Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3324 del 12/02/2010

Cassazione civile sez. I, 12/02/2010, (ud. 29/09/2009, dep. 12/02/2010), n.3324

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE prima CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – rel. Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 4973/2007 proposto da:

GEFI S.P.A. (c.f. (OMISSIS)), in persona del Presidente del

Consiglio di Amministrazione pro tempore, elettivamente domiciliata

in ROMA, VIA PACUVIO 34, presso l’avvocato ROMANELLI Guido, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato PERRONE BENITO, giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositato il

08/02/2006;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

29/09/2009 dal Consigliere Dott. MASSIMO DOGLIOTTI;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato M. PALEARI, per delega, che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIOVANNI SCHIAVON che chiede che la Corte di Cassazione, in Camera di

consiglio, accolga il ricorso, ai sensi dell’art. 375 c.p.c, per

manifesta fondatezza, per quanto di ragione, nei limiti di quanto

sopra specificato, respingendolo nel resto, con ogni conseguenza di

legge.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso, articolato in sei motivi, ritualmente depositato, Gefi Spa impugnava il decreto della Corte d’Appello di Milano 28/09/2005- 08/02/2006, che aveva rigettato la domanda da essa proposta di equa riparazione del danno morale, derivante da irragionevole durata di un procedimento (scioglimento di comunione ereditaria tra quattro fratelli; la Gefi è intervenuta in corso di causa per acquisto dei beni di due fratelli).

Resisteva con controricorso il Ministero della Giustizia.

La Gefi ha depositato memoria per l’udienza.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

I primi tre motivi di ricorso possono essere trattati congiuntamente.

La ricorrente sostiene che la Corte di merito abbia errato escludendo dal computo dell’eccessiva durata il tempo trascorso anteriormente alla sua costituzione in giudizio, sostenendo altresì di non vantare una autonoma ragione di redito, essendo subentrata nella posizione dei propri dante causa.

I motivi vanno rigettati in quanto infondati. Con riguardo al periodo in cui la Gefi Spa non era parte in giudizio, questa non potrebbe vantare alcun pregiudizio. Correttamente il giudice a quo ha parlato di “autonoma ragione di credito” che non attiene al diritto, in questione nel procedimento presupposto, ma soltanto al diritto al risarcimento del danno per l’eccessiva durata del procedimento ciò, secondo orientamento ampiamente consolidato presso questa Corte.

Vanno invece accolti i motivi quarto, quinto e sesto.

Lamenta la Gefi che il giudice a quo abbia sostenuto in modo apodittico e non argomentato, la mancata registrazione di omissioni o ritardi addebitabili all’amministrazione, e, almeno per la fase di appello, l’assenza di qualsiasi prova al riguardo, che avrebbe dovuto essere fornita dal ricorrente.

Per giurisprudenza costante, il danno non patrimoniale va considerato come conseguenza normale della durata irragionevole del procedimento salvo prova contraria. Ovviamente il danno patrimoniale va provato nella sua consistenza.

Il giudice a quo si riferisce a vari elementi (sentenze parziali, impugnazioni “incrociate”, tempi della CTU) che non possono certo attribuirsi alla responsabilità delle parti, semmai potrebbero essere valutati come “indice di complessità del processo” eventualmente eliminando il periodo di ragionevole durata. Altri riferimenti della pronuncia impugnata, come sostiene la ricorrente, sono del tutto generici apodittici e non argomentati.

Va cassato il decreto impugnato con rinvio alla Corte d’Appello di Milano che si pronuncerà anche sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo, secondo e terzo motivo del ricorso;

accoglie il quarto, quinto e sesto; cassa il decreto impugnato e rinvia alla Corte d’Appello di Milano, in diversa composizione, che si pronuncerà anche sulle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 29 settembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 12 febbraio 2010

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