Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33256 del 21/12/2018

Cassazione civile sez. trib., 21/12/2018, (ud. 18/10/2018, dep. 21/12/2018), n.33256

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – rel. Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello M. – Consigliere –

Dott. PERINU Renato – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

AGENZIA delle ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12 presso gli

uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato dalla quale è

rappresentata e difesa.

– ricorrente –

contro

COSTA CARROZZERIA S.r.l., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via Banco di Santo

Spirito presso lo studio dell’Avv. Augusto D’Ottavi e rappresentata

e difesa dall’Avv. Mauro Ferrando per procura a margine del

controricorso.

-contro ricorrente-

per la cassazione della sentenza n. 81/7/11 della Commissione

tributaria regionale della Liguria, depositata il 31-05-2011.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

18 ottobre 2018 dal relatore Cons. Roberta Crucitti.

Fatto

RILEVATO

che:

1. nella controversia avente ad oggetto l’impugnazione da parte della Costa Carrozzeria s.r.l. di avviso di accertamento relativo a IRES, IVA e IRAP dell’annualità 2005, l’Agenzia delle entrate ricorre su tre motivi, nei confronti della Società, che resiste con controricorso, avverso la sentenza, indicata in epigrafe, con cui la Commissione tributaria regionale della Liguria, ne aveva rigettato l’appello avverso la decisione di primo grado che aveva annullato l’accertamento;

2. in particolare, il Giudice territoriale ha ritenuto che non sussistessero elementi per procedere ad un accertamento D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39, e ciò in quanto, da un lato, le fatture attive erano state formate con il rispetto del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 21, n. 2, lett. b e, dall’altro, il fatto che il partitario presentasse saldi negativi non era indizio di irregolarità;

3. il ricorso è stato fissato in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375, comma 2, e dell’art. 380 bis 1 c.p.c., introdotti dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1 bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 25 ottobre 2016, n.,197;

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. va respinta l’eccezione, sollevata dalla controricorrente, di inammissibilità del ricorso, il quale, al contrario, appare sufficientemente specifico e rispondente ai dettami di cui all’art. 366 c.p.c.;

2. con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione o falsa applicazione di norme di diritto in relazione al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, laddove la C.T.R. aveva ritenuto irrilevante la sussistenza di un saldo negativo della cassa malgrado il contrario orientamento di questa Corte la quale, invece, aveva affermato che la chiusura in rosso di un conto di cassa può ben significare l’esistenza di ricavi non registrati;

3. con il secondo motivo si deduce, in subordine al primo motivo, l’insufficienza della motivazione laddove la C.T.R. si era limitata a ritenere il saldo negativo di cassa indizio insufficiente;

4. la Società in controricorso ha eccepito l’inammissibilità delle censure in quanto presupponenti un fatto (i saldi negativi di cassa) che non aveva formato oggetto di contestazione nell’avviso di accertamento, ma che era stato introdotto irritualmente, per la prima volta, con l’atto di appello;

4.1. tale eccezione è smentita dagli atti risultando (per come trascritto, in ossequio al principio di autosufficienza, in seno al ricorso) che la contestazione relativa al partitario di cassa era già contenuta nel p.v.c., con la conseguenza che trattasi di mera difesa, consentita senza preclusioni processuali;

5. ciò posto, la censura articolata con il primo motivo è fondata con assorbimento del secondo, formulato in subordine;

5.1. costituisce, invero, consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Corte (v. Cass. n. 27585 del 20/11/2008) costantemente ribadito (v. di recente Cass. n. 25289 del 25/10/2017) che “in tema di accertamento induttivo del reddito d’impresa ai fini IRPEG ed ILOR, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, la sussistenza di un saldo negativo di cassa, implicando che le voci di spesa sono di entità superiore a quella degli introiti registrati, oltre a costituire un’anomalia contabile, fa presumere l’esistenza di ricavi non contabilizzati in misura almeno pari al disavanzo”;

6. con il terzo motivo si deduce, infine, la violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 21, laddove il Giudice di merito aveva ritenuto le fatture attive conformi al disposto della norma indicata in rubrica, mentre le stesse mancavano di indicazioni necessarie ai fini del controllo fiscali, quali ad esempio, le ore di manodopera impiegata e gli altri elementi indispensabili per la determinazione dell’imponibile;

6.1. le prescrizioni recate dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 21, comma 2, n. 2, sotto l’intitolazione “Fatturazione delle operazioni” (“Per ciascuna operazione imponibile deve essere emessa una fattura, anche sotto forma di nota, conto, parcella e simili. La fattura si ha per emessa all’atto della sua consegna o spedizione all’altra parte. La fattura deve essere datata e numerata in ordine progressivo e deve contenere le seguenti indicazioni:… 2) natura, qualità e quantità dei beni e dei servizi formanti oggetto dell’operazione”) rispondono ad oggettiva finalità di trasparenza e di conoscibilità essendo funzionali a consentire l’espletamento delle attività di controllo e verifica da parte dell’amministrazione finanziaria e, segnatamente, in questa ottica, a consentire l’esatta e precisa identificazione dell’oggetto della prestazione da indicarsi specificandone natura, qualità e quantità;

6.2. alla luce del chiaro dettato normativo e della ratio allo stesso sottesa, questa Corte (Cass.n.21980 del 28 ottobre 2015) ha statuito che “un’indicazione generica dell’operazione fatturata – che, come nella specie, accorpi indistintamente in un’unica descrizione attività assai disparate sotto il profilo del loro contenuti, spaziando da attività materiali (trasporto e magazzinaggio), ad attività d’ordine (tenuta contabilità), ad attività a più alto contenuto di professionalità (promozione vendite) e ad attività del tutto generiche (servizi professionali e marketing) – non soddisfa le finalità conoscitive che la norma intende assicurare”;

6.3. nel caso in esame, la sentenza impugnata ha testualmente argomentato che: per l’osservanza di tale disposizione, nel caso di riparazione di autovetture sinistrate, è necessario descrivere sommariamente l’attività prestata a favore del cliente, cioè la descrizione della riparazione, ma non certo dettagli come richiesto dall’Ufficio, riscontrabili unicamente in una scheda di lavorazione ad uso interno;

6.4. secondo la prospettazione difensiva della ricorrente, la Commissione regionale, con tale argomentazione, avrebbe fatto erronea applicazione della norma citata in quanto, come rilevato dai funzionari, le fatture attive riportavano solamente la tipologia e l’imposta addebitata a fronte dei prezzi di ricambio impiegati nella riparazione, mentre nelle stesse non veniva riportato il dettaglio delle ore impiegate per la riparazione, la quota oraria della manodopera e l’ammontare relativo al materiale di consumo impiegato;

6.5.1a censura è inammissibile; invero, il Giudice di merito ha correttamente applicato la norma invocata come interpretata da questa Corte, ritenendo che gli elementi indicati in fattura fossero sufficienti a definire compiutamente la natura, la quantità e qualità dei beni e dei servizi forniti, con accertamento in fatto non attinto con il ricorso, onde il mezzo di impugnazione nei termini in cui è formulato tende inammissibilmente, sotto l’egida della violazione di legge, ad una diversa, inammissibile, ricostruzione in fatto;

7. alla luce delle considerazioni sin qui svolte, in accoglimento del primo motivo, assorbito il secondo e dichiarato inammissibile il terzo, la sentenza impugnata va cassata, nei limiti del motivo accolto, con rinvio alla C.T.R. della Liguria anche per il regolamento delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo;

dichiara assorbito il secondo e inammissibile il terzo;

cassa, nei limiti del motivo accolto, la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Liguria, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 18 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2018

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