Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33242 del 21/12/2018

Cassazione civile sez. trib., 21/12/2018, (ud. 13/06/2018, dep. 21/12/2018), n.33242

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 6727/2012 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante pro

tempre, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato,

domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

Fallimento (OMISSIS) s.r.l.;

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale

dell’Emilia Romagna, n. 32/2011, depositata il 15 marzo 2011.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 13 giugno

2018 dal Consigliere Luigi D’Orazio.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Il concessionario alla riscossione notificava cartella di pagamento nei confronti della società (OMISSIS) s.r.l., ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, conseguente alla liquidazione della dichiarazione dei redditi per gli anni 2002 e 2003, in quanto la contribuente, dopo avere aderito al condono di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 9 bis, aveva provveduto con ritardo al pagamento della terza rata.

2. La Commissione tributaria provinciale accoglieva il ricorso della contribuente, annullando la cartella.

3. La Commissione tributaria regionale rigettava l’appello proposto dalla Agenzia delle entrate, evidenziando che “laddove il Legislatore abbia voluto condizionare risolutivamente l’efficacia di una sanatoria all’integrale e tempestivo versamento delle somme dovute, lo ha sempre fatto in modo esplicito, nel presente caso la L. n. 289 del 2002 non contiene alcuna condizione risolutiva dell’efficacia della sanatoria”.

4. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate.

5. Restava intimato il fallimento della società.

6. La Procura Generale depositava parere scritto concludendo per raccoglimento del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con un unico motivo di impugnazione la ricorrente deduce “violazione e falsa applicazione della L. n. 289 del 2002, art. 9 bis, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, in quanto la contribuente ha versato la terza rata con due versamento del 27 dicembre 2004 e del 15 marzo 2005, mentre il termine era quello del 30 novembre 2004. Tuttavia, il condono di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 9 bis, ha struttura e funzione diversa dalle altre forme di sanatoria di cui alla predetta legge, avendo finalità non premiale, ma clemenziale, attenendo ad omessi versamenti dichiarati dal contribuente, con la sola previsione della esclusione delle sanzioni.

1.1. Tale motivo è fondato.

Invero, è pacifico che la contribuente ha versato la terza rata del condono di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 9 bis, soltanto con versamenti in data 27 dicembre 2004 e 15 marzo 2005, a fronte del termine legale fissato al 30 novembre 2004.

Per giurisprudenza di legittimità consolidata, però, in tema di condono fiscale, la definizione agevolata ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 9 bis, comportante la non applicazione delle sanzioni relative al mancato versamento delle imposte o delle ritenute risultanti dalle dichiarazioni annuali presentate entro il 31 dicembre 2002, e per le quali il termine di versamento è scaduto anteriormente a tale data, si perfeziona solo se si provvede all’integrale pagamento del dovuto nei termini e nei modi previsti dalla medesima disposizione, attesa l’assenza di previsioni quali quelle contenute nella medesima legge, artt. 8, 9, 15 e 16, che considerano efficaci le ipotesi di condono ivi regolate anche senza adempimento integrale, e che sono insuscettibili di applicazione analogica, in quanto, come tutte le disposizioni di condono, di carattere eccezionale (Cass. Civ., 29 dicembre 2017, n. 31133).

Si è, quindi, chiarito che la definizione agevolata ai sensi della L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 9 bis, comportante la non applicazione delle sanzioni relative al mancato versamento delle imposte o delle ritenute risultanti dalle dichiarazioni annuali presentate entro il 31 dicembre 2002, e per le quali il termine di versamento è scaduto anteriormente a tale data, si perfeziona solo se si provvede all’integrale pagamento del dovuto nei termini e nei modi previsti dalla medesima disposizione, attesa l’assenza di previsioni quali quelle contenute nella medesima legge, artt. 8, 9, 15 e 16, che considerano efficaci le ipotesi di condono ivi regolate anche senza adempimento integrale, e che sono insuscettibili di applicazione analogica, in quanto, come tutte le disposizioni di condono, di carattere eccezionale – in applicazione di questo principio, la S.C. ha annullato la sentenza impugnata, la quale, in relazione a sanzioni per omessi versamenti IRPEF, aveva affermato che il mancato pagamento di una o più rate successive alla prima determina non la totale inefficacia della domanda di definizione, ma solo il ripristino della sanzione limitatamente alle rate non versate – (Cass. Civ., 30 novembre 2012, n. 21364).

Trattasi, quindi, di condono di natura clemenziale e non premiale, in quanto attiene al mancato versamento di somme dichiarate dal contribuente, ma non versate.

Dal contenuto della cartella di pagamento trascritto nel ricorso per cassazione non risultano dovuti pagamenti per Iva, ma soltanto omessi versamenti Irpef, addizionali comunali e regionali, ritenute su indennità per cessazione rapporto di lavoro.

2. La sentenza impugnata deve, quindi, essere cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito, con il rigetto del ricorso originario della società contribuente, non operando per tali tributi la definizione agevolata.

3. Il consolidamento della giurisprudenza di legittimità successivamente all’inizio del giudizio di legittimità comporta la compensazione integrale delle spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

In accoglimento del ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originario della contribuente.

Dichiara interamente compensate tra le parti le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 13 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2018

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