Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33246 del 16/12/2019

Cassazione civile sez. VI, 16/12/2019, (ud. 15/10/2019, dep. 16/12/2019), n.33246

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna Concetta – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5009-2018 proposto da:

UNIONE DI BANCHE ITALIANE SPA, in persona del suo procuratore,

elettivamente domiciliata in ROMA, P.ZZA MARTIRI DI BELFIORE 2,

presso lo studio dell’avvocato LEOPOLDO DI BONITO, rappresentata e

difesa dall’avvocato EDOARDO SABBATINO;

– ricorrente –

contro

CURATELA DEL FALLIMENTO (OMISSIS) SRL;

– intimata –

avverso il decreto n. R.G. 4679/2017 del TRIBUNALE di NAPOLI NORD,

depositato il 03/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 15/10/2019 dal Consigliere Relatore Dott. PAZZI

ALBERTO.

Fatto

RILEVATO

che:

1. il Giudice delegato al fallimento di (OMISSIS) s.r.l. non ammetteva al passivo della procedura il credito vantato da Banca Popolare di Ancona s.p.a. per mancanza di data certa della documentazione prodotta a sostegno dell’insinuazione;

2. il Tribunale di Napoli Nord, nel rigettare l’opposizione proposta dalla banca, riteneva che la documentazione prodotta non fosse idonea a provare l’esistenza del credito, costituito in parte dal saldo debitorio di un rapporto di conto corrente, in parte dal credito residuo di un finanziamento chirografario;

in particolare il collegio dell’opposizione osservava, rispetto al credito derivante dal rapporto di conto corrente e dalle aperture di credito sullo stesso regolate, che la banca, dato che l’approvazione del conto da parte dell’imprenditore fallito (peraltro non dimostrata nel caso di specie) non vincolava il curatore, aveva l’onere di offrire la prova del suo diritto attraverso la produzione della documentazione relativa allo svolgimento del conto;

la domanda di ammissione del credito derivante da un contratto di finanziamento chirografario doveva invece essere rigettata per mancanza di documentazione con data certa a suo suffragio;

3. per la cassazione di tale decreto ha proposto ricorso Unione di Banche Italiane s.p.a., già Banca Popolare di Ancona s.p.a., prospettando un unico motivo di doglianza;

l’intimato fallimento di (OMISSIS) s.r.l. non ha svolto alcuna difesa;

parte ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

4. il motivo di ricorso presentato denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 2704 c.c., degli artt. 115 e 116c.p.c. nonchè, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la violazione e falsa applicazione di un fatto decisivo per il giudizio già oggetto di discussione fra le parti: il Tribunale, nel ritenere non provato il credito in ragione dell’inopponibilità degli estratti conto e a causa della mancanza di data certa sui contratti, avrebbe valutato non correttamente il complesso quadro probatorio offerto dalla banca ricorrente;

il collegio dell’opposizione avrebbe inoltre omesso di valorizzare in maniera adeguata tanto la trascrizione dei contratti in essere tra le parti nel libro fidi della banca, come attestata da certificazione notarile anteriore alla dichiarazione di fallimento, idonea a dimostrare l’esistenza del rapporto di conto corrente, il rapporto di apertura di credito operante sul conto e l’avvenuta erogazione del finanziamento, quanto il portafoglio degli assegni prodotti, la cui data di negoziazione era precedente al fallimento;

le vidimazioni notarili e gli assegni in questione, in concorso con gli ulteriori elementi desumibili con certezza dalla documentazione in atti, avrebbero dovuto indurre il collegio dell’opposizione ad assumere una diversa decisione;

5. la doglianza è inammissibile;

5.1 il motivo si prospetta inammissibile innanzitutto laddove, sotto le spoglie della eccepita violazione di legge processuale (artt. 115 e 116 c.p.c.), tenta di introdurre un sindacato di fatto sull’esito della prova documentale;

in proposito è sufficiente fare richiamo al principio secondo cui, in materia di ricorso per cassazione, la violazione dell’art. 115 c.p.c. può essere dedotta come vizio di legittimità solo denunciando che il giudice ha dichiarato espressamente di non dover osservare la regola contenuta nella norma, ovvero ha giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, e non anche che il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, ha attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività consentita dal paradigma dell’art. 116 c.p.c., che non a caso è rubricato “della valutazione delle prove” (Cass. 11892/2016, Cass. 24548/2016, Cass. 5009/2017 e, da ultimo, Cass., Sez. U., 15486/2017);

5.2 la critica in esame si incentra poi sulla possibilità di evincere la data certa anteriore al fallimento da vidimazioni notarili e assegni presenti in atti;

il Tribunale tuttavia ha escluso dal novero del passivo per mancanza di data certa soltanto il credito relativo al finanziamento chirografario erogato alla fallita, ma non il credito derivante dal contratto di conto corrente e dalle aperture di credito ivi regolate, che non è stato ammesso per la differente ragione della mancata dimostrazione della sua consistenza “attraverso la documentazione relativa allo svolgimento del conto”, di modo che il motivo assume rilievo solo in funzione dell’ammissione del credito chirografario;

ciò chiarito, è opportuno ricordare che l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia); ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività” (Cass. Sez. U., 8053/2014);

l’odierno ricorrente, laddove lamenta la mancata considerazione da parte del provvedimento impugnato del fatto storico concernente la trascrizione dei contratti in questione nel libro fidi della banca e la negoziazione del portafoglio assegni in data antecedente al fallimento, si limita però a individuare il fatto storico di carattere decisivo che il Tribunale avrebbe omesso di esaminare, ma non indica – in maniera specifica piuttosto che in termini generici -, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il dato, testuale o extratestuale, da cui esso risultava esistente in sede di merito nonchè il come e il quando tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti, non essendo a ciò sufficiente la mera elencazione di una serie di documenti priva del riferimento al dato testuale che attraverso una simile produzione si era inteso suffragare;

il motivo, così formulato, risulta perciò inammissibile per difetto di autosufficienza, non soddisfacendo l’obbligo previsto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, di indicare specificamente gli atti processuali e i documenti su cui lo stesso è fondato;

6. in forza dei motivi sopra illustrati il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile;

la mancata costituzione in questa sede della procedura intimata esime il collegio dal provvedere alla regolazione delle spese di lite.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 15 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 16 dicembre 2019

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