Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33239 del 21/12/2018

Cassazione civile sez. trib., 21/12/2018, (ud. 13/06/2018, dep. 21/12/2018), n.33239

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 12346/2011 R.G. proposto da:

P.D., rappresentata e difesa dall’Avv. Ettore Travarelli,

come da procura speciale a margine del ricorso, elettivamente

domiciliato presso il suo studio, in Roma, Via Vito Artale n. 6;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello

Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio,

n. 133/14/2010, depositata il 16 marzo 2010.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 13 giugno

2018 dal Consigliere Luigi D’Orazio.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. P.D. impugnava, con ricorso del 4 gennaio 2006, la cartella di pagamento, in quanto carente della dovuta motivazione, emessa nei suoi confronti per Irpef relativa all’anno 1998, a seguito di rettifica dal reddito da partecipazione alla società di persone Domar sas.

2. Si costituiva con controdeduzioni L’Agenzia delle entrate.

3. Con memoria la ricorrente chiedeva dichiararsi la nullità della cartella anche per mancata indicazione nella stessa del responsabile del procedimento.

4. La Commissione tributaria provinciale rigettava il ricorso.

5. La Commissione tributaria regionale accoglieva l’appello della Agenzia delle Entrate, con condanna della contribuente al pagamento delle spese del giudizio, evidenziando che la cartella trovava fondamento in un accertamento ritualmente notificato e divenuto definitivo, che la cartella di pagamento non doveva essere motivata ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25, che l’indicazione del responsabile del procedimento nelle cartelle di pagamento, a pena di nullità, era stato previsto solo per i ruoli consegnati agli agenti della riscossione a decorrere dall’1 giugno 2008, mentre nella specie la cartella era stata notificata in data 11 ottobre 2005.

6. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione la contribuente.

7. Resisteva con controricorso l’Agenzia delle entrate, che proponeva ricorso incidentale.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Anzitutto, si rileva che il ricorso incidentale proposto dalla Agenzia delle entrate va qualificato come ricorso incidentale condizionato, in quanto proposto dalla parte totalmente vittoriosa nel giudizio di appello, mentre la Commissione tributaria regionale ha deciso, sia pure implicitamente (rigettandola), sulla questione di inammissibilità, per tardività e novità, del motivo di impugnazione relativo alla mancata indicazione del responsabile del procedimento nella cartella.

Per giurisprudenza di legittimità, in tema di giudizio di cassazione, il ricorso incidentale proposto dalla parte totalmente vittoriosa nel giudizio di merito, che investa questioni preliminari di merito o pregiudiziali di rito (quale, nella specie, improponibilità dell’appello, comunque rigettato, in relazione all’intervenuta rinuncia preventiva all’impugnazione, disattesa nella sentenza gravata sul presupposto della nullità di detta rinuncia) ha natura di ricorso condizionato all’accoglimento del ricorso principale, indipendentemente da ogni espressa indicazione di parte, sicchè, laddove le medesime questioni pregiudiziali di rito o preliminari di merito siano state oggetto di decisione esplicita o implicita da parte del giudice di merito, tale ricorso incidentale va esaminato dalla Corte solo in presenza dell’attualità dell’interesse, ovvero unicamente nell’ipotesi della fondatezza del ricorso principale (Cass. Civ., Sez. Un., 25 marzo 2013, n. 7381).

1.1. Con il primo motivo di impugnazione la ricorrente deduce “violazione o falsa applicazione della L. n. 241 del 1990, art. 3, della L. n. 212 del 2000, art. 7, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3. Erronea motivazione su fatto decisivo della controversia prospettato dalle parti e rilevabile d’ufficio ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5”, in quanto la Commissione tributaria ha ritenuto non necessaria alcuna motivazione per le cartelle di pagamento, non prevedendo del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25, tale obbligo.

2. Con il secondo motivo di impugnazione la ricorrente si duole della “violazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, sotto eventuale diverso profilo”, in quanto anche se la motivazione avesse inteso affermare che vi era una motivazione della cartella de relato, con riferimento al precedente avviso di accertamento notificato, l’Ufficio avrebbe dovuto allegare tale avviso di accertamento alla cartella.

2.1. I motivi primo e secondo, che vanno esaminati congiuntamente per ragioni di connessione, sono infondati.

Invero, la Commissione regionale ha ritenuto non necessaria la motivazione della cartella, in quanto la stessa era stata preceduta da rituale avviso di accertamento notificato e divenuto definitivo.

Per giurisprudenza di legittimità, dunque, la cartella esattoriale con cui è richiesto il pagamento di somme dovute in forza di accertamenti fiscali definitivi, a norma del D.P.R. n. 602 del 1973, art 14, lett. b), non è un atto di accertamento ma applicativo di precedenti avvisi mai impugnati e resisi definitivi. La stessa non necessita, quindi, di alcuna motivazione, dovendosi intendere già conosciuta la pretesa fiscale iscritta a ruolo (Cass. Civ, 3 dicembre 2007, n. 25158).

Peraltro, per giurisprudenza di legittimità, in tema di riscossione delle imposte sul reddito, per la validità del ruolo e della cartella esattoriale, del D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 25, non è indispensabile l’indicazione degli estremi identificativi o della data di notifica dell’accertamento precedentemente emesso nei confronti del contribuente ed al quale la riscossione faccia riferimento, essendo, al contrario, sufficiente l’indicazione di circostanze univoche ai fini dell’individuazione di quell’atto, così che resti soddisfatta l’esigenza del contribuente di controllare la legittimità della procedura di riscossione promossa nei suoi confronti. A tale interpretazione non è di ostacolo la previsione contenuta nel D.M. Finanze n. 321 del 1999, art. 1, comma 2 e art. 6, comma 1, (che nel caso di iscrizione a ruolo o di cartella che conseguano ad un atto precedentemente notificato, richiede l’indicazione degli “estremi di tale atto e la relativa data di notifica”), in quanto essa va letta in combinato disposto con le di poco successive norme primarie contenute, prima in via generale nello Statuto del contribuente (L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 3) e poi, con specifico riferimento ai ruoli ed alle cartelle, nel D.Lgs. n. 32 del 2001(art. 8, comma 1, lett. a) che ha modificato il D.P.R. n. 602 cit., artt. 1 e 12), che si limitano a richiedere che gli atti da ultimo indicati contengano soltanto “il riferimento all’eventuale precedente atto di accertamento ovvero, in mancanza, la motivazione anche sintetica della pretesa” (Cass. Civ., 18 gennaio 2018, n. 1111).

Inoltre, il difetto di motivazione della cartella esattoriale, che faccia rinvio ad altro atto costituente il presupposto dell’imposizione senza indicarne i relativi estremi in modo esatto, non può condurre alla dichiarazione di nullità, allorchè la cartella sia stata impugnata dal contribuente, il quale abbia dimostrato, in tal modo, di avere piena conoscenza dei presupposti dell’imposizione, per averli puntualmente contestati; pertanto, non può ravvisarsi un difetto di motivazione nell’atto impositivo vincolato, che espressamente indichi gli anteriori avvisi di accertamento già notificati all’intimato ed in relazione ai quali sia pendente contenzioso, mentre invece erroneamente l’accertamento era stato indicato come definitivo anzichè provvisorio, non sussistendo un’effettiva limitazione del diritto di difesa, che ricorre unicamente qualora il contribuente non sia stato posto in grado di conoscere le ragioni dell’intimazione di pagamento ricevuta e alleghi il pregiudizio patito effettivamente (Cass. Civ., 18 aprile 2017, n. 9778; Cass. Civ., 8 ottobre 2014, n. 21177; vedi anche Cass. Civ., Sez. Un., 14 maggio 2010, n. 11722).

Il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25, comma 2, prevede, poi, che la cartella di pagamento, redatta in conformità al modello approvato con decreto del ministero delle finanze, contiene l’intimazione ad adempiere l’obbligo risultante dal ruolo entro il termine di sessanta giorni dalla notificazione, con l’avvertimento che, in mancanza, si procederà ad esecuzione forzata”. Inoltre, a decorrere dall’1 luglio 2001, ai sensi dell’art. 25 cit., comma 2 bis, “la cartella di pagamento contiene anche l’indicazione della data in cui il ruolo è reso esecutivo”.

Pertanto, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 25, la cartella, quale documento per la riscossione degli importi contenuti nei ruoli, deve essere predisposta secondo il modello approvato con decreto del Ministero competente, che non prevede la sottoscrizione dell’esattore, ma solo la sua intestazione e l’indicazione della causale, tramite apposito numero di codice (Cass. Civ., 5 giugno 2008, n. 14894; Cass. Civ., 5 dicembre 2014, n. 25773). Non sussiste, dunque, neppure il vizio di erronea motivazione.

3. Con il terzo motivo di impugnazione la ricorrente censura la sentenza della Commissione regionale per “ulteriore violazione della L. n. 241 del 1990, art. 4 e ss., L. n. 212 del 2000, art. 7, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Contraddittoria motivazione su un punto controverso, dedotto dalle parti o rilevabile d’ufficio ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5”, in quanto nella cartella non è stato indicato il responsabile del procedimento.

3.1. Tale motivo è infondato.

Invero, l’indicazione del responsabile del procedimento negli atti dell’Amministrazione finanziaria non è richiesta, dalla L. n. 212 del 2000, art. 7, a pena di nullità, in quanto tale sanzione è stata introdotta per le cartelle di pagamento dal D.L. n. 248 del 2007, art. 36, comma 4-ter, conv., con modif., dalla L. n. 31 del 2008, applicabile soltanto alle cartelle riferite ai ruoli consegnati agli agenti della riscossione a decorrere dal 1 giugno 2008 (Cass. Civ.,12 maggio 2017 n. 11856).

4. Con il quarto motivo di impugnazione la ricorrente deduce “violazione dell’art. 91 c.p.c., violazione dell’art. 112 c.p.c. ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3”, in quanto la Commissione regionale non può liquidare le spese giudiziarie secondo le Tariffe forensi 2004 alla Agenzia delle entrate che non ha partecipato al giudizio con il ministero di un Avvocato.

4.1. Tale motivo è infondato.

Invero, il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 15, comma 2 bis, all’epoca vigente, prevede che “nella liquidazione delle spese a favore del Ministero delle finanze, se assistito da funzionari dell’amministrazione…si applica la tariffa vigente per gli avvocati e procuratori, con la riduzione del venti per cento degli onorari di avvocato ivi previsti” (cfr. Corte Cost. 8 ottobre 2010, n. 292; Cass. Civ., 6 aprile 2007, n. 8622, con ricomprensione anche dei diritti di procuratore e del rimborso forfettario delle spese generali).

Inoltre, in sede di ricorso per cassazione, la determinazione, del giudice di merito, relativa alla liquidazione delle spese processuali può essere censurata solo attraverso la specificazione delle voci in ordine alle quali lo stesso giudice sarebbe incorso in errore, sicchè è generico il mero riferimento a prestazioni, che sarebbero state riconosciute in violazione della tariffa massima, senza la puntuale esposizione delle voci in concreto liquidate dal giudice, con derivante inammissibilità dell’inerente motivo (Cass. Civ., 20 maggio 2016, n. 10409).

5. Con l’unico motivo di ricorso incidentale condizionato l’Agenzia delle entrate si duole della “nullità della sentenza e del procedimento per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 24 e dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4”, in quanto la Commissione tributaria regionale non ha dichiarato inammissibile perchè nuova e tardiva la domanda di annullamento della cartella per la mancata indicazione del responsabile del procedimento.

5.1. Tale motivo del ricorso incidentale condizionato è assorbito per mancanza di interesse a seguito del rigetto del ricorso principale.

6. Le spese del giudizio vanno poste a carico della ricorrente e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso principale; dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato.

Condanna la ricorrente a rimborsare in favore della Agenzia delle entrate le spese del giudizio di legittimità che si liquidano in complessivi Euro 4.000,00, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 13 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2018

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