% dei compensi.

Così deciso in Roma, il 23 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 dicembre 2019

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