Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33253 del 16/12/2019

Cassazione civile sez. VI, 16/12/2019, (ud. 05/11/2019, dep. 16/12/2019), n.33253

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30152-2018 proposto da:

O.J., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

FEDERICO TIBALDO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO

DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI MILANO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 775/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 14/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 05/11/2019 dal Consigliere Relatore Dott. CAMPESE

EDUARDO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Milano, con la sentenza n. 775 del 2018, respinse l’appello di O.J., cittadino della Nigeria, contro l’ordinanza del tribunale di quella stessa città, del 12 febbraio 2016, reiettiva della sua domanda volta ad ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato, oppure della protezione sussidiaria o di un permesso di soggiorno per motivi umanitari.

1.1. In particolare, quella corte, evidenziato che, nel corso del giudizio di primo grado, l’appellante era stato ascoltato alla presenza di un interprete in merito alle ragioni che lo avevano indotto ad espatriare, ritenne insussistenti le condizioni per il riconoscimento della protezione come da lui invocata.

2. Avverso detta sentenza O.J. propone ricorso per cassazione formulando due motivi, mentre il Ministero degli Interni non ha spiegato difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Rileva, pregiudizialmente, il Collegio che l’odierno ricorso risulta essere stato notificato al Ministero dell’Interno presso l’Avvocatura distrettuale di Milano, e non presso l’Avvocatura Generale dello Stato. Trattasi di notificazione evidentemente nulla (Elr. Cass. n. 20890 del 2018; Cass., SU, n. 608 del 2015), della quale, però, non vi è necessità di disporre la rinnovazione rivelandosi, prima facie, il medesimo ricorso palesemente inammissibile (cfr. Cass. n. 12515 del 2018).

2. Invero, con il primo motivo, rubricato “Violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione e falsa applicazione di norme di diritto”, si ascrive alla corte milanese di non aver fatto corretta applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, comma 1, lett. c), posto che nell’atto di gravame era stata ben descritta la minaccia grave ed individuale alla vita o alla persona di un civile derivante dalla violenza indiscriminata in situazione di conflitto armato interno oppure internazionale.

2.1. Una siffatta censura è inammissibile, per come concretamente prospettata, non solo perchè, in evidente violazione del principio di autosufficienza del ricorso, non riporta minimamente il contenuto dell’atto di appello sullo specifico punto, ma nemmeno si confronta con le peculiari argomentazioni utilizzate dalla corte distrettuale per disattendere le richieste in quella sede ribadite dall’odierno ricorrente.

3. Il secondo motivo, rubricato “Violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 per nullità della sentenza impugnata”, lamenta la mancata traduzione della sentenza della corte milanese nella lingua madre del ricorrente, con asserito pregiudizio del suo diritto di difesa.

3.1. Tale doglianza è manifestamente inammissibile, atteso che, pure a volersi sottacere la circostanza che la formulazione del primo motivo lascia logicamente intendere che siano state comprese dall’ O. le argomentazioni utilizzate dalla corte milanese nel provvedimento oggi impugnato, nemmeno prospetta che il ricorrente non conosca la lingua italiana, nè indica la lingua madre del medesimo in cui la menzionata sentenza avrebbe dovuto essere tradotta. Fermo restando, peraltro, che l’omessa traduzione, ove pure fosse stata effettivamente necessaria, avrebbe potuto, al più, giustificare una richiesta motivata di rimessione in termini, nella specie totalmente obliterata.

4. Il ricorso, dunque, va dichiarato inammissibile, senza necessità di pronunce sulle spese di questo giudizio di legittimità, essendo il Ministero dell’Interno rimasto solo intimato, e dandosi atto, altresì, – in assenza di ogni discrezionalità al riguardo (Dott.. Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017), e giusta quanto recentemente precisato da Cass., SU, n. 23535 del 2019 – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 5 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 16 dicembre 2019

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