Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33264 del 17/12/2019

Cassazione civile sez. VI, 17/12/2019, (ud. 10/10/2019, dep. 17/12/2019), n.33264

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17137-2018 proposto da:

M.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

FABRIZIO MOBILIA;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 1473/10/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della SICILIA SEZIONE DISTACCATA di MESSINA, depositata il

19/04/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 10/10/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO

GIOVANNI CONTI.

Fatto

FATTI E RAGIONI DELLA DECISIONE

La CTR della Sicilia, con la sentenza indicata in epigrafe, rigettava l’appello proposto da M.G., confermando la sentenza di primo grado che, nel riconoscere il diritto al rimborso della tassa di concessione indebitamente versata per il rilascio del porto d’armi, non aveva provveduto sulla richiesta di interessi, liquidando le spese del giudizio di primo grado in Euro 100,00.

Il M. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, al quale l’Agenzia delle entrate non ha fatto seguire atto di costituzione.

Con il primo motivo si deduce la violazione dell’art. 1124 c.c.. La CTR, escludendo che il giudice di primo grado dovesse provvedere sulla richiesta di interessi relativi alla somma indebitamente versata dal contribuente e riconosciuta come dovuta dallo stesso giudice, spettando gli accessori ex lege e dovendo l’amministrazione provvedere in sede di rimborso, avrebbe adottato una sentenza errata in diritto e con motivazione apparente.

La censura è manifestamente fondata. Ha infatti errato il giudice di appello nell’escludere che il giudice di primo grado, al quale era stato richiesta con autonoma domanda la condanna dell’ufficio al pagamento degli interessi legali relativi alla somma capitale indebitamente versata, non era tenuto a provvedere sulla domanda spettando gli interessi ex lege.

E’ evidente, infatti, che a fronte della richiesta specificamente avanzata dalla parte relativa ad un accessorio del credito, il giudice di merito ha ritenuto erroneamente di non dovere statuire su un accessorio del credito, non potendosi dubitare che nell’ipotesi di ritardato adempimento di un’obbligazione pecuniaria, gli interessi legali costituiscono distinte voci sulle quali, pertanto, il giudice è tenuto a provvedere.

Parimenti fondato è il secondo motivo di ricorso, con il quale il ricorrente deduce la violazione dell’art. 91 c.p.c., e della L. n. 794 del 1942, art. 24, nonchè del D.M. Giustizia n. 127, non avendo la CTR provveduto analiticamente ad esaminare le voci di tariffa e le spese indicate nella nota spese prodotta con l’atto di appello (riportata ai fini dell’autosufficienza in sede di ricorso per cassazione) a sostegno della censura relativa al capo delle spese liquidate dalla CTP in modo globale, disattendendo la nota spese depositata il 17.4.2008.

Ed invero, questa Corte è ferma nel ritenere che in tema di spese giudiziali, il giudice deve liquidare in modo distinto spese ed onorari, in relazione a ciascun grado del giudizio, per consentire alle parti di controllare i criteri di calcolo adottati e, in presenza di una nota spese specifica prodotta dalla parte vittoriosa, non può rideterminare globalmente i compensi in misura inferiore a quelli esposti, ma deve motivare adeguatamente l’eliminazione o la riduzione delle singole voci – cfr. Cass. n. 18905/2017 -.

Ha quindi errato la CTR nel rigettare l’impugnazione sul punto proposta dal M. con la motivazione “del pari infondato è l’altro motivo del ricorso, in quanto la quantificazione delle spese processuali è adeguata rispetto al valore del contenzioso ed all’attività processuale espletata”.

Sulla scorta di tali considerazioni, in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio ad altra sezione della CTR Sicilia anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della CTR Sicilia anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 10 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 dicembre 2019

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