Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33251 del 21/12/2018

Cassazione civile sez. trib., 21/12/2018, (ud. 03/07/2018, dep. 21/12/2018), n.33251

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PERRINO Angelina Maria – Presidente –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – rel. Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. FICHERA Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso iscritto al n. 14090 del ruolo generale dell’anno 2012

proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso

i cui uffici ha domicilio in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12;

– ricorrente –

contro

S.V.A.N. s.r.l., in persona del legale rappresentante, rappresentata

e difesa dall’Avv. Pietro Rabiolo per procura speciale a margine del

controricorso, elettivamente domiciliata in Roma, Piazza Martiri di

Belfiore, n. 2, presso lo studio dell’Avv. Gaetano Nessi;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale della Sicilia, sezione staccata di Caltanissetta, n.

273/21/2011, depositata il giorno 12 aprile 2011;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 3 luglio 2018

dal Consigliere Dott. Triscari Giancarlo.

Fatto

RILEVATO

che:

la sentenza impugnata ha esposto, in punto di fatto, che: la ricorrente aveva proposto ricorso dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Caltanissetta avverso l’avviso di accertamento con il quale, relativamente all’anno di imposta 2004, l’Amministrazione finanziaria aveva provveduto alla rettifica della dichiarazione dei redditi ed accertato maggiori ricavi non contabilizzati, l’indebita detrazione Iva e l’omessa contabilizzazione dell’Iva intracomunitaria, per operazioni soggettivamente inesistenti; la Commissione tributaria provinciale aveva accolto il ricorso; avverso la suddetta pronuncia aveva proposto appello l’Agenzia delle entrate;

la Commissione tributaria regionale della Sicilia, sezione staccata di Caltanissetta, ha rigettato l’appello, avendo ritenuto che: nè nell’avviso di accertamento nè negli atti del processo era dato rinvenire una attività di indagine svolta nei confronti della società contribuente, sicchè la pretesa impositiva non poteva dirsi fondata su presunzioni gravi, precise e concordanti, avendo l’Amministrazione finanziaria utilizzato unicamente le risultanze ispettive relative alla società Eurauto che, secondo la prospettazione dell’Ufficio finanziario, era un mero interposto nell’attività di acquisto di tre autovetture; la società contribuente aveva intrattenuto rapporti commerciali con la società Eurauto solo nel 2004 per l’acquisto di tre autovetture, circostanza che doveva condurre a ritenere non verosimile l’esistenza di un intento evasivo;

avverso la suddetta pronuncia ha proposto ricorso dinanzi a questa Corte l’Agenzia delle entrate, affidato a un unico motivo di censura;

si è costituita la società contribuente depositando controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

va preliminarmente disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso proposta dalla controricorrente per mancata formulazione dei quesiti di diritto di cui all’art. 366 bis c.p.c., atteso che la suddetta previsione è stata abrogata dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47, comma 1, lett. d), e tale effetto abrogativo opera, ai sensi della medesima legge, art. 58, comma 5, alle controversie nelle quali la sentenza impugnata con ricorso per Cassazione è stata pubblicata successivamente alla entrata in vigore della medesima legge;

nel caso di specie, la sentenza è stata pubblicata il 12 aprile 2011, dunque dopo l’entrata in vigore della legge abrogativa sopra indicata;

con l’unico motivo di ricorso si censura la sentenza impugnata ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per violazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39 e degli artt. 2697 e 2727 c.c., per avere ritenuto che la pretesa fatta valere era da considerarsi illegittima in quanto gli elementi di presunzione posti a fondamento erano relativi ad accertamenti compiuti nei confronti di altra società, mentre nessuna attività di indagine era stata compiuta direttamente nei confronti della contribuente, dovendosi invece ritenere che dalle verifiche effettuate nei confronti della società Eurauto (emittente le fatture di vendita in favore della contribuente) era stata riscontrata una frode intracomunitaria riconducibile al fenomeno della c.d. “frode carosello”, con interposizione di un operatore commerciale fittizio (nella specie l’Eurauto), sicchè era stato assolto l’onere probatorio gravante su di essa ricorrente;

il motivo è inammissibile;

dalla sentenza impugnata nonchè dal ricorso si evince che la pretesa fatta valere dall’amministrazione finanziaria con l’avviso di accertamento era fondata sulla ritenuta natura di operazioni soggettivamente inesistenti poste in essere tra la contribuente e la società Eurauto;

decidendo sulla impugnazione proposta, la pronuncia in esame ha ritenuto che l’avviso di accertamento si fondava unicamente sull’attività di indagine svolta nei confronti della suddetta società e che nessuna verifica era stata compiuta nei confronti della contribuente e che, inoltre, a rendere non giustificata la pretesa nei confronti di quest’ultima, in quanto priva dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, era il fatto che le società avevano sedi distanti fra loro, avevano intrattenuto rapporti commerciali solo nell’anno 2004 e limitatamente all’acquisto di tre autovetture, sícchè tali elementi dovevano condurre a ritenere che non poteva dirsi sussistente un comportamento evasivo della contribuente;

in sostanza, il giudice del gravame ha, con le argomentazioni sopra indicate, escluso che vi fossero elementi idonei a ritenere che la contribuente avesse avuto consapevolezza della frode realizzata con le operazioni in esame;

a tal proposito, va evidenziato che questa Corte (Cass. civ. Sez. 5, Sent., 20 aprile 2018, n. 9851), in materia di operazioni soggettivamente inesistenti e di riparto dell’onere della prova, ha affermato il seguente principio di diritto: “in tema di Iva, l’Amministrazione finanziaria, la quale contesti che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell’ambito di una frode carosello, ha l’onere di provare, anche solo in via indiziaria, non solo l’oggettiva fittizietà del fornitore ma anche la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta; la prova della consapevolezza dell’evasione richiede che l’Amministrazione finanziaria dimostri, in base ad elementi oggettivi e specifici non limitati alla mera fittizietà del fornitore, che il contribuente sapeva o avrebbe dovuto sapere, con l’ordinaria diligenza in rapporto alla qualità professionale ricoperta, che l’operazione si inseriva in una evasione fiscale, ossia che egli disponeva di indizi idonei a porre sull’avviso qualunque imprenditore onesto e mediamente esperto sulla sostanziale inesistenza del contraente”;

proprio in relazione all’onere di prova gravante sull’amministrazione finanziaria sul versante dell’elemento soggettivo, la pronuncia censurata ha escluso, come detto, che, tenuto conto degli elementi probatori a disposizione, sussisteva una condizione di consapevolezza da parte della contribuente della natura fraudolenta dell’operazione;

rispetto a questa ratio decidendi, parte ricorrente, in realtà, con il presente motivo di ricorso, intende prospettare una non consentita diversa lettura della valutazione espressa dal giudice del gravame sulla inesistenza della consapevolezza della contribuente, sicchè lo stesso è da considerarsi inammissibile, in quanto in contrasto con i limiti, di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, di censurabilità in questa sede della pronuncia di appello;

ne consegue il rigetto del ricorso, con compensazione delle spese atteso che il recente intervento giurisprudenziale di questa Corte, sopra indicato, è successivo alla presentazione del ricorso.

P.Q.M.

La Corte:

rigetta il ricorso, con compensazione delle spese di lite.

Così deciso in Roma, il 3 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2018

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