Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3321 del 12/02/2010

Cassazione civile sez. I, 12/02/2010, (ud. 22/09/2009, dep. 12/02/2010), n.3321

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PROTO Vincenzo – Presidente –

Dott. PANEBIANCO Ugo Riccardo – Consigliere –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso n. 23429/07 proposto da:

P.A., in persona del procuratore generale Pe.

A., giusta procura per notar Zipparri Paolino in data 24

maggio 2003, registrata a Barletta in data 1 giugno 1983 al n. 4328,

elettivamente domiciliato in Roma, via L. Mantegazza 24 (presso il

cav. Luigi Gardin), rappresentato e difeso dall’avv. Ventura

Costantino per procura in atti;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI STORNARA, in persona del Sindaco pro tempore;

– intimato –

sul ricorso n. 26925/07 proposto da:

COMUNE DI STORNARA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in Roma, Corso Trieste 87, presso l’avv. Gregoria Failla,

rappresentato e difeso dall’avv. Raffaele De Vitto per procura in

atti;

– ricorrente incidentale –

contro

P.A., in persona del procuratore generale Pe.

A. giusta procura per notar Zipparri Paolino in data 24 maggio

2003, registrata a Barletta in data 1 giugno 1983 al n. 4328,

elettivamente domiciliato in Roma, via L. Mantegazza 24 (presso il

cav. Luigi Gardin), rappresentato e difeso dall’avv. Costantino

Ventura per procura in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte di appello di Bari n. 626/06 del 29

giugno 2006.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22

settembre 2009 dal relatore, cons. Dr. Stefano Schirò;

udito, per il ricorrente principale, l’avv. Costantino Ventura, che

ha chiesto l’accoglimento del ricorso e, in subordine, ha insistito

sull’eccezione di illegittimità costituzionale del D.L. n. 1992 del

333, art. 5 bis in relazione all’art. 117 Cost., comma 1, e art. 111

Cost., e sulla remissione degli atti alla Corte costituzionale;

udito il P.M., in persona del sostituto procuratore generale, dott.

RUSSO Rosario Giovanni, che ha concluso, chiedendo, previa riunione

dei ricorsi, il rigetto del ricorso incidentale e l’accoglimento di

quello principale, con riferimento a tutti i motivi, escluso

l’ottavo.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con sentenza n. 664 del 18 maggio 2004, il Tribunale di Foggia – all’esito del giudizio avente ad oggetto il risarcimento dei danni da occupazione illegittima introdotto nei confronti del Comune di Stornara da P.A., quale proprietario di alcuni suoli occupati da detto Comune nell’ambito di un programma di edificazione di alloggi per edilizia residenziale pubblica e irreversibilmente trasformati, per i quali con decreti sindacali n. 6970 del 5 novembre 1983 e n. 3801 del 30 maggio 1986 era stata disposta l’occupazione di urgenza per la durata di cinque anni, senza che però fosse stata completata la procedura ablatoria e si fosse provveduto alla tempestiva emissione del decreto di esproprio, e dopo che con sentenza non definitiva n. 2386 del 12 dicembre 2001 era stato riconosciuto il diritto dell’attore al risarcimento dei danni per la illegittima occupazione dei suoli di sua proprietà, irreversibilmente trasformati in seguito alla realizzazione di opere edilizie – accoglieva la domanda risarcitoria del P., condannando il Comune convenuto, ritenuto responsabile della illegittima occupazione, al pagamento della complessiva somma rivalutata di Euro 370.813,00, oltre a interessi legali dall’I luglio 2003 fino al saldo, e delle spese processuali.

2. Con successiva sentenza n. 626/06 del 29 giugno 2006 la Corte di appello di Bari, pronunciando sull’appello principale del Comune di Stornara e su quello incidentale del P. e in parziale modifica della sentenza impugnata, condannava il Comune di Stornara al risarcimento dei danni per l’ablazione dei suoli in questione, nella inferiore misura, rispettivamente, di Euro 84.990,00 e di Euro 22.070,00, oltre a rivalutazione e interessi, nonchè al pagamento delle ulteriori somme di Euro 21.247,50 e di Euro 10.683,75, oltre a interessi legali, a titoli di indennità per occupazione legittima.

3. A fondamento della decisione, e per quel che rileva nel presente giudizio di cassazione, la Corte di merito così motivava;

3.a. alla stregua delle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio espletata dall’ing. Pa., secondo la quale i suoli occupati avevano indubbia destinazione edificatoria, non poteva essere condiviso l’assunto del Comune di Stornara, per il quale le aree in questione avrebbero dovuto essere valutate come terreni agricoli;

inoltre non poteva farsi riferimento, ai fini della determinazione del valore dei terreni, agli atti di cessione volontaria intercorsi negli anni di riferimento tra Io stesso P. e il Comune di Stornara, relativamente ad altri suoli compresi nel medesimo PEEP per prezzi di cessione non superiori a L. 22.000 a mq.; non si rinveniva infatti negli atti di causa alcun specifico elemento di riscontro dell’asserita omogeneità dei suoli in esame rispetto a quelli ceduti, mentre, per altro verso, il prezzo di cessione, convenuto tra le parti in base a motivazioni ignote, non aveva nulla a che vedere con il valore reale di mercato dei terreni in questione, all’epoca di scadenza dei rispettivi periodi di occupazione legittima;

3.b. anche il valore dei suoli doveva essere determinato in base alla stima compiuta dal consulente tecnico d’ufficio in modo analitico, in mancanza di validi parametri per una stima sintetico comparativa, e da condividersi pienamente, in quanto “sviluppata in modo tecnicamente ineccepibile alla stregua delle volumetrie potenziali edificabili e dell’indice di fabbricabilità territoriale stabilito dal PRG, secondo un’opportuna incidenza parametrata alle effettive caratteristiche di ciascun suolo”;

3.c. nella determinazione del danno doveva applicarsi la formula di cui alla L. n. 662 del 1996, art. 3, comma 65, applicabile alla fattispecie di accessione invertita in esame, mentre l’indennità per i periodi quinquennali di occupazione legittima andava calcolata sulla base dell’interesse legale del 5%, dovendosi in tal senso emendare gli importi indicati nella sentenza di primo grado, peraltro determinati in maniera globale e poco decifrabile.

4. Per la cassazione di tale sentenza ricorre il P. sulla base di otto motivi, illustrati con memoria. Resiste con controricorso il Comune di Stornara, che propone anche ricorso incidentale con due motivi, a cui il P. resiste con controricorso.

All’odierna pubblica udienza è stata disposta, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., la riunione dei ricorsi, in quanto attinenti all’impugnazione della medesima sentenza.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente principale – denunciando “violazione e falsa applicazione dell’istituto dell’accessione invertita, alla luce anche della disposizione introdotta nell’ordinamento italiano (D.P.R. n. 327 del 2001, art. 43) a seguito della giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo”, nonchè “violazione e falsa applicazione dei principi legislativi e giurisprudenziali in materia di risarcimento di danni conseguenti ad occupazioni illegittime (art. 2043 c.c.)” – lamenta che la sentenza impugnata abbia applicato i criteri in materia di accessione invertita elaborati dalla giurisprudenza della Corte di cassazione e integrati dalla successiva legislazione e in particolare dalla L. n. 662 del 1996 (art. 3, comma 65), sopravvissuta alla sentenza della Corte costituzionale n. 148 del 1999 e che, aggiungendo il al D.L. n. 332 del 1992, art. 5 bis, comma 7 bis convertito nella L. n. 359 del 1992, ha previsto l’applicazione anche ai risarcimenti dovuti in conseguenza delle occupazioni illegittime e dell’accessione invertita i riduttivi criteri indennitari applicati alle espropriazioni legittime. Deduce il ricorrente che i richiamati criteri non sono più applicabili nell’ordinamento italiano, nè per quanto riguarda l’accessione invertita in quanto tale, nè per quel che concerne la ridotta determinazione del risarcimento, alla stregua dei principi fissati dalla giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo, che hanno potato all’approvazione in Italia del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, (T.U.), entrato in vigore il 30 giugno 2003, il quale all’art. 43 ha introdotto un meccanismo di particolare sanatoria delle occupazioni illegittime, imponendo alle amministrazioni – come solo mezzo per evitare la restituzione dell’immobile – di emettere un formale provvedimento di acquisizione, che riconosca lo scopo di pubblica utilità dell’opera abusivamente realizzata e determini l’intero valore venale spettante al privato, compreso quello delle costruzioni realizzate sull’area occupata, secondo un meccanismo riconosciuto valido dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato e dal Comitato dei ministri presso il Consiglio d’Europa. Di conseguenza, sempre secondo il P., l’aver applicato al caso di specie l’istituto dell’accessione invertita ha costituito “un grave errore, in quanto la proprietà del suolo che è stato irreversibilmente trasformato non si può trasferire in virtù di un mero fatto illecito, ma unicamente in virtù di un formale provvedimento amministrativo di acquisizione, sia pur adottato quale sanatoria” e “fino all’intervento del provvedimento di acquisizione, devono essere pagati i danni per tutto il periodo in cui si è protratta l’occupazione”.

In ogni caso l’ammontare del risarcimento non può essere determinato secondo il criterio stabilito dalla L. n. 352 del 1992, art. 5 bis, comma 7 bis, non più applicabile nell’ordinamento italiano per violazione dell’alt. 1 del protocollo addizionale della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo, ma avrebbe dovuto essere determinato in misura maggiore, secondo il valore venale del suolo, senza le limitazioni previste dall’art. 5 bis cit., comma 7 bis.

2. In via subordinata, nel caso di mancato accoglimento del primo motivo e nell’ipotesi che si ritenga ancora applicabile l’istituto dell’accessione invertita, il ricorrente principale propone gli ulteriori seguenti motivi di censura:

2.1 violazione dell’art. 42 Cost. e illegittimità costituzionale del D.L. n. 332 del 1992, art. 5 bis, convertito nella L. n. 359 del 1992, che sostanzialmente ha dimezzato l’ammontare dell’indennità di espropriazione, e del comma 7 bis di tale articolo che ha esteso anche al risarcimento dei danni da occupazione illegittima il criterio previsto per la determinazione dell’indennità di espropriazione, maggiorato del 10%;

2.2. violazione e falsa applicazione degli artt. 194 e 196 c.p.c., per avere la Corte di merito recepito integralmente le valutazioni di primo consulente tecnico d’ufficio (ing. Pa.), senza alcuna motivazione e senta tener conto delle critiche sollevate in ordine a tali valutazioni dalla sentenza parziale del Tribunale, che era arrivato a sostituire tale consulente con altro consulente (ing. B.), la cui relazione, sebbene accompagnata, a differenza della prima, dalla indicazione delle fonti di riferimento e adeguatamente argomentata, è stata del tutto pretermessa;

2.3. omessa motivazione sul fatto decisivo della controversia della maggiore consistenza delle due aree occupate (rispettivamente mq.

7.392, anzichè 6.590 per la prima occupazione e mq. 2.106, anzichè 1.825 per la seconda occupazione), fatta oggetto – avendo il secondo c.t.u. rilevato delle discordanze rispetto alle superfici indicate negli originari decreti di occupazione – di specifico motivo di appello incidentale, ignorato dalla Corte di appello, che ha utilizzato le indicazioni di superficie riportate negli originari decreti di occupazione e richiamate dal primo c.t.u.;

2.4. omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa il fatto decisivo della controversia relativo alla valutazione dei valori dei suoli nelle diverse epoche, per non avere la Corte di merito tenuto conto che l’appello incidentale era diretto a contestare la relazione del c.t.u, ing. B., e non quella del c.t.u., ing. Pa., così riferendo le censure mosse dall’appellante incidentale ad una relazione di c.t.u. diversa da quella esaminata dalla sentenza appellata, e per avere la stessa Corte capovolto la legge economica, di comune esperienza anche giurisprudenziale e costituente fatto notorio, secondo cui il valore dei suoli è inversamente proporzionale alla loro estensione;

2.5. omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su fatti decisivi della controversia, riguardanti “la considerazione degli immobili come edilizia economica e popolare” e “l’epoca a cui riferire la valutazione degli immobili”, per avere la Corte di merito recepito integralmente la valutazione dei terreni compiuta dall’ing. Pa., il quale aveva però errato prendendo a riferimento i valori a metro cubo previsti per interventi di edilizia economica e popolare, anzichè quelli del libero mercato, e per aver fatto riferimento all’inizio e non alla scadenza dei periodi di occupazione legittima;

2.6. violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., per omesso esame dell’appello incidentale proposto dall’ing. P.A. con la comparsa di costituzione in data 1 febbraio 2005, in ordine ai criteri di determinazione del risarcimento del danno da occupazione illegittima e dell’indennità di occupazione legittima;

2.7. violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., per avere la Corte disposto la compensazione delle spese, sebbene l’appello principale sia stato del tutto rigetto e quello incidentale neppure esaminato.

3. Con il primo motivo del ricorso incidentale, il Comune di Stornara – denunciando omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione sulla mancata considerazione, da parte della Corte di merito, della rilevanza, ai fini della quantificazione del danno risarcibile, degli atti di cessione volontaria dei terreni effettuati dal P. in favore di soggetti che hanno costruito nell’ambito del PEEP – deduce di aver fornito, diversamente da quanto sostenuto dai giudici di appello, la prova documentale della omogeneità tra i suoli oggetto delle cessioni volontarie e quelli oggetto dell’accessione invertita, producendo un serie di atti di cessione volontaria effettuati dal medesimo P. per aree comprese nello stesso PEEP, tanto che il Tribunale di Foggia, nel disporre con la sentenza non definitiva la prosecuzione del giudizio e l’ulteriore istruttoria, forniva al nuovo c.t.u., ing. B., la direttiva di tenere in considerazione gli atti depositati dal Comune.

Soggiunge l’appellante incidentale che non può neppure condividersi assunto della Corte territoriale, secondo cui il prezzo delle cessioni volontarie non avrebbe nulla a che vedere con il reale valore di mercato dei suoli. Infatti, secondo il sistema delineato dalla legge all’epoca vigente, il prezzo delle cessioni volontarie traeva origine da parametri prefissati, che avevano come riferimento il valore venale dei suoli, con la conseguenza che l’offerta indennitaria prevista in sede di cessione volontaria rappresentava una frazione dell’effettivo valore di mercato.

3.1. Con il secondo motivo del ricorso incidentale il Comune di Stornara, denuncia omessa, insufficiente e contraddittori a motivazione sulla destinazione urbanistica delle aree e deduce che la Corte di appello, fornendo una lettura parziale della normativa urbanistica comunale e senza tener conto che il P.R.G. destinava le aree in questione, al momento dell’occupazione e prima dell’adozione del piano per l’edilizia economica e popolare, a zona a destinazione agricola.

4. Per ragioni di priorità logica, vanno prima esaminate le censure mosse con il ricorso incidentale, che attengono alla natura, ritenuta edificatoria dalla corte di appello, dei terreni di cui trattasi e alla determinazione del valore venale delle aree. Il ricorso incidentale è inammissibile.

4.1. Con riferimento alla prima delle due censure sollevate dal Comune di Stornara, il collegio osserva che la Corte territoriale, con apprezzamento di fatto sorretto da idonea ed esauriente motivazione immune da vizi logici, ha escluso che, ai fini della determinazione del valore delle aree in questione, potessero essere utilizzati atti di cessione volontaria intercorsi negli anni di riferimento tra lo stesso P. e il Comune di Stornara in relazione ad altre aree comprese nel medesimo PEEP, non essendo stata fornita prova dell’asserita omogeneità dei suoli in esame rispetto a quelli ceduti e tenuto conto che il prezzo di cessione convenuto tra le parti non era necessariamente indicativo del valore di mercato dei suoli occupati alla scadenza dei rispettivi periodi di occupazione legittima. A tali argomentazioni il ricorrente incidentale, senza dedurre specifici vizi logici della sentenza impugnata, non solo si è limitato a contrapporre una diversa valutazione delle risultanze processuali, così mirando ad un inammissibile riesame, in sede di giudizio di legittimità, dell’accertamento di fatto compiuto dal giudice del merito e delle conclusioni da lui raggiunte (Cass. 2000/5806; 2003/17651; 2004/15675; 2007/16955), ma non ha neppure specificamente censurato le specifiche e fondamentali ragioni poste dalla Corte di appello a base della sua decisione sul punto contestato, ossia la mancanza di riscontri in ordine alle circostanze che le aree in esame, anche se pacificamente ubicate nello stesso PEEP, avessero effettivamente caratteristiche omogenee per posizione e per concrete modalità di utilizzazione. Inoltre l’affermazione del ricorrente incidentale, secondo cui l’offerta indennitaria prevista in sede di cessione volontaria rappresentava una frazione dell’effettivo valore di mercato è stata formulata in modo del tutto generico e senza l’indicazione di specifici elementi che consentissero di disattendere il giudizio espresso al riguardo dalla Corte di merito.

4.2. Anche con riferimento alla seconda censura mossa dal Comune di Stornara deve rilevarsi che la Corte territoriale, sulla base di esauriente e congrua motivazione e sulla scorta delle risultanze documentali di causa, in particolare della relazione del c.t.u., ing. Pa., ha accertato che i suoli in questione “presentano una indubbia destinazione edificatoria, in quanto compresi nel PRG comunale redatto nell’anno 1978 e definitivamente approvato dalla Regione Puglia, alla stregua del quale essi rientrano nella zona (OMISSIS) destinata a nuovi insediamenti residenziali”, così anche riconoscendo che la destinazione delle aree di cui trattasi a edilizia residenziale, conseguente all’approvazione del piano regolatore del 1978, risale ad epoca antecedente alle occupazioni di cui trattasi, avvenute, come risulta dalla sentenza impugnata, in seguito a Decreti sindacali del 1983 e del 1986.

A tale accertamento di fatto il ricorrente incidentale, senza denunciare alcuno specifico vizio di motivazione, contrappone una diversa valutazione della natura delle aree in questione, ritenendole caratterizzate da una destinazione originariamente agricola, in quanto ricomprese in zona “(OMISSIS)” (verde agricolo di rispetto), ma la doglianza si risolve in un’inammissibile richiesta di riesame del merito della questione già affrontata dalla Corte di appello.

5. Con riferimento al ricorso principale del P., il primo motivo è inammissibile nella parte in cui si censura l’applicazione dei criteri relativi all’accessione invertita, mentre merita accoglimento, nei termini qui di seguito precisati, sotto il profilo della censura mossa all’entità del risarcimento del danno conseguente alla occupazione illegittima e alla stessa accessione invertita.

5.1. In particolare, in relazione al primo profilo di censura, rileva il collegio che il P., pur citando nel proprio ricorso per cassazione, a fondamento della censura mossa in ordine all’applicazione dell’istituto dell’accessione invertita, la giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo, che già con sentenze del 30 maggio 2000, e dunque antecedenti alle pronunce rese nel primo grado del presente giudizio dal Tribunale di Foggia prima con la sentenza non definitiva n. 2386/2001 e poi con la sentenza definitiva n. 664/2004, aveva rilevato “l’antigiuridicità e il contrasto col principio di legalità che sotto molti aspetti presenta l’istituto dell’accessione invertita”, non ha impugnato con appello incidentale le richiamate decisioni di primo grado, con le quali era stata accolta la domanda introduttiva del giudizio (formulata nel 1995 dal P.), applicando proprio la disciplina dell’accessione invertita in conseguenza dell’irreversibile trasformazione dei suoli illegittimamente occupati, limitandosi invece, con l’impugnazione incidentale, a richiedere soltanto la rideterminazione del danno in misura superiore a quella stabilita dal primo giudice in ragione della maggiore superficie delle aree occupate e del maggiore valore dei suoli appresi. Deve di conseguenza ritenersi che la censura formulata per la prima volta in questa sede di legittimità in ordine all’erronea applicazione dell’istituto dell’occupazione appropriativa e volta invece all’applicazione del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 43 e quindi alla restituzione dell’immobile occupato, in mancanza di formale provvedimento acquisitivo da parte della pubblica amministrazione, oltre al risarcimento del danno relativo al periodo di utilizzazione senza titolo dell’area e agli interessi moratori, costituisce un inammissibile motivo nuovo di censura, in quanto fondato sul mutamento dei fatti posti a base della originaria domanda introduttiva del giudizio e accertati dal giudice di merito (Cass. 9297/2007). Infatti nel giudizio di cassazione è preclusa alle parti la prospettazione di nuove questioni di diritto o nuovi temi di contestazione che postulino indagini ed accertamenti di fatto non compiuti dal giudice del merito, a meno che tali questioni o temi non abbiano formato oggetto di gravame o di tempestiva e rituale contestazione nel giudizio di appello (Cass. 2007/1474).

5.2. Merita invece accoglimento il secondo profilo di censura svolto nel primo motivo del ricorso principale. Osserva infatti il collegio che in tema di risarcimento del danno da occupazione acquisitiva – a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 349 del 2007, che ha dichiarato la illegittimità costituzionale del D.L. n. 333 del 1992, art. 5-bis, comma 7-bis, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 359 del 1992, nella parte in cui non prevedeva l’integrale ristoro del danno da occupazione acquisitiva da parte della pubblica amministrazione, corrispondente al valore di mercato del bene occupato – nei giudizi in corso e in relazione ai quali il rapporto non si sia ormai esaurito in modo definitivo la liquidazione va fatta sulla base del valore di mercato del bene occupato (Cass. 2008/591; 2008/3189 in motivazione), trovando altresì applicazione la L. n. 244 del 2007, art. 2, comma 89, lett. e), il quale – nel colmare il vuoto normativo conseguente alla pronuncia di illegittimità costituzionale del D.L. n. 333 del 1992, citato art. 5- bis, comma 7 bis, – ha modificato il D.P.R. n. 327 del 2001, art. 55 disponendo che nel caso di utilizzazione di un suolo edificabile per scopi di pubblica utilità, in assenza del valido ed efficace provvedimento di esproprio alla data del 30 settembre 1996, il risarcimento del danno è liquidato in misura pari al valore venale del bene (Cass. 2008/8384).

6. Restano assorbiti il secondo e l’ottavo motivo del ricorso principale, essendo nel frattempo già intervenuta, con le sentenza della Corte costituzionale nn. 348 e 349 del 2007, la dichiarazione di illegittimità costituzionale delle norme indicate dal ricorrente e dovendosi comunque procedere, in conseguenza del parziale accoglimento del primo motivo, ad una nuova decisione della causa nel merito ed alla riliquidazione delle spese della relativa fase.

Sono invece privi di fondamento il terzo, il quarto, il quinto e il sesto motivo del ricorso principale, con i quali sono stati denunciati vizi di motivazione della sentenza impugnata attinenti a questioni di fatto, sulle quali la Corte di appello ha invece statuito con idonea ed esauriente motivazione.

E’ patimenti infondato il settimo motivo, in quanto, diversamente da quanto sostenuto dal P., la Corte di merito si è compiutamente pronunciata sull’appello incidentale dal medesimo proposto.

7. La sentenza impugnata deve essere pertanto annullata con riferimento alla censura accolta e, poichè non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito.

Determinati, secondo quanto accertato dalla sentenza di appello, la superficie e il valore del primo lotto occupato in mq. 6.950,00 e in Euro 22,16 a metro quadrato, e quelli del secondo lotto in mq. 1.825 e in Euro 20,66 a metro quadrato, il risarcimento del danno per l’occupazione illegittima del primo lotto può essere determinata in Euro 154.012,00 e quella per l’occupazione del secondo lotto in Euro 37,704,50. Su tali importi deve essere calcolata anno per anno la rivalutazione secondo gli indici Istat, a decorrere dalle rispettive date di inizio dell’occupazione illegittima (risultando entrambi i lotti edilizi realizzati in costanza di occupazione legittima), ossia dal 3 dicembre 1988 e dal 30 giugno 1991, fino alla data della presente sentenza e sulle somme così determinate anno per anno vanno conteggiati gli interessi legali dalla data della presente sentenza fino al saldo.

Il Comune di Stornara deve essere conseguentemente condannato al risarcimento del danno in favore di Antonio P. secondo gli importi in precedenza indicati, oltre a rivalutazione e interessi legali come sopra precisati.

Le spese relative ai due gradi del giudizio di merito, comprese quelle di consulenza tecnica d’ufficio, ed al giudizio di cassazione, da liquidarsi come in dispositivo, previa compensazione per la metà di quelle del giudizio di cassazione a causa dell’accoglimento solo parziale del ricorso principale, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso incidentale. Accoglie nei termini di cui in motivazione il primo motivo del ricorso principale, assorbiti il secondo e l’ottavo motivo, e rigetta gli altri motivi.

Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, condanna il Comune di Stornara al risarcimento, in favore di P.A., dei danni da occupazione illegittima, che si liquidano, rispettivamente, in Euro 154.012,00 e in Euro 37.704,50 oltre a rivalutazione, calcolata anno per anno su tali importi secondo gli indici Istat, a decorrere rispettivamente dal 3 dicembre 1988 e dal 30 giugno 1991 fino alla data della presente sentenza, oltre agli interessi legali sugli importi così calcolati anno per anno, dalla data della presente sentenza fino al saldo.

Condanna inoltre il Comune di Stornara al pagamento delle spese del giudizio di primo grado, che si liquidano in Euro 16.137,27 complessivi, di cui Euro 3.137,27 per spese, incluse quelle di consulenza tecnica di ufficio, 5.000,00 per diritti e 8.000,00 per onorari, nonchè al pagamento delle spese del giudizio di appello, che si liquidano in Euro 8.000,00 complessivi, di cui Euro 1.500,00 per spese, 2.500,00 per diritti e 4.000,00 per onorari. Condanna inoltre il Comune di Stornara al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, compensate per la metà, che si liquidano per l’intero in Euro 8.200,00, di cui Euro 8.000,00 per onorari.

Così deciso in Roma, il 22 settembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 12 febbraio 2010

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