Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33252 del 21/12/2018

Cassazione civile sez. trib., 21/12/2018, (ud. 19/09/2018, dep. 21/12/2018), n.33252

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PERRINO Angel – Maria –

Dott. NONNO Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. MENGONI Enrico – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI Maria Giulia – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 5968/2012 R.G. proposto da:

SOGECO Emmesse s.p.a., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via Germanico n. 168,

presso lo studio dell’avv. Franco D’Ammando, rappresentata e difesa

dall’avv. Maurizio D’Ammando giusta procura speciale a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale

dell’Umbria, n. 162/04/11, depositata il 7 novembre 2011.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19 settembre

2018 dal Consigliere Giacomo Maria Nonno.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. con sentenza n. 162/04/11 del 07/11/2011, la CTR dell’Umbria accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza n. 28/01/09 della CTP di Terni, che aveva accolto il ricorso proposto dalla Sogeco Emmesse s.p.a., incorporante la Emmesse s.r.l., avverso l’avviso di accertamento con il quale l’Amministrazione finanziaria procedeva, con riferimento all’anno 2003, al recupero di IRPEG, IRAP ed IVA in relazione all’indebita deduzione di costi relativi ad operazioni oggettivamente inesistenti;

1.1. come si evince dalla sentenza della CTR: a) l’avviso di accertamento veniva emesso in ragione del rilascio di n. 3 fatture, da parte della Emmesse s.r.l. nei confronti delle società appartenenti allo stesso gruppo, concernenti operazioni inesistenti; b) la CTP accoglieva il ricorso della società contribuente; c) la sentenza della CTP era appellata dalla Agenzia delle entrate;

1.2. su queste premesse, la CTR motivava l’accoglimento dell’appello osservando che: a) l’avviso di accertamento muove dal presupposto che la Emmesse s.r.l. non avesse la materiale disponibilità dei beni oggetto di cessione (lamiera dello spessore 1250×10/10); b) le contestazioni formulate dalla società contribuente, sotto molteplici profili, erano infondate e l’Agenzia delle entrate aveva, altresì, “corroborato con altri argomenti la contestazione di inesistenza delle operazioni di cessione”; c) con riferimento alla contestazione dell’insussistenza fiscale, si osservava “che la presenza o l’assenza di risparmio d’imposta è del tutto irrilevante ai fini della legittimità della condotta di fatturazione di operazioni inesistenti”, atteso che “se la merce non è stata realmente acquistata il relativo costo non può essere detratto ed è irrilevante la considerazione che altra azienda abbia contabilizzato ricavi inesistenti”; d) nessun argomento contrario poteva essere tratto dal dispositivo di proscioglimento in sede penale prodotto dalla società contribuente, atteso che non si aveva nemmeno contezza dei fatti contestati agli imputati;

2. la Sogeco Emmesse s.p.a. impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi;

3. l’Agenzia delle entrate resisteva con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE

1. con il primo motivo di ricorso la Sogeco Emmesse s.p.a. deduce la violazione e/o la falsa applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36, comma 2, e art. 61, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, evidenziando che la motivazione della sentenza non affronta, nè riporta, alcun motivo in linea di diritto, soffermandosi unicamente su questioni di fatto, senza alcun riferimento alle norme violate;

2. il motivo è infondato;

2.1. indipendentemente dalla questione se la censura, integrando un error in procedendo, andasse formulata ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 (anzichè n. 3), non sussiste il lamentato vizio, atteso che la sentenza si sofferma ampiamente sulle contestazioni delle parti, risolvendole sia in fatto che in diritto, non essendo in proposito rilevante la mancata citazione delle relative norme;

3. Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, denunciandosi che quest’ultima si rivela confusa e illogica, nonchè omissiva di fatti palesemente inconciliabili tra loro;

4. il motivo è inammissibile;

4.1. secondo la giurisprudenza di questa Corte, “la deduzione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata con ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità, non il potere di riesaminare il merito della intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, ma la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico – formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge. Ne consegue che il preteso vizio di motivazione, sotto il profilo della omissione, insufficienza, contraddittorietà della medesima, può legittimamente dirsi sussistente solo quando, nel ragionamento del giudice di merito, sia rinvenibile traccia evidente del mancato (o insufficiente) esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabili di ufficio, ovvero quando esista insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico – giuridico posto a base della decisione” (Cass. n. 19547 del 04/08/2017);

è stato, inoltre, evidenziato che “con il ricorso per cassazione la parte non può rimettere in discussione, proponendo una propria diversa interpretazione, la valutazione delle risultanze processuali e la ricostruzione della fattispecie operate dai giudici del merito poichè la revisione degli accertamenti di fatto compiuti da questi ultimi è preclusa in sede di legittimità” (Cass. n. 29404 del 07/12/2017);

4.2. nella specie, a fronte di una ricostruzione fattuale corretta e priva di vizi logici, operata dalla CTR, la ricorrente si limita, da un lato, a contestazioni del tutto generiche e, dall’altro finisce per chiedere una inammissibile rivisitazione nel merito della decisione del giudice di appello, sulla base dei medesimi elementi da quest’ultimo già considerati;

5. con il terzo motivo di ricorso, proposto in via subordinata al mancato accoglimento dei primi due, si contesta la violazione e falsa applicazione dell’art. 53 Cost, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, artt. 39 e 41 bis e D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 19, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, evidenziando che il richiamo fatto dall’avviso di accertamento al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, non è pertinente, in presenza di contabilità regolare ed operazioni regolari e non essendo stato sottratto alcun imponibile all’Erario in presenza di operazioni attive e passive che si elidono;

6. il motivo è infondato;

6.1. in primo luogo, a parte il fatto che la sentenza della CTR non si occupa affatto della questione involgente la sussistenza dei presupposti per l’emissione dell’avviso di accertamento e che il richiamo al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 41 bis, riguardando l’accertamento parziale, non è pertinente alla fattispecie, costituisce principio giurisprudenziale pacifico quello per il quale rientra nei poteri dell’Amministrazione finanziaria la valutazione della deducibilità dei costi esposti in bilancio, anche se non ricorrano irregolarità nella tenuta delle scritture contabili o vizi negli atti giuridici d’impresa (Cass. n. 22176 del 03/11/2016; Cass. n. 9497 del 11/04/2008), ben potendo ricorrersi a presunzioni semplici, purchè gravi precise e concordanti (Cass. n. 23550 del 05/11/2014; Cass. n. 14068 del 20/06/2014; Cass. n. 951 del 16/01/2009);

6.2. secondariamente, ad essere oggetto di rettifica è la dichiarazione della Emmesse s.r.l. e non quella unitaria del gruppo al quale la società contribuente appartiene, sicchè è del tutto irrilevante la circostanza che le operazioni attive e passive in sede di bilancio si elidono con riferimento a soggetti dello stesso gruppo;

6.3. del resto, l’argomentazione di parte ricorrente non sembra nemmeno cogliere la ratio decidendi della sentenza impugnata, che ha escluso la rilevanza della presenza o dell’assenza di risparmio di imposta ai fini della legittimità della condotta di fatturazione per operazioni inesistenti: come affermato dalla CTR, se la merce non è stata realmente acquistata (e, sul punto la sentenza di appello è stata più sopra confermata), “il relativo costo non può essere detratto ed è irrilevante la considerazione che altra azienda abbia contabilizzato ricavi inesistenti”;

7. con riferimento alla deduzione dei costi e alla considerazione dei correlativi ricavi va, – peraltro, applicato lo ius superveniens costituito dal D.L. 2 marzo 2012, n. 16, art. 8, conv. con modif. nella L. 26 aprile 2012, n. 44 (il ricorso per cassazione è stato, infatti, notificato in data 24/02/2012, qualche giorno prima dell’entrata in vigore del menzionato decreto), vertendosi (anche) in materia di imposte dirette ed IRAP;

7.1. il D.L. n. 16 del 2012, art. 8, comma 2, prevede, infatti, che “ai fini dell’accertamento delle imposte sui redditi non concorrono alla formazione del reddito oggetto di rettifica i componenti positivi direttamente afferenti a spese o altri componenti negativi relativi a beni o servizi non effettivamente scambiati o prestati, entro i limiti dell’ammontare non ammesso in deduzione delle predette spese o altri componenti negativi”, applicandosi in tal caso solo una sanzione amministrativa;

7.2. tenuto conto del disposto del comma 3 – per il quale le disposizioni di cui al citato comma 1 “si applicano, in luogo di quanto disposto dalla L. 24 dicembre 1993, n. 537, art. 14, comma 4-bis, previgente, anche per fatti, atti o attività posti in essere prima dell’entrata in vigore” dello cit. comma 1, “ove più favorevoli, tenuto conto anche degli effetti in termini di imposte o maggiori imposte dovute, salvo che i provvedimenti emessi in base al cit. comma 4-bis previgente non si siano resi definitivi” – appare evidente che le innovazioni sopra richiamate hanno portata retroattiva e, ove rilevanti, sono applicabili anche d’ufficio (cfr. Cass. n. 7896 del 20/04/2016; Cass. n. 22430 del 19/12/2014 e la giurisprudenza ivi richiamata);

7.3. ne consegue che, poichè con riguardo alle operazioni oggettivamente inesistenti grava sul contribuente l’onere di provare la fittizietà di componenti positivi che, ai sensi del D.L. n. 16 del 2012, art. 8, comma 2, ove direttamente afferenti a spese o altri componenti negativi relativi a beni e servizi non effettivamente scambiati o prestati, non concorrono alla formazione del reddito oggetto di rettifica, entro i limiti dell’ammontare non ammesso in deduzione delle predette spese o altri componenti negativi (Cass. n. 7896 del 2016, cit.; Cass. n. 22430 del 2014, cit.; Cass. n. 25967 del 20/11/2013), la sentenza va cassata perchè il giudice di appello “non ha verificato se il contribuente avesse assolto all’onere di provare che i componenti positivi, in quanto correlati a componenti negativi ritenuti fittizi, fossero anch’essi fittizi, affinchè detti componenti positivi andassero esclusi dalla base imponibile, fatta salva l’applicazione di una sanzione amministrativa” (così, da ultimo, Cass. 18390 del 12/07/2018);

8. in conclusione, vanno rigettati i motivi di ricorso; la sentenza impugnata va, tuttavia, cassata per le ragioni indicate ai p.p. 7 ss. e rinviata alla CTR dell’Umbria, in diversa composizione, per nuovo esame e per le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte rigetta i motivi di ricorso; pronunciando sul ricorso, cassa la sentenza impugnata ai sensi di cui in motivazione e rinvia alla Commissione tributaria regionale dell’Umbria, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 19 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2018

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