Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33214 del 21/12/2018

Cassazione civile sez. VI, 21/12/2018, (ud. 27/09/2018, dep. 21/12/2018), n.33214

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14778-2017 proposto da:

I.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G. NICOTERA

29, presso lo studio dell’avvocato CATELLI BERNARDINO, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

LE ASSICURAZIONI DI ROMA MUTUA ASSICURATRICE ROMANA, in persona del

Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DOMENICO CHELINI 5, presso lo studio dell’avvocato TORTORELLA MARCO,

che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

contro

S.E., COTRAL SPA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2597/2016 della (ORE D’APRI D di ROMA,

depositata il 19/05/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 27/09/2018 dal Consigliere. Dott. CHIARA GRAZIOSI.

La Corte.

Fatto

RILEVATO

che:

Avendo I.G. adito il Tribunale di Frosinone per ottenere il risarcimento dei danni da sinistro stradale del 17 giugno 2006 che gli sarebbero derivati dalla collisione in cui su un motociclo egli era incorso con un autobus CO.TRA.L. condotto da S.E. e assicurato presso Le Assicurazioni di Roma, il Tribunale, con sentenza del 25 novembre 2011, dichiarava una concorsuale responsabilità paritetica del motociclista e dell’autista, conseguentemente condannando al risarcimento.

CO.TRA.L. proponeva appello principale e I.G. appello incidentale. La Corte d’appello di Roma, con sentenza del 22 aprile-19 maggio 2016, rigettava la domanda di I.G. e il suo appello incidentale, condannandolo a restituire quanto ricevuto in forza della sentenza di primo grado.

I.G. ha presentato un ricorso, articolato in sette motivi. Si è difesa Le Assicurazioni di Roma. Il ricorrente ha depositato anche memoria.

Diritto

RITENUTO

che:

Il primo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, violazione dell’art. 112 c.p.c. per omesso esame della domanda di responsabilità esclusiva e/o maggioritaria del conducente dell’autobus dall’attuale ricorrente proposta con l’appello incidentale.

Si tratta di un motivo manifestamente infondato, perchè non tiene conto delle ragioni di accoglimento dell’appello principale, che logicamente hanno condotto anche a disattendere l’appello incidentale, dal momento che si è accertata una esclusiva responsabilità dell’attuale ricorrente nella causazione del sinistro, superando quindi pure il profilo maggioritario come manifestazione di una spartizione di responsabilità che l’accoglimento dell’appello principale ha negato: non vi è stata, pertanto, alcuna omessa pronuncia, bensì un ovvio assorbimento.

Il secondo motivo denuncia la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. nonchè artt. 140,141,143,150 e 156 C.d.S. e omesso esame di fatto discusso e decisivo in ordine alla omessa valutazione della condotta di guida del S. e delle circostanze spaziotemporali che avrebbero concorso al sinistro; il terzo violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. per essere la sentenza d’appello fondata su un ragionamento apodittico, presuntivo e obiettivamente carente di supporto logico-giuridico, nonchè su una ricostruzione ed una interpretazione dei fatti estremamente superficiali e contrarie alle evidenze probatorie emergenti dagli atti; il quarto ancora violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. per omesso esame di fatto discusso e decisivo: mancherebbe motivazione per omessa valutazione di prova decisiva a discarico e sussisterebbero travisamento della prova e totale obliterazione della testimonianza di C.A.. Pure il quinto denuncia violazione degli articoli 115 e 116 c.p.c. per omesso esame di fatto discusso e decisivo: vi sarebbe manifesto errore nella valutazione della testimonianza di C.A.. Sulla stessa linea si colloca poi il sesto, denunciante violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. per avere il giudice di merito distorto ed alterato le dichiarazioni del consulente tecnico di parte dell’attuale ricorrente, che avrebbe del tutto travisate in ordine alla questione dell’invasione di corsia. E anche il settimo, infine, denuncia violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonchè degli artt. 2054 e 1227 c.c., censurando la corte territoriale per avere ritenuto inattendibile la testimonianza del teste C. e “travisato” la consulenza tecnica di parte, “senza avere certamente raggiunto la piena prova” dell’esclusiva responsabilità di uno solo dei due conducenti e quindi senza superare la presunzione dell’art. 2054 c.c.

In tutte queste censure le norme invocate nelle rubriche costituiscono lo schermo – di agevole rimozione – di un diretto riesame degli esiti dell’istruttoria, così da perseguire, inammissibilmente, una revisione della cognizione di merito da parte del giudice di legittimità. Nè le argomentazioni dispiegate nella memoria, che tra l’altro tentano di spostare l’obiettivo sulla struttura motivazionale, sono idonee a svellere i motivi in esame da una evidente inammissibilità, nel senso di intrusione della cognizione di fatto nella giurisdizione di legittimità al di fuori dei canoni imposti dall’art. 360 c.p.c., e in particolare dal suo n.5 nel vigente testo. Nè, infine, tale risultato viene conseguito con il riferimento agli artt. 115 e 116 c.p.c., sempre richiamati come chiave di lettura nelle sei censure de quibus. In esse la violazione degli artt. 115e 116 c.p.c. non può comunque sussistere, per quanto insegna Cass. sez. 3, 10 giugno 2016 n. 11892, che, a proposito dell’art. 115 c.p.c., indica che la violazione “può essere dedotta come vizio di legittimità solo denunciando che il giudice ha dichiarato espressamente di non dover osservare la regola contenuta nella norma, ovvero ha giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, e non anche che il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, ha attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre”, e, a proposito dell’articolo 116 c.p.c. (norma che sancisce il principio della libera valutazione delle prove, salva diversa previsione legale), ritiene denunciabile vizio ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, ma “solo quando il giudice di merito disattenda tale principio in assenza di una deroga normativamente prevista, ovvero, all’opposto, valuti secondo prudente apprezzamento una prova o risultanza probatoria soggetta ad un diverso regime” (sulla modalità di deduzione del vizio di violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. cfr. pure, in motivazione, S.U. 5 agosto 2016 n. 16598).

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente alla rifusione delle spese del grado – liquidate come da dispositivo – alla controricorrente; sussistono altresì D.P.R. n. 115 del 2012, ex art. 13, comma 1 quater, i presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo, comma 1 bis.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso, condannando il ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese processuali, liquidate in complessivi Euro 6000, oltre a Euro 200 per gli esborsi e al 15% per spese generali, nonchè agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 27 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2018

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