Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33260 del 21/12/2018

Cassazione civile sez. trib., 21/12/2018, (ud. 18/10/2018, dep. 21/12/2018), n.33260

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – rel. Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello M. – Consigliere –

Dott. PERINU Renato – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 1271/2012 R.G. proposto da:

C.S., rappresentata e difesa dall’avv. Valerio Di Gravio,

elettivamente domiciliata presso il suo studio in Roma, via Pinciana

n. 25.

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio

legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato.

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Toscana, sezione n. 24, n. 5/24/11, pronunciata il 15/10/2010,

depositata il 14/01/2011.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18 ottobre

2018 dal Consigliere Riccardo Guida.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con due distinti avvisi di accertamento, uno relativo all’anno d’imposta 2003, l’altro relativo al 2004, l’Agenzia delle entrate recuperò a tassazione, ai fini IRPEF, maggiori redditi non dichiarati da C.S. derivanti dagli assegni di mantenimento cui era tenuto, nei suoi confronti, il coniuge separato.

La contribuente impugnò entrambi gli atti impositivi sostenendo di non avere percepito il mantenimento; il giudice di primo grado rigettò la domanda.

La parte soccombente propose appello limitatamente alla decisione di primo grado riguardante all’atto impositivo relativo al 2004, in quanto, nel primo giudizio, l’Ufficio aveva prodotto la dichiarazione, acquisita in sede di controllo formale della dichiarazione dei redditi del marito separato, sottoscritta dalla stessa beneficiaria che confermava che, nel 2003, aveva ricevuto dal coniuge Euro 30.600,00 a titolo di mantenimento.

La Commissione tributaria regionale della Toscana (in seguito: CTR), con la sentenza impugnata, ha confermato la sentenza di primo grado, sfavorevole alla contribuente.

La CTR premette che, in diritto tributario, i crediti per redditi d’impresa, di lavoro dipendente e di lavoro autonomo, si possono portare in deduzione solo se si fornisce la prova che essi non sono più recuperabili.

Soggiunge che la ricorrente si è limitata ad affermare che era onere dell’Ufficio dimostrare l’avvenuta riscossione, da parte della stessa contribuente, degli assegni di mantenimento a carico del coniuge separato.

In conclusione, afferma l’illegittimità di una simile inversione dell’onere della prova.

Per la cassazione ricorre la contribuente, sulla base di cinque motivi, cui l’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Primo motivo di ricorso: “Violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 8,9,101, comma 5, (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”.

Si denuncia l’errore di diritto della sentenza impugnata che avrebbe impropriamente esteso alla determinazione dei redditi delle persone fisiche il principio, valido per le società e gli enti commerciali, secondo cui le perdite su crediti sono deducibili soltanto se risultano da elementi certi e precisi.

1.1. Il motivo è fondato.

Osserva la Corte che la CTR, senza fornire alcuna spiegazione delle ragioni del proprio convincimento, ha erroneamente esteso al reddito delle persone fisiche il criterio di determinazione della base imponibile riguardante le società e gli enti commerciali residenti dettato dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 101, comma 5, in virtù del quale le perdite su crediti sono deducibili se risultano da elementi certi e precisi e, in ogni caso, se il debitore è assoggettato a procedure concorsuali.

Un simile principio, però, non trova applicazione per la determinazione dei redditi delle persone fisiche che sono tassabili unicamente se percepiti nel periodo d’imposta.

2. Secondo motivo: “Violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”.

Si deduce l’errore di diritto della sentenza impugnata che avrebbe attribuito alla contribuente l’onere di dimostrare la mancata percezione degli assegni di mantenimento, anzichè affermare che grava sull’Amministrazione finanziaria l’onere della prova circa l’esistenza degli elementi costitutivi della maggiore pretesa tributaria azionata.

2.1. Il motivo è fondato.

Il fulcro del ragionamento della CTR sta in ciò, che, avendo l’Amministrazione finanziaria dimostrato che la contribuente vantava un credito nei confronti del coniuge separato, suscettibile d’incrementare i suoi redditi del 2004, sarebbe stato onere di quest’ultima dimostrare di non avere riscosso il credito, poichè, per converso, a giudizio della Commissione regionale: “avrebbe effetti devastanti per tutto il sistema tributario” (cfr. pag. 3 della sentenza), ipotizzare che gravi sull’Erario l’onere di dimostrare che quello stesso credito è stato soddisfatto.

Un simile assunto non è conforme all’indirizzo della Corte, al quale s’intende dare continuità, secondo cui: “In tema di accertamento delle imposte sui redditi, spetta all’Amministrazione finanziaria dimostrare i fatti costitutivi della maggiore pretesa tributaria azionata, fornendo la prova di elementi e circostanze a suo avviso rivelatori dell’esistenza di un maggior reddito, mentre è onere del contribuente, il quale intenda contestare la capacità dimostrativa di quei fatti, oppure sostenere l’esistenza di circostanze modificative o estintive dei medesimi, dimostrare a sua volta gli elementi sui quali le sue eccezioni si fondano.” (Cass. 11/06/2009, n. 13509).

In altri termini, grava sull’Amministrazione finanziaria l’onere di dimostrare (anche avvalendosi di presunzioni) l’esistenza del maggiore reddito non dichiarato; solo in un secondo momento, ossia dopo che l’Ufficio ha dimostrato il maggiore reddito, il contribuente, che intenda neutralizzare l’altrui pretesa creditoria, è tenuto a fornire la prova dell’esistenza di fatti impeditivi, modificativi o estintivi del petitum.

Nella specie la CTR non ha fatto corretta applicazione di tale principio di diritto poichè essa, in sostanza, ha illegittimamente posto a carico della contribuente l’onere di provare la mancata percezione del maggiore reddito, pur in difetto della preventiva dimostrazione, da parte dell’Ufficio, della sussistenza dei fatti costitutivi della (maggiore) pretesa tributaria.

A tale proposito si osserva che la CTR non ha individuato alcuna concreta e obiettiva conferma della percezione, da parte della contribuente, dell’assegno di mantenimento, anche in considerazione del fatto che dalla sentenza impugnata non risulta, in termini univoci, che, nel corso del giudizio, sia stato acquisito un documento dell’anagrafe tributaria attestante l’avvenuta deduzione, da parte del coniuge obbligato, dell’assegno di mantenimento, nella propria dichiarazione dei redditi.

3. Terzo motivo: “Insufficiente motivazione in ordine ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”.

La ricorrente lamenta il vizio dello sviluppo argomentativo della sentenza impugnata che non avrebbe adeguatamente supportato le proprie conclusioni in tema di riparto, tra Erario e contribuente, dell’onere della prova in caso di maggiore pretesa tributaria.

4. Quarto motivo: “Insufficiente motivazione in ordine ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”.

Un altro rilievo critico si appunta contro il passo della motivazione della decisione impugnata secondo cui risultava dall’anagrafe tributaria che il coniuge separato della contribuente avesse dedotto dal proprio reddito l’assegno di mantenimento dovuto alla moglie.

In tal modo, secondo la prospettazione difensiva, la CTR avrebbe violato l’art. 115 c.p.c., in virtù del quale il giudice deve porre a base della decisione solo i fatti provati o ammessi, e non certo quelli privi di dimostrazione, come la mera allegazione, da parte dell’Ufficio, che il coniuge della contribuente avesse detratto, nella dichiarazione dei redditi del 2004, gli assegni di mantenimento asseritamente corrisposti alla moglie.

5. Quinto motivo: “Nullità della sentenza ed error in procedendo per violazione dell’art. 115 c.p.c. (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4)”.

L’ultima censura riguarda l’error in procedendo della sentenza della CTR che avrebbe fondato la decisione, come suaccennato, su una circostanza la deduzione, dai redditi del 2004, da parte del coniuge della contribuente, dell’assegno di mantenimento dovuto alla moglie -, meramente dedotta dall’Ufficio e priva di riscontro probatorio, posto che in giudizio non era stata acquisita la dichiarazione dei redditi del coniuge.

6. Gli altri motivi sono assorbiti per effetto dell’accoglimento del primo e del secondo mezzo.

7. In definitiva, accolti il primo e il secondo motivo e assorbiti il terzo, il quarto e il quinto motivo, la sentenza va cassata, con rinvio alla CTR, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo e il secondo motivo; dichiara assorbiti il terzo, il quarto e il quinto motivo; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Toscana, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 18 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2018

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