Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3321 del 11/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 11/02/2020, (ud. 23/10/2019, dep. 11/02/2020), n.3321

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 7973-2018 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, presso la quale è domiciliata in Roma, alla via dei

Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) s.n.c., in fallimento, in persona del curatore

fallimentare, A.G.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 17/04/2017 della Commissione tributaria

regionale della SARDEGNA, depositata in data 30/01/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 23/10/2019 dal Consigliere LUCIOTTI Lucio.

Fatto

RILEVATO

che:

1. In controversia relativa ad impugnazione di un avviso di accertamento ai fini IVA emesso per l’anno d’imposta 2000 sulla base della presunzione di cessione di beni non inventariati e di un avviso di contestazione ed irrogazione di sanzioni amministrative per l’omessa tenuta delle scritture ausiliarie di magazzino, la CTR rigettava l’appello dell’Ufficio finanziario avverso la sfavorevole sentenza di primo grado sostenendo che in sede contenziosa la società contribuente aveva fornito la prova che le differenze inventariali derivavano dall’utilizzo di un sistema informatico nuovo su cui era stata trasferita solo una parte della merce in magazzino, la restante parte risultando dal vecchio sistema il cui elenco la società aveva dimenticato di consegnare ai verificatori, rilevando altresì che l’amministrazione finanziaria non aveva eseguito alcuna verifica materiale della merce in magazzino.

2. Per la cassazione della sentenza di appello ricorre con tre motivi l’Agenzia delle entrate, cui non replica l’intimata.

3. Sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. risulta regolarmente costituito il contraddittorio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo di ricorso la difesa erariale deduce la nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 112 c.p.c., del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 18 e 53, in relazione al motivo di appello con cui aveva chiesto, in riforma della sentenza di primo grado, dichiarasi la legittimità dell’atto con cui erano state irrogate alla società contribuente le sanzioni amministrative pecuniarie per omessa tenuta delle scritture ausiliarie di magazzino.

2. Con il secondo motivo la difesa erariale deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 55, del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 24 e 32, sostenendo che la CTR aveva ritenuto provata l’esistenza delle rimanenze di magazzino sulla base di una documentazione che non avrebbe dovuto prendere in considerazione in quanto prodotta tardivamente in primo grado, con le memorie depositate in data 26/04/2007.

3. Con il terzo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 39 e 53, del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 55, e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36. là dove i giudici di appello hanno escluso la prova della fondatezza della pretesa erariale per non essere stata effettuata, da parte degli organi accertatori, la verifica delle merci materialmente presenti in magazzino.

4. Per ragioni di ordine logico vanno esaminati gli ultimi due motivi, che attengono alla pretesa erariale, riservando all’esito la trattazione del primo motivo.

5. Il secondo motivo è manifestamente infondato in quanto si pone in evidente contrasto con il principio giurisprudenziale secondo cui “In materia di produzione documentale in grado di appello nel processo tributario, alla luce del principio di specialità espresso dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 1, comma 2 – in forza del quale, nel rapporto fra norma processuale civile ordinaria e norma processuale tributaria, prevale quest’ultima non trova applicazione la preclusione di cui all’art. 345 c.p.c., comma 3 (nel testo introdotto dalla L. 18 giugno 2009, n. 69), essendo la materia regolata dal citato D.Lgs., art. 58, comma 2, che consente alle parti di produrre liberamente i documenti anche in sede di gravame, sebbene preesistenti al giudizio svoltosi in primo grado” (Cass. n. 18907/2011, n. 23616/2011, 3661/2015, n. 27774/2017, n. 8927/2018, ord. 22776/2015, 655/2014, 20109/2012, 25449/2017, 27774/2017, 6382/2018, 8927/2018, nonchè Sez. U., n. 1518/2016 e Corte Cost. 199/2017).

6. Stessa sorte subisce il motivo in esame anche là dove prospetta la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 33, e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 52, stante il principio giurisprudenziale in base al quale il divieto di utilizzo in sede giudiziaria di documenti non esibiti in sede amministrativa costituisce un limite all’esercizio dei diritti di difesa e dunque si giustifica solo in quanto costituiscano il rifiuto di una documentazione specificamente richiesta dagli agenti accertatori, non potendo costituire “rifiuto” la mancata esibizione di un qualcosa che non venga richiesto (Cass. 14/10/2009, n. 21768; Cass. 19/04/2006, n. 9127, Cass. 12/04/2017 n. 9487). Invero, “la sanzione dell’inutilizzabilità della successiva produzione in sede contenziosa, prevista dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32 (come pure dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 52, comma 5), opera solo in presenza di un invito specifico e puntuale all’esibizione da parte dell’Amministrazione purchè accompagnato dall’avvertimento circa le conseguenze della sua mancata ottemperanza, che si giustifica – in deroga ai principi di cui agli artt. 24 e 53 Cost. – per la violazione dell’obbligo di leale collaborazione con il Fisco” (cfr. Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 11765 del 26/05/2014, Rv. 630992). Orbene, nella specie la difesa erariale non ha neppure dedotto che nel corso della verifica fiscale sia stata avanzata alla società contribuente una specifica richiesta di esibizione della documentazione inventariale con l’espresso avvertimento delle conseguenze in caso di rifiuto e, conseguentemente, il profilo di censura in esame è manifestamente infondato e va rigettato.

7. Il terzo motivo è inammissibile per non avere la difesa erariale censurato la statuizione impugnata nella parte in cui la Commissione regionale ha affermato che “la società verificata, in sede contenziosa, ha dato prova che la contestata discordanza tra il valore delle rimanenze indicate in bilancio e quelle indicate nell’elenco fornito ai verificatori, è stato frutto del cambio di software”. Affermazione che costituisce autonoma ratio decidendi idonea a sostenere autonomamente la decisione impugnata.

8. Il primo motivo è fondato in quanto la CTR, pur avendo fatto espresso riferimento in sentenza alla (nella parte relativa alle “conclusioni” delle parti, ma anche nello “svolgimento del processo”, ove richiamava l’art. 112 c.p.c. come norma che l’amministrazione appellante riteneva essere stata violata dai giudici di primo grado, incorsi nello stesso tipo di omissione) proposizione del motivo di appello con cui aveva chiesto, in riforma della sentenza di primo grado, dichiarasi la legittimità dell’atto con cui erano state irrogate alla società contribuente le sanzioni amministrative pecuniarie per omessa tenuta delle scritture ausiliarie di magazzino, non ha poi pronunciato sullo stesso (ex multis, Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 28308 del 27/11/2017, Rv. 646428).

9. La fondatezza del motivo non consente, però, la cassazione della sentenza impugnata con rinvio al giudice di merito dovendosi fare applicazione del principio secondo cui “Alla luce dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo come costituzionalizzato nell’art. 111 Cost., comma 2, nonchè di una lettura costituzionalmente orientata dell’attuale art. 384 c.p.c. ispirata a tali principi, una volta verificata l’omessa pronuncia su un motivo di gravame, la Suprema Corte può omettere la cassazione con rinvio della sentenza impugnata e decidere la causa nel merito allorquando la questione di diritto posta con quel motivo risulti infondata, di modo che la statuizione da rendere viene a confermare il dispositivo della sentenza di appello (determinando l’inutilità di un ritorno della causa in fase di merito), sempre che si tratti di questione che non richiede ulteriori accertamenti di fatto” (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 16171 del 28/06/2017, nonchè Cass., Sez. 5, Sentenza n. 21968 del 28/10/2015);

10. Orbene, nel caso di specie, il rigetto del ricorso sulle questioni involgenti l’avviso di accertamento impugnato, con conseguente conferma dell’annullamento già disposto dai giudici di merito, determina l’annullamento anche del consequenziale provvedimento irrogativo delle sanzioni.

11. Conclusivamente, quindi, va accolto il primo motivo di ricorso, rigettato il secondo e dichiarato inammissibile il terzo, la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto e, non essendovi ulteriori accertamenti di fatto da svolgere, va accolto l’originario ricorso del contribuente avverso l’atto di contestazione ed irrogazione delle sanzioni.

12. L’esito del giudizio giustifica la compensazione integrale delle spese processuali.

13. Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater (Cass., Sez. 6 – L, Ordinanza n. 1778 del 29/01/2016, Rv. 638714).

P.Q.M.

accoglie il primo motivo di ricorso, rigetta il secondo e dichiara inammissibile il terzo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, accoglie l’originario ricorso del contribuente avverso l’atto di contestazione ed irrogazione delle sanzioni.

Così deciso in Roma, il 23 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2020

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