Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33241 del 16/12/2019

Cassazione civile sez. VI, 16/12/2019, (ud. 19/09/2019, dep. 16/12/2019), n.33241

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. GIANNITI Pasquale – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25065-2018 proposto da:

L.P.S., D.B., G.G.,

L.P.D., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DELL’ELETTRONICA 20,

presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE PIERO SIVIGLIA,

rappresentati e difesi dall’avvocato SALVATORE OCCHIPINTI;

– ricorrenti –

contro

GROUPAMA ASSICURAZIONI SPA, M.G., ME.DA.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 96/2018 del TRIBUNALE di RAG USA, depositata

il 19/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 19/09/2019 dal Consigliere Relatore Dott. GIANNITI

PASQUALE.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. G.G., L.P.S., D.B. e L.P.D. hanno proposto ricorso avverso la sentenza n. 96/2018 del Tribunale di Ragusa che – rigettando l’appello da essi proposto ha confermato la sentenza n. 149/2012 del Giudice di Pace di Comiso, che aveva rigettato la domanda risarcitoria, dagli stessi proposta, in relazione al sinistro occorso in data 9 giugno 2004 tra il ciclomotore condotto da G.G., mentre trasportava l’allora minorenne L.P.D., e l’autovettura condotta da Me.Da. e di proprietà di M.G..

2. Nessuna attività difensiva è stata svolta dalla intimata compagnia assicurativa.

3. Essendosi ritenute sussistenti dal relatore designato le condizioni per definire il ricorso con il procedimento ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata redatta proposta ai sensi di tale norma e ne è stata fatta notificazione ai difensori delle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.

4. In vista dell’odierna adunanza parte ricorrente ha presentato memoria a sostegno del ricorso.

Diritto

RITENUTO

CHE:

1. Il ricorso è affidato a due motivi.

1.1. Con il primo motivo, articolato in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, i ricorrenti lamentano violazione e falsa applicazione dell’art. 2054 c.c. nella parte in cui il giudice di appello non ha applicato il disposto di cui all’art. 2054 c.c. nonostante l’esito della prova testimoniale e nonostante la confessione, giudiziale e stragiudiziale, del conducente della Panda. Sostengono che l’incidente si era verificato non a causa del comportamento del conducente il ciclomotore (che percorreva a velocità contenuta la pubblica strada), ma a causa del comportamento del conducente della Panda (che aveva eseguito una manovra in retromarcia uscendo da un parcheggio, senza dare la dovuta precedenza ai veicoli che percorrevano regolarmente la strada). E che l’assenza di urto non equivale ad assenza di colpa.

1.2. Con il secondo motivo, articolato in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, i ricorrenti denunciano l’omesso esame del fatto, decisivo e controverso, costituito dalla confessione del conducente l’autovettura (pur essendo la stessa stata comprovata dall’audizione del teste A.G., la cui deposizione sarebbe stata ignorata, e pur essendo la stessa in linea con le conclusioni del ctu, che ha ritenuto i danni subiti dagli attori compatibili con la dinamica dagli stessi descritta). Sostengono che entrambi i giudici di merito hanno errato a ritenere detta confessione non opponibile al proprietario dell’autoveicolo ed alla compagnia assicuratrice.

2. Il ricorso è inammissibile.

Il Tribunale di Ragusa, quale giudice di appello – dopo aver ricostruito il quadro probatorio (costituito: dall’interrogatorio formale del Me., dall’audizione del teste A.G., dagli esiti della ctu avente ad oggetto l’accertamento della compatibilità dei danni in sè e in relazione alla dinamica del sinistro) – ha esaminato la dichiarazione amichevole di incidente sottoscritta da G.G.D. e, richiamando giurisprudenza di legittimità, ha correttamente affermato che la dichiarazione, contenuta nel modulo di constatazione amichevole del sinistro (c.d. CID), non ha valore di piena prova nemmeno nei confronti del solo dichiarante, ma deve essere liberamente apprezzata dal giudice, dovendo trovare applicazione la norma di cui all’art. 2733 c.c., comma 3.

Il Tribunale ha quindi rilevato che, pur essendo indubbio che la caduta dal motorino era avvenuta a seguito della manovra in retromarcia posta in essere dal Me., tuttavia non poteva dirsi provato l’urto tra i due veicoli ed ha conseguentemente confermato la sentenza del giudice di Pace che aveva ritenuto non provati i presupposti per l’accoglimento della domanda risarcitoria.

A fronte della argomentata motivazione che precede, immune da vizi logici e giuridici, i ricorrenti, invocando formalmente il vizio di violazione di legge, in realtà sollecitano una nuova valutazione del fatto, come è noto preclusa in sede di legittimità.

D’altronde, nella specie va ravvisato l’assoluto mancato rispetto dei canoni minimi imposti dall’art. 366 c.p.c., n. 6: parte ricorrente, invero, fa riferimento a risultanze probatorie, ma delle stesse inammissibilmente non fornisce alcuna indicazione specifica e denuncia la sentenza impugnata senza una precisa individuazione della motivazione criticanda.

3. In definitiva, il ricorso va dichiarato inammissibile.

Alla declaratoria che precede non consegue alcuna declaratoria sulle spese, non essendo stata svolta attività difensiva da parte intimata, ma consegue la declaratoria di sussistenza dei presupposti per il pagamento dell’importo, previsto per legge ed indicato in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Nulla sulle spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ad opera di parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 19 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 16 dicembre 2019

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