Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33237 del 21/12/2018

Cassazione civile sez. trib., 21/12/2018, (ud. 07/06/2018, dep. 21/12/2018), n.33237

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PERRINO Angel – Maria –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO M.G. – Consigliere –

Dott. LEUZZI Salvatore – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 21548/2018 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, in persona del Direttore p.t., con domicilio

eletto presso gli uffici della predetta Avvocatura, in Roma, via dei

Portoghesi, n. 12;

– ricorrente –

contro

PADANA MACCHINE INDUSTRIALI S.P.A., in persona del suo legale

rappresentante p.t., rappresentato e difeso anche disgiuntamente

dall’Avv. Enzo Gulmanelli e dall’avv. Saverio Gianni, con domicilio

eletto presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, via Pompeo Magno,

n. 3;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale

dell’Emilia Romagna depositata il 24 giugno 2011 n. 72/18/11.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 07 giugno

2018 dal Cons. Salvatore Leuzzi.

Fatto

RILEVATO

che:

– L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna, depositata il 6 giugno 2011, di reiezione dell’appello dalla stessa avanzato avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso della società contribuente per l’annullamento di un avviso di accertamento con cui era stato rideterminato il reddito, il valore della produzione e il volume d’affari, della predetta per l’anno 2003 e recuperate le imposte non versate;

– Il ricorso è affidato a un unico motivo.

– La PMI – Padana Macchine Industriali s.p.a. ha resistito con controricorso, riproponendo questioni già dedotte nel giudizio d’appello che l’aveva vista totalmente vittoriosa.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– Con l’unico motivo di ricorso, l’Agenzia lamenta ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 42 e del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 56, nonchè della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7 (c.d. “Statuto del contribuente”), sostenendo che legittimamente l’avviso di accertamento notificato alla società contribuente possa essere motivato mediante rinvio al processo verbale di constatazione già in precedenza a quest’ultima notificato;

1. Va disattesa l’eccezione di tardività del ricorso per cassazione, invero notificato (mediante spedizione postale il 24 settembre 2012 e ricezione il successivo 26 settembre 2012) e depositato (in data 10 ottobre 2012), ampiamente in anticipo rispetto alla scadenza del termine rilevante ex lege.

2. Va, altresì, respinta, a fronte della proposizione dell’appello avverso la pronuncia di primo grado della Commissione tributaria provinciale nella data del 4 luglio 2009, l’eccezione di intempestività di detto gravame, atteso che in tema di impugnazioni, la modifica dell’art. 327 c.p.c., introdotta dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, sostitutiva del termine di decadenza di sei mesi dalla pubblicazione della sentenza all’originario termine annuale, è applicabile, ai sensi della predetta legge, art. 58, comma 1, ai soli giudizi instaurati dopo la sua entrata in vigore e, quindi, dal 4 luglio 2009, restando irrilevante il momento dell’instaurazione di una successiva fase o di un successivo grado di giudizio (Cass., sez. 6-5-, 6 ottobre 2016, n. 20102; Cass., 6-3, 6 ottobre 2015, n. 19969; Cass., sez. 2, 17 aprile 2012, n. 17060).

3. Invero, il D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 (c.d. “Codice del processo tributario”) non istituisce alcun regime speciale per il processo tributario in ordine all’applicazione del termine lungo d’impugnazione, che possa dirsi impermeabile alle disposizioni transitorie stabilite dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 58.

Viceversa – come chiarito da orientamento di questa Corte cui si ritiene di dare continuità – per il giudizio di cassazione, il richiamato D.Lgs. n. 546 del 1992 fa espressamente riferimento all’applicabilità delle norme del codice di procedura civile, in tal guisa attribuendo prevalenza alle norme processuali ordinarie ed escludendo l’esistenza di un “giudizio tributario di legittimità”, cioè di un giudizio di cassazione speciale in materia tributaria (così Cass. 19 maggio 2017, n. 12642; Cass., 9 marzo 2018, n. 5729). Ne emerge la tempestività del ricorso, proposto entro il termine lungo applicabile ratione temporis dalla pubblicazione della sentenza impugnata (24 giugno 2011), in quanto il giudizio di primo grado è stato instaurato antecedentemente al 4 luglio 2009.

4. Va respinta anche l’eccezione relativa all’acquiescenza che l’Agenzia delle Entrate avrebbe asseritamente prestato verso capi autonomi della sentenza della commissione regionale, capi che, per vero, non si ravvisano, componendosi la pronuncia gravata di un solo capo, di rigetto dell’appello dell’ente fiscale e di contestuale accoglimento dell’appello incidentale del contribuente.

5. Giova, d’altronde, considerare che la Commissione tributaria regionale non si è occupata del merito, ma l’ha giudicato assorbito.

6. E’ noto che costituisce capo autonomo della sentenza, come tale suscettibile di formare oggetto di giudicato anche interno, quello che risolve una questione controversa, avente una propria individualità ed autonomia, sì da integrare astrattamente una decisione del tutto indipendente; la suddetta autonomia manca non solo nelle mere argomentazioni, ma anche quando si verta in tema di valutazione di un presupposto necessario di fatto che, unitamente ad altri, concorre a formare un capo unico della decisione (Cass., 23 marzo 2012, n. 4732; Cass. 18 settembre 2017, n. 21566).

7. Peraltro, il giudizio per cassazione, pur limitato all’esame delle censure specificamente formulate, si estende ai punti della sentenza d’appello che siano connessi a quelli censurati. Nel caso che occupa, è stato dedotto un vizio – quello afferente la sussistenza della motivazione , di cui in appello era stata erroneamente supposta l’inesistenza – che può dirsi, per un verso, assorbente rispetto alle questioni dedotte in appello dalla società contribuente, per altro verso, espressivo, in maniera precisa ed univoca, del proposito di contrastare gli effetti giuridici della pronuncia.

8. Ciò premesso, il motivo di censura è fondato.

9. Mette punto osservare che, secondo quanto esplicitato a pg. 3 della sentenza impugnata, la verifica fiscale produceva due distinti processi verbali di constatazione, ambedue notificati, a distanza di un anno l’uno dall’altro, al legale rappresentante di SOC PMI – Padana Macchine Industriali s.p.a.

10. In tema di motivazione “per relationem” degli atti d’imposizione tributaria, la L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, comma 1, nei prevedere che debba essere allegato all’atto dell’Amministrazione finanziaria ogni documento richiamato nella motivazione di esso, non trova applicazione per gli atti di cui il contribuente abbia già avuto integrale e legale conoscenza per effetto di precedente comunicazione (v. Cass., 14 gennaio 2015, n. 407);

11. Necessita dare continuità all’orientamento secondo cui è pienamente legittimo l’avviso di accertamento notificato al curatore del fallimento, motivato “per relationem”, mediante rinvio al pubblico verbale di constatazione precedentemente notificato (Cass., 5 dicembre 2017, n. 29002; Cass. 7 ottobre 2016, n. 20166; Cass. 27 novembre 2015, n. 24254; Cass. 14 gennaio 2015, n. 407; Cass. 17 dicembre 2014, n. 26527).

12. D’altronde, in base al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42 ed al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 56, solo qualora la motivazione dell’avviso di accertamento faccia riferimento ad un altro atto non conosciuto nè ricevuto dal contribuente, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama salvo che quest’ultimo non ne riproduca il contenuto essenziale, mentre la violazione delle norme evocate non ricorre ove il legale rappresentante della società contribuente sia stato reso destinatario di notifica del processo verbale di constatazione, richiamato dall’avviso di accertamento.

13. Tale impostazione è coerente allo statuto dei diritti del contribuente, in quanto la L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 1, nel prevedere che debba essere allegato all’atto dell’amministrazione finanziaria ogni documento richiamato nella motivazione di esso, non intende certo riferirsi ad atti di cui il contribuente abbia già integrale e legale conoscenza per effetto di precedente notificazione; infatti, un’interpretazione puramente formalistica si porrebbe in contrasto con criterio ermeneutico che impone di dare alle norme procedurali una lettura che, nell’interesse generale, faccia bensì salva la funzione di garanzia loro propria, limitando al massimo le cause d’invalidità o d’inammissibilità chiaramente irragionevoli (v. Cass., 14 gennaio 2015, n. 407; Cass., 2 luglio 2008, n. 18073).

14. Dal predetto accoglimento discende che le domande e le eccezioni non accolte o non esaminate dal giudice d’appello siano vagliate in sede di rinvio (Cass., 5 gennaio 2017, n. 134).

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso principale; cassa la sentenza impugnata; rinvia per un nuovo esame nonchè per la regolazione delle spese ad altra sezione della Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Tributaria della Suprema Corte di Cassazione, il 7 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2018

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