Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33220 del 21/12/2018

Cassazione civile sez. trib., 21/12/2018, (ud. 13/04/2018, dep. 21/12/2018), n.33220

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – rel. Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 25735/2011 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, alla via Portoghesi, n. 12,

presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e

difende come per legge;

– ricorrente –

contro

Z.C.M.G., rappresentata e difesa dall’avv.

Gianfranco Gaffuri e dall’avv. Gabriele Pafundi, con domicilio

eletto in Roma, viale Giulio Cesare, n. 14;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 80/02/11 della Commissione Tributaria

regionale della Lombardia depositata il 10 giugno 2011;

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 13 aprile 2018

dal Consigliere Pasqualina Anna Piera Condello;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

generale, dott. Pasquale Fimiani, che ha concluso chiedendo

l’inammissibilità del ricorso principale e del ricorso incidentale;

udito il difensore della parte controricorrente, Avv. Gabriele

Pafundi.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La contribuente Z.C.M.G. impugnava dinanzi alla Commissione Tributaria regionale la sentenza resa dalla Commissione Tributaria provinciale con cui era stato respinto il ricorso dalla stessa proposto avverso l’avviso di accertamento emesso dalla Agenzia delle Entrate, con il quale erano state determinate, sulla base del presupposto della edificabilità di alcuni terreni ceduti, le plusvalenze di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 81, comma 1, lett. a) e b) e art. 82, commi 1 e 2, non dichiarate a seguito di vendita dei medesimi immobili ricevuti per successione ereditaria.

L’appellante contestava, in primo luogo, la dedotta edificabilità dei terreni, in quanto subordinata alla approvazione degli strumenti attuativi e quindi alla possibilità di ottenere il titolo abilitativo per l’esecuzione dei lavori.

Con riguardo al terreno di più ampia estensione, sito in (OMISSIS), ceduto al prezzo di Euro 1.136.207,25, rilevava che tale corrispettivo era stato illegittimamente rettificato sulla base del valore venale di Euro 2.324.000,00, desunto dalla rettifica operata dall’Ufficio per l’applicazione dell’imposta di registro, e che nel calcolo della plusvalenza l’Ufficio avrebbe dovuto tenere conto delle spese incrementative da aggiungere al costo storico rivalutato (quali tasse di successione, oneri notarili); contestava, inoltre, la metodologia di accertamento adottata dall’Agenzia, dato che nell’atto di cessione aveva dichiarato il prezzo realmente corrisposto dalla parte acquirente, precisando che l’immobile era stato ceduto nel biennio successivo al prezzo di Euro 1.600.000,00.

Con riferimento agli altri beni ceduti con distinti atti in data 31 gennaio 2003, evidenziava che si trattava di terreni non edificabili, essendo alcuni di essi posti a ridosso di arenili non edificabili, e che in ogni caso la quota di plusvalenza accertata a suo carico era errata, poichè l’Ufficio non aveva detratto dai prezzi di cessione il costo storico dei terreni rivalutato ed aumentato delle spese incrementative sostenute (tasse di successione, oneri notarili).

L’Ufficio ribadiva che tutti i terreni oggetto di accertamento erano edificabili ed a conferma della legittimità del calcolo delle plusvalenze richiamava altra sentenza pronunciata dalla Commissione tributaria regionale di Rimini, che aveva respinto il ricorso proposto dalla contribuente, confermando il valore del terreno in Euro 2.324.000,00, come accertato ai fini dell’imposta di registro.

La Commissione tributaria regionale, premesso che tutti i terreni erano edificabili, dato che ai fini fiscali per qualificare una area edificabile era sufficiente che il terreno compravenduto fosse inserito nello strumento urbanistico generale adottato dal Comune, indipendentemente dalla approvazione della Regione e dall’adozione di strumenti attuativi del medesimo, in parziale accoglimento dell’appello, rideterminava il valore della plusvalenza relativa al terreno sito in (OMISSIS) ed annullava le plusvalenze relative ai terreni siti in Rimini.

Motivava che la Commissione Tributaria regionale di Bologna, con sentenza n. 89/06/09, aveva parzialmente accolto l’appello proposto dalla Geg Immobiliare s.r.l, acquirente del terreno sito in (OMISSIS), in sede di accertamento dell’imposta di registro, riducendo il valore accertato dall’Ufficio del Registro da Euro 2.324.000,00 ad Euro 1.800.000,00; poichè tale ultimo importo faceva presuntivamente ritenere che il prezzo indicato nell’atto di cessione non corrispondeva a quello effettivamente incassato e considerato che la contribuente non aveva offerto elementi idonei a superare la discordanza tra valore venale e corrispettivo effettivamente incassato, riteneva legittima la rettifica operata dall’Ufficio, ma riduceva la plusvalenza.

Con riferimento alle plusvalenze relative agli altri terreni ceduti, il giudice di appello evidenziava che l’Ufficio non aveva chiarito da dove avesse desunto i “valori di acquisto” dei terreni su cui aveva applicato la rivalutazione Istat, sottolineando che l’Amministrazione avrebbe dovuto applicare il T.U.I.R., art. 68, secondo cui “per i terreni acquistati per effetto di successione o donazione si assume come prezzo di acquisto il valore dichiarato nelle relative denunce ed atti registrati, od in seguito definito e liquidato, aumentato di ogni altro costo successivo inerente, nonchè dell’imposta comunale sull’incremento di valore degli immobili e di successione”; osservava pure che l’Ufficio aveva adottato un indice Istat di rivalutazione che, essendo frutto di calcoli eseguiti su un “campione statistico rappresentativo di beni e servizi”, era inadatto per rivalutare in maniera oggettiva il costo o valore di acquisto di terreni diversi per superficie ed ubicazione.

Avverso la suddetta decisione ha proposto ricorso per cassazione la Agenzia delle Entrate, affidandolo a sette motivi.

La contribuente resiste con controricorso e propone ricorso incidentale, con due motivi, ulteriormente illustrati con memoria ex art. 378 c.p.c.

La Agenzia delle Entrate ha depositato controricorso al ricorso incidentale.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. La controricorrente ha eccepito, in via preliminare, la inammissibilità del ricorso perchè proposto oltre il termine di mesi sei dalla pubblicazione della sentenza impugnata, giusta la modifica dell’art. 327 c.p.c., introdotta dalla L. n. 69 del 2009.

1.1. La eccezione è infondata.

In tema di impugnazioni nel processo tributario, la modifica dell’art. 327 c.p.c., introdotta dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 46, che ha sostituito con il termine di decadenza di sei mesi dalla pubblicazione della sentenza l’originario termine annuale, è applicabile, ai sensi della predetta legge, art. 58, comma 1, ai soli giudizi instaurati dopo la sua entrata in vigore e, quindi, dal 4 luglio 2009, restando irrilevante il momento dell’instaurazione di una successiva fase o di un successivo grado di giudizio (Cass. n. 15741 del 21/06/2013; n. 17060 del 5/10/12; n. 19969 del 6/10/15).

Il termine per il gravame risulta pertanto osservato, posto che la sentenza della Commissione tributaria regionale è stata pubblicata in data 10 giugno 2011, mentre il ricorso è stato proposto in data 2 dicembre 2011, e quindi nel termine previsto, che era quello cosiddetto lungo di un anno e 46 giorni, atteso che la novella di mesi sei, introdotta con la L. n. 69 del 2009, art. 46, non è applicabile nella presente controversia, giusta il disposto dell’art. 58 della stessa, secondo cui l’entrata in vigore di tale disposizione coincideva con il 4 luglio 2009, senza possibilità di efficacia retroattiva ai procedimenti già pendenti.

2. Con il primo motivo la Agenzia delle Entrate censura la sentenza, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per violazione dell’art. 112 c.p.c..

Premettendo che, con autonomo ricorso, la contribuente, in qualità di parte venditrice, ha impugnato l’avviso di rettifica ai fini dell’imposta di registro emesso dall’Ufficio di Rimini avente ad oggetto l’atto di vendita dell’immobile sito in (OMISSIS) e che il giudizio si è concluso con il rigetto del ricorso con sentenza n. 51/3/09 passata in giudicato, lamenta che la Commissione Tributaria regionale sarebbe incorsa in un vizio di ultrapetizione per avere, in difetto di eccezione della contribuente, rideterminato il valore del terreno sito in (OMISSIS) facendo riferimento al valore accertato ai fini dell’imposta di registro dalla Commissione tributaria di Bologna con altra sentenza pronunciata nell’ambito di diverso giudizio, promosso dalla G.E.G. Immobiliare s.r.l., parte acquirente coobbligata.

3. Con il secondo motivo la ricorrente deduce violazione dell’art. 324 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, poichè il giudice di appello, non tenendo conto che la sentenza della Commissione tributaria regionale n. 51/3/09, pronunciata nei confronti della stessa contribuente, aveva accertato il valore del terreno pari ad Euro 2.324.000, avrebbe violato il giudicato.

4. Con il terzo motivo censura la sentenza per violazione dell’art. 1306 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la Commissione regionale invocato a sostegno della decisione la sentenza pronunciata dalla Commissione tributaria regionale nei confronti della parte acquirente, anzichè quella della C.T.R. di Rimini, considerato che quest’ultima, essendo sfavorevole alla contribuente, precludeva alla Z. di potersi avvalere degli effetti favorevoli derivanti dalla sentenza pronunciata nei confronti della società acquirente.

5. Con il quarto motivo la ricorrente censura la sentenza per illogicità della motivazione, lamentando che il giudice di appello non avrebbe potuto fare riferimento ai valori accertati dalla C.T.R. di Bologna con la sentenza n. 89/6/09.

6. Il primo, il secondo, il terzo ed il quarto motivo sono infondati.

Questa Corte in passato aveva affermato che ” se i principi relativi alla determinazione dell’imponibile divergono, nel caso di trasferimento di un bene, a seconda dell’imposta che si deve applicare, poichè, quando si tratta di imposta sul reddito, ai fini dell’accertamento della plusvalenza patrimoniale occorre verificare la differenza realizzata tra il prezzo di acquisto ed il prezzo di cessione del bene, mentre, quando si tratta di imposta di registro, si ha riguardo al valore di mercato del bene medesimo, ciò, per altro, non esclude che l’Amministrazione finanziaria possa procedere, in via induttiva, all’accertamento del reddito da plusvalenza sulla base dell’accertamento di valore effettuato in sede di applicazione dell’imposta di registro. E’ onere probatorio del contribuente (anche con il ricorso ad elementi indiziari) superare la presunzione di corrispondenza del prezzo incassato con il valore di mercato accertato in via definitiva in sede di applicazione dell’imposta di registro, dimostrando di avere, in concreto, venduto ad un prezzo inferiore” (Cass. 24/7/2014, n. 16840; Cass. n. 16254 del 31/7/2015; n. 14485 del 19/6/2009).

6.1. Recentemente, tuttavia, la Corte, tornando ad occuparsi dell’argomento, ha stabilito che il principio sopra richiamato è ormai stato superato alla stregua dello ius superveniens rappresentato dal D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 147, art. 5,comma 3, il quale prevede che “il T.U.I.R., artt. 58,68,85 e 86, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, e il D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, artt. 5,5-bis, 6 e 7, si interpretano nel senso che per le cessioni di immobili e di aziende, nonchè per la costituzione ed il trasferimento di diritti reali sugli stessi, l’esistenza di un maggior corrispettivo non è presumibile soltanto sulla base del valore anche se dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di registro di cui al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, ovvero delle imposte ipotecaria e catastale di cui al D.lgs. 31 ottobre 1990, n. 347” (Cass. n. 16115 del 28/6/2017).

6.2. Come questa Corte ha avuto modo di chiarire, la norma è da ritenersi applicabile anche nei giudizi in corso, atteso l’intento interpretativo espresso dal legislatore e considerato che, come affermato dalla Corte Cost. con la sentenza n. 246 del 1992, il carattere retroattivo costituisce elemento connaturale alle leggi interpretative.

Peraltro, anche qualora si volesse porre in dubbio che la norma in esame sia effettivamente interpretativa, la volontà del legislatore di attribuire ad essa il carattere retroattivo, che è proprio della norma interpretativa, trova nella specie ulteriore conferma del cit. art. 5, comma 4, laddove si prevede che le disposizioni di cui al comma 1 si applicano a decorrere dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto, ma nulla si prevede per i commi 2 e 3 (disposizioni formulate come norme interpretative); tale circostanza contribuisce ad eliminare ogni dubbio circa l’intento del legislatore di attribuire carattere retroattivo alle previsioni dei suddetti commi (Cass. n. 7488 del 15/4/2016; n. 3590 del 10/2/17; n. 1074 del 18/1/2017; n 12265 del 17/5/2017).

6.3. Per effetto del mutato quadro normativo, dunque, la Corte ha stabilito che il principio di corrispondenza del prezzo della cessione del bene a quello coincidente con il valore di mercato accertato in via definitiva in sede di applicazione dell’imposta di registro (salva la dimostrazione, da parte del contribuente, di avere venduto o acquistato il bene ad un prezzo inferiore) non è più legittima in quanto ormai superata alla stregua dello ius superveniens (Cass. n. 6135 del 30/3/2016; n. 11543 del 6/6/2016).

La sentenza impugnata non si è uniformata alla nuova disposizione normativa, poichè ha fatto riferimento, ai fini della determinazione della plusvalenza relativa al terreno di (OMISSIS), al valore di Euro 1.800.000,00 accertato dalla sentenza n. 89/6/09 della Commisione Tributaria regionale di Bologna in sede di applicazione della imposta di registro ed ha conseguentemente ritenuto che l’Ufficio era legittimato a rettificare il corrispettivo indicato nell’atto (Euro 1.136.207,25), divergente da quello accertato in sede di imposta di registro.

7. Con il quinto motivo la ricorrente deduce illogicità della motivazione, laddove il giudice di appello, con riguardo alle plusvalenze riferite alla vendita dei terreni siti in Rimini, contesta all’Ufficio di non avere motivato “da dove aveva desunto i valori di acquisto” dei medesimi terreni.

7.1. Il motivo è infondato.

La sentenza, con argomentazioni esaustive ed immuni da vizi logici, ha ritenuto di dover annullare le plusvalenze, motivando che la metodologia seguita dall’Ufficio non consentiva di chiarire da dove fossero stati desunti i valori di acquisto dei terreni su cui era stata poi applicata la rivalutazione e che, in ogni caso, trattandosi di terreni acquistati per effetto di successione, l’Ufficio avrebbe dovuto prendere in considerazione i valori definiti in sede di imposta di successione, come previsto dal T.U.I.R., art. 68, comma 2.

La motivazione è dunque esente dalla censura ad essa rivolta.

8. Con il sesto motivo la ricorrente, censurando la sentenza per violazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 68, comma 2, assume che la Commissione tributaria regionale, contestando la applicazione di un unico indice Istat per beni aventi caratteristiche diverse, ha violato la disposizione normativa richiamata in rubrica che impone di rivalutare il prezzo di acquisto del bene immobile con l’indice Istat dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati.

8.1. Il motivo è infondato, in quanto il giudice di appello non ha affermato che l’indice di rivalutazione adottato dall’Ufficio non dovesse essere applicato, ma si è piuttosto limitato a rilevare difetti e carenze nell’applicazione dell’indice, sottolineando che la valutazione effettuata attraverso un moltiplicatore unico ed indistinto per tutti i terreni non consentiva di tenere conto delle diverse caratteristiche intrinseche dei singoli terreni.

9. Con il settimo motivo la ricorrente censura la sentenza per “illogica motivazione”, nella parte in cui si legge “Infine, sulla scelta dei valori o prezzi di acquisto dei terreni su cui l’Ufficio non ha motivato, non può non rilevarsi che pro-appellante rileva favorevolmente la circostanza dell’annullamento di tutti gli avvisi di rettifica e liquidazione, in sede di imposta di registro, da parte dell’Ufficio di Rimini 1”.

9.1. Il motivo è inammissibile. La ricorrente contesta alla Commissione tributaria regionale che l’affermazione contenuta in sentenza, sopra ritrascritta, evidenzia la mancata lettura dell’avviso di rettifica, nel quale si dava atto delle rettifiche, e che gli avvisi annullati in autotutela erano stati emessi ai fini dell’imposta di registro e non ai fini Irpef, ma tale censura non può essere valutata da questo Collegio per difetto di autosufficienza, non essendo stato trascritto il contenuto degli avvisi di rettifica e di liquidazione.

10. Con il primo motivo del ricorso incidentale la contribuente censura la sentenza per “motivazione omessa su un punto decisivo della controversia, ossia sulla asserita assenza di una controprova alla presunzione che l’Ufficio avrebbe desunta dai valori accertati ai fini dell’imposta di registro, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”.

Dopo avere richiamato e trascritto in ricorso tutte le argomentazioni difensive esposte in sede di appello al fine di dimostrare la infondatezza dell’accertamento con riguardo alle plusvalenze derivanti dal terreno sito in (OMISSIS), quali la inattendibilità della perizia cui si era attenuta la Agenzia, la affidabilità di altra perizia giurata (a firma del geometra G.) che indicava un valore di poco inferiore al prezzo pattuito, il prezzo a cui era stato ceduto il terreno con la vendita successiva, la posizione geografica del terreno, lontano da mare, e la esistenza di pretese rivendicative da parte di un terzo, che inevitabilmente incidevano sul valore commerciale del bene, lamenta che la Commissione tributaria regionale non ha assolutamente vagliato i suddetti elementi che avrebbero potuto condurla ad una diversa decisione.

11. Con il secondo motivo deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza impugnata per omesso esame di alcune censure esposte dall’appellante e ribadisce che il giudice di appello non si è pronunciato sulle censure ed eccezioni da essa proposte, richiamate con il primo motivo.

11.1. Il primo motivo è fondato con assorbimento del secondo motivo.

Il giudice di appello, pur avendo ridotto la plusvalenza derivante dalla vendita del terreno rispetto a quella accertata dall’Ufficio, ha totalmente omesso di prendere in esame i molteplici elementi indiziari evidenziati dalla contribuente in sede di appello al fine di dimostrare che il corrispettivo previsto in contratto coincideva sostanzialmente con il valore di mercato del bene immobile e, quindi, che non si era avverata, in alcuna misura, la plusvalenza accertata dall’Agenzia delle Entrate, rendendo in tal modo una motivazione del tutto insufficiente.

La Commissione tributaria regionale si è, infatti, limitata ad affermare in modo apodittico che l’appellante non aveva superato l’onere probatorio a suo carico, ma non ha in alcun modo spiegato il ragionamento logico-giuridico in forza del quale è giunto alla conclusione che gli elementi offerti dalla Z. al fine di escludere qualunque plusvalenza non fossero idonei a dimostrare un minor valore dell’immobile.

12. In conclusione, il ricorso proposto dalla Agenzia delle Entrate deve essere respinto e deve essere accolto il primo motivo del ricorso incidentale, assorbito il secondo motivo, e la sentenza deve essere cassata, con rinvio della causa alla Commissione tributaria della Lombardia, in diversa composizione, per nuovo esame, anche della luce dello ius superveniens, oltre che per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale dell’Agenzia delle Entrate, accoglie il primo motivo del ricorso incidentale e dichiara assorbito il secondo motivo del ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Commissione Tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 13 aprile 2018.

Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2018

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