Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3321 del 10/02/2021

Cassazione civile sez. III, 10/02/2021, (ud. 13/01/2021, dep. 10/02/2021), n.3321

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – rel. Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. R.G. 37793/2019, proposto da:

D.M.D., alias J.M. (cod. fisc. (OMISSIS)),

rappresentato e difeso, giusta procura speciale apposta in calce al

ricorso, dall’Avvocata Chiara Bellini, del Foro di Vicenza, presso

il cui studio è elettivamente domiciliato in Vicenza, Piazzetta A.

Palladio n. 11;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (cod. fisc. (OMISSIS)), in persona del

Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis

dall’Avvocatura dello Stato, domiciliata in via del Portoghesi n.

12;

– resistente –

avverso la sentenza della Corte di appello di Venezia n. 4641/2019,

pubblicata il 25.10.2019;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13 gennaio

2021 dal Presidente, Dott. Giacomo Travaglino.

 

Fatto

PREMESSO

CHE:

Il signor J.M., cittadino della (OMISSIS), nato l'(OMISSIS), ha chiesto alla competente commissione territoriale il riconoscimento della protezione internazionale di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4 ed in particolare:

(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 7 e ss.;

(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;

(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6, (nel testo applicabile ratione temporis);

a sostegno della domanda di riconoscimento delle cd. “protezioni maggiori”, il ricorrente ha dichiarato di essere fuggito dal proprio Paese nell’ottobre del 2014, in quanto ricercato dalla Polizia e dalla Croce Rossa per essersi rifiutato di recarsi in ospedale per accertamenti circa un suo possibile contagio da Ebola;

in via subordinata, ha dedotto poi l’esistenza dei presupposti per il riconoscimento, in suo favore, della protezione umanitaria, alla luce delle sue condizioni personali e della situazione del Paese di origine.

la Commissione Territoriale ha rigettato l’istanza;

avverso tale provvedimento il signor J. ha proposto, ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35 ricorso dinanzi al Tribunale di Venezia, che lo ha rigettato con ordinanza pubblicata in data 13.3.2018;

il provvedimento, appellato dal soccombente, è stata confermata dalla Corte d’appello di Venezia, con sentenza depositata in data 25/10/2019;

a fondamento della decisione assunta, la corte territoriale ha evidenziato l’insussistenza dei presupposti per il riconoscimento delle forme di protezione internazionale invocate dal ricorrente, tenuto conto: 1) dell’assenza di credibilità del suo racconto; 2) della insussistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria, in ciascuna delle tre forme di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 14; 3) dell’impredicabilità di un’effettiva situazione di vulnerabilità del richiedente asilo, tale da legittimare il riconoscimento dei presupposti per la c.d. protezione umanitaria;

il provvedimento della Corte d’appello è stato impugnato dinanzi a questa Corte dall’odierno ricorrente sulla base di due motivi di censura;

il Ministero dell’interno non si è costituito in termini mediante controricorso; nell’illustrazione dei motivi – con i quali si lamenta, nella sostanza, il mancato riconoscimento della protezione sussidiaria e di quella umanitaria – il ricorrente censura il provvedimento impugnato nella parte in cui:

– ha ritenuto inattendibile il proprio racconto, in violazione dei criteri legalmente imposti ai fini del riscontro di credibilità del richiedente asilo;

– ha violato l’onere di cooperazione istruttoria posto a carico dell’organo giudicante, trascurando il valore delle circostanze di fatto specificamente richiamate in ricorso;

– non ha assolto all’obbligo di comparazione, ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria, tra la situazione del Paese di origine ed il livello di integrazione raggiunto in Italia.

Diritto

OSSERVA LA CORTE

I motivi sono fondati, nei limiti che seguono.

1. E’ fondata la censura avente ad oggetto la valutazione di credibilità del richiedente asilo.

1.1. La valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero che richieda l’accertamento dei presupposti per la protezione internazionale, mentre costituisce, di regola, un apprezzamento di fatto rimesso alla discrezionalità del giudice del merito, è censurabile in cassazione, sotto il profilo della violazione di legge, in tutti casi in cui la valutazione di attendibilità non sia stata condotta nel rispetto dei canoni legalmente predisposti (così come formalmente descritti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5).

1.2. La valutazione di credibilità deve ritenersi inoltre censurabile, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa e obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente asilo, trattandosi di censura attinente al merito (Cass. n. 3340 del 2019).

1.3. Nel caso di specie, il giudice a quo si è inammissibilmente limitato a ritenerlo inattendibile sulla sola base di singole e marginali discrepanze (vengono scrutinate in termini “evidenti contraddizioni”, al folio 6 della sentenza impugnata, le dichiarazioni rilasciate in questura rispetto a quelle rese dinanzi alla commissione territoriale circa il proprio nome e la propria data di nascita, mentre il sig. J., già in sede di commissione territoriale, oltre che dinanzi al Tribunale, aveva fatto rilevare l’errore), con esclusivo riferimento ad un asseritamente decisivo contrasto tra quanto dichiarato in Commissione e: quanto riferito dinanzi al Tribunale in ordine ai contatti con il fratello maggiore, e ciò a fronte di una dettagliata, circostanziata e sostanzialmente non contraddittoria esposizione della propria vicenda personale da parte del richiedente asilo, così come specificamente e puntualmente ricostruita alle pp. 7-9 dell’odierno ricorso, ed altresì confermata, sul piano temporale e circostanziale, dalle notizie di cronaca (puntualmente allegate in sede di merito) sulla diffusione della malattia in (OMISSIS) nel periodo da lui indicato.

1.4. Emerge ictu oculi come la Corte territoriale abbia totalmente trascurato d’ circostanziare e articolare la valutazione di credibilità del richiedente in rapporto a ciascuno dei parametri di attendibilità dichiarativa sul cui necessario rilievo insiste la disposizione imperativa di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, finendo col porsi in evidente contrasto con i canoni di interpretazione delle dichiarazioni del richiedente la protezione internazionale espressamente indicati dalla legge e, più in generale, con la struttura procedimentale ed onnicomprensiva del ragionamento argomentativo imposto ai fini del controllo di quelle stesse dichiarazioni, alla luce dei più recenti insegnamenti di questa Corte (per tutte, Cass. 8819/2020).

1.5. Fondatamente osserva la difesa del ricorrente come le affermazioni in ipotesi contraddittorie presa in considerazione dal giudice d’appello non siano state oggetto di alcuna richiesta di chiarimento o di approfondimento da parte sia del Tribunale, sia del giudice dell’impugnazione – osservando ancora (f. 8 del ricorso) come nessun reale e sostanziale contrasto fosse emerso quanto ai contatti tenuti con il fratello – e ciò in spregio al principio, recentemente affermato da questa Corte (al quale il collegio intende dare continuità) a mente del quale (ed all’esito di un attento esame dell’art. 16 della c.d. Direttiva Procedure, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis e delle pronunce della Corte di Giustizia sulle questioni relative alla necessità della rinnovazione dell’audizione ed alle modalità di esame dei fatti nuovi, emersi dopo l’audizione svolta nella fase amministrativa) “nei giudizi in materia di protezione internazionale il giudice, in assenza della videoregistrazione del colloquio svoltosi dinnanzi alla Commissione territoriale, ha l’obbligo di fissare l’udienza di comparizione, ma non anche quello di disporre l’audizione del richiedente, a meno che: a) nel ricorso vengano dedotti fatti nuovi a sostegno della domanda; b) il giudice ritenga necessaria l’acquisizione di chiarimenti in ordine alle incongruenze o alle contraddizioni rilevate nelle dichiarazioni del richiedente; c) quest’ultrno nel ricorso non ne faccia istanza, precisando gli aspetti in ordine ai quali intende fornire i predetti chiarimenti, e sempre che la domanda non venga ritenuta manifestamente infondata o inammissibile” (Cass. 21584/2020; Cass. 26124/2020).

1.6. In forza di tali premesse, le lacune della motivazione dianzi indicate devono ritenersi tali da riflettersi inevitabilmente sulla sua stessa legittimità, atteso che il mancato rispetto del modello normativo di lettura delle dichiarazioni rese dal richiedente asilo vale ad escludere l’avvenuta giustificazione, in modo legalmente adeguato, del giudizio di inattendibilità così espresso dal giudice di merito, volta che (Cass. 8819/2020, cit.), in tema di valutazione della credibilità del richiedente asilo, integra gli estremi dell’errore di diritto, come tale censurabile in sede di legittimità, la valutazione delle dichiarazioni che si sostanzi nella capillare, scomposta e frazionata ricerca delle singole, eventuali e marginali contraddizioni, pur talvolta esistenti, insite nella narrazione, nonostante che il procedimento di protezione internazionale sia per sua natura caratterizzato da una sostanziale mancanza di contraddittorio (stante la sistematica assenza dell’organo ministeriale), con conseguente impredicabilità della diversa funzione – caratteristica del processo civile ordinario – di analitico e perspicuo bilanciamento tra posizioni e tesi contrapposte inter pares.

1.7. Funzione del procedimento giurisdizionale di protezione internazionale deve ritenersi, difatti, quella – del tutto autonoma rispetto alla precedente procedura amministrativa, della quale esso non costituisce in alcun modo prosecuzione impugnatoria – di accertare, secondo criteri legislativamente predeterminati, la sussistenza o meno del diritto al riconoscimento di una delle tre forme di asilo, onde il compito del giudice chiamato alla tutela di diritti fondamentali della persona appare funzionale – anche al di là ed a prescindere da quanto accaduto dinanzi alla Commissione territoriale – alla complessiva valutazione, accurata e qualitativa, delle dichiarazioni rese, in seno alla quale dissonanze e incongruenze, di per se non decisive ai fini del giudizio finale, andranno opportunamente valutate in una dimensione di senso e di significatc, complessivamente inteso, secondo un criterio di unitarietà e non di sistematico frazionamento, logico e sintattico – come altresì confermato dal disposto del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, lett. e) a mente del quale, nella valutazione di credibilità, si deve verificare anche se il richiedente “è, in generale, attendibile”.

1.8. Nel procedimento di protezione internazionale, difatti, la prova principale è costituita dalle dichiarazione rese in sede di audizione del richiedente – che, sul piano formale, si risolvono in una vera e propria testimonianza di una parte processuale, resa sul presupposto che tutti quei fatti che sono a lei noti soltanto (o che, per ragioni a questa non imputabili, non si possano provare convenientemente con prove diverse dalla dichiarazione rappresentativa della parte) non possano essere considerati in giudizio come insussistenti. Testimonianza che, in sede di comparizione dinanzi al giudice, verrà declinata (ove il giudice eserciti un ruolo “attivo” nel corso dell’espletamento della prova) nella forma processuale dell’interrogatorio non formale ex art. 117 c.p.c. (sia pur reso in assenza del contraddittorio previsto dalla norma, attesa la sistematica assenza della parte pubblica). Così, mentre nel processo civile “ordinario” si discute della stessa funzione probatoria dell’interrogatorio libero delle parti, che è soprattutto strumento volto alla chiarificazione dei fatti di causa – cui si unisce, sia pure in modo più ambiguo, la funzione di strumento di conoscenza dei fatti stessi (secondo un orientamento ormai consolidato della giurisprudenza di questa Corte, le dichiarazioni rese dalla parte nell’interrogatorio libero di cui all’art. 117 c.p.c., pur non essendo un mezzo di prova, possono essere fonte anche unica del convincimento del giudice di merito) – l’utilizzazione del sapere della parte nella formazione de convincimento giudiziale è un momento centrale dell’istruttoria nel sistema della protezione internazionale. Sotto il profilo della prova, nelle controversie in materia di asilo, si realizza, pertanto, un meccanismo processuale che, diversamente da quel che avviene nelle altre tipologie di processo civile (comprese quelle che pure rispondono al modello istruttorio acquisitivo, caratterizzato dall’iniziativa istruttoria del giudice), annette alle dichiarazioni della parte un’efficacia probatoria diversa da quella tradizionalmente riservata a quelle rese in seno all’interrogatorio libero, e non si limita ad ampliare le ipotesi in cui sono previsti poteri officiosi di assunzione dei mezzi di prova.

1.9. Nella specie, tali principi risultano non correttamente applicati dalla Corte territoriale, che, a fronte delle declamate incongruenze narrative, non solo ha disapplicato le regole normative “procedimentalizzate” di cui poc’anzi si è detto nella valutazione complessiva della narrazione, ma non ha nemmeno attivato i suoi poteri “esegetici” rispetto alle dichiarazioni rilasciate dal richiedente asilo attraverso la richiesta (nella specie, evidentemente necessaria) di chiarimenti, spiegazioni e delucidazioni che avrebbero consentito un giudizio finale scevro da atomistiche scomposizioni e da marginali quanto indebite enfatizzazioni di singoli fatti secondari, non idoneamente collocati nel contesto dell’intera narrazione.

2. Le censure risultano altresì fondate in relazione al mancato riconoscimento della protezione umanitaria, conseguente:

– da un canto, alla mancata attivazione del dovere di cooperazione istruttoria da parte dell’organo giurisdizionale (il cui fine è ben diverso da quello sotteso all’accertamento della situazione del Paese di origine delineata dal più volte citato art. 14, lett. c);

– dall’altro, alla immotivata declamazione dell’errato sillogismo a mente del quale alla mancanza di credibilità del racconto conseguirebbe, ipso facto, il rigetto di tutte le richieste di protezione internazionale (così al folio 11, terzo rigo, della sentenza impugnata: il riconoscimento della protezione umanitaria incontra un ostacolo insuperabile nella valutazione di non credibilità della narrazione).

2.1. Va, in proposito, riaffermato il principio (per tutte, Cass. 8819/2020) secondo il quale soltanto il riconoscimento dello status di rifugiato e di quello riservato al richiedente asilo, ai fini della protezione sussidiaria, dall’art. 14, lett. a) e b) citato D.Lgs., presuppongono l’accertamento di una violazione individualizzata, e cioè riferibile direttamente e personalmente al migrante, in relazione alla situazione del Paese di provenienza, da compiersi in base al racconto ed alla valutazione di credibilità operata dal giudice di merito: onde una valutazione negativa ne esclude, ipso facto, la possibilità del riconoscimento delle predette forme di protezione maggiore (valutazione li credibilità che potrebbe, comunque, non essere addirittura necessaria ove, dalla stessa prospettazione del ricorrente, non emerga l’esistenza dei fattori di inclusione nelle due forme delle dette protezione).

2.2. Diversa, invece, è la prospettiva del giudice in tema di protezione sussidiaria di cui al citato art. 14, lett. c e di protezione umanitaria, per il riconoscimento delle quali devono rispettivamente ritenersi necessari e sufficienti (anche al di là ed a prescindere dal giudizio di credibilità del racconto): per l’una, l’esistenza di una situazione di conflitto armato che possa integrare gli estremi del rischio così come tratteggiato dalla giurisprudenza della Corte di giustizia (172/2009, Elgafalji; 285/2912, Diakitè) e di questa stessa Corte (per tutte, funditus, Cass. 18130/2017); per l’altra, la valutazione comparativa tra il livello di integrazione raggiunto in Italia e la situazione del Paese di origine, qualora risulti ivi accertata la violazione del nucleo incomprimibile dei diritti della persona che ne vulnerino la dignità accertamento da compiersi (anche) alla luce del dettato costituzionale di cui all’art. 10, comma 3, ove si discorre di impedimento allo straniero dell’esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana.

2.3. La valutazione dell’esistenza degli indicati presupposti, giusta l’insegnamento di questa Corte (Cass. 4455/2018 e Cass. S.U. 29460/2019), risulta, nella specie, del tutto omessa (collocandosi ben al di sotto del livello del minimo costituzionale, in parte qua, la motivazione della sentenza impugnata dove afferma – f. 15, rigo 16 – che l’aver trovato il richiedente asilo un iniziale inserimento lavorativo non significa che il suo rientro in patria lo proverebbe del nucleo essenziale dei propri diritti della persona, anche considerato che in (OMISSIS) vivono ancora i suoi genitori).

2.4. Il riconoscimento del diritto alla protezione umanitaria postula – una volta che il richiedente abbia allegato i fatti costitutivi del diritto – l’obbligo per il giudice del merito, ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, di cooperare nell’accertamento della situazione reale del Paese di provenienza sotto il profilo della garanzia dei diritti fondamentali della persona, mediante l’esercizio di poteri/doveri officiosi d’indagine – essendo quel giudice investito d; singole vicende aventi ad oggetto proprio i diritti fondamentali della persona, e non di cause cd. “seriali” – affinchè ciascuna domanda venga esaminata alla luce di informazioni aggiornate sul Paese di origine del richiedente; e al fine di ritenere adempiuto tale obbligo officioso, l’organo giurisdizionale è altresì tenuto ad indicare specificatamente le fonti in base alle quali abbia svolto l’accertamento richiesto (Cass. n. 11312 del 2019), con la ulteriore precisazione, che va ripetuta, per la quale l’acquisizione di tali informazioni ha un oggetto funzionalmente diverso, a seconda che essa riguardi la situazione del Paese in relazione ai presupposti della protezione sussidiaria di cui all’art. 14, lett. c), ovvero quella relativa all’esistenza di vulnera lesivi dei diritti umani e tali da renderne impossibile ovvero oltremodo difficoltoso l’esercizio nel loro nucleo essenziale e incomprimibile – costituendo, di conseguenza, un patente errore di diritto l’acquisizione e l’utilizzazione delle prime al fine di formulare il predetto giudizio di comparazione.

2.5. Nel caso di specie, il giudice a quo, dopo aver omesso qualsivoglia considerazione in ordine al pur comprovato processo di integrazione del richiedente nel tessuto socio-economico italiano (puntualmente riportato al folio 20 del ricorso, ove si legge che, nel corso del giudizio di primo grado, egli lavorava come pastore presso la ditta Dal Lago con un contratto di tirocinio, mentre nel corso del giudizio di appello era impiegato presso la società Gi Group con contratto a tempo determinato, frequentando altresì un corso di italiano), ha inammissibilmente trascurato di approfondire e circostanziare in modo congruo gli aspetti dell’indispensabile valutazione comparativa tra la situazione personale ed esistenziale attuale del richiedente sul territorio italiano e la condizione cui lo stesso verrebbe lasciato in caso di rimpatrio, al fine di attestare che il suo ritorno nel proprio Paese non valga piuttosto a esporlo al rischio di un abbandono a condizioni di vita non rispettose del nucleo minimo dei diritti della persona; e tanto, indipendentemente dalla circostanza che tale rischio possa farsi risalire (o meno) a fattori di natura economica, politica, sociale, culturale, etc.;

2.6. Il discorso giustificativo in tal guisa elaborato dal giudice a quo deve ritenersi tale – al di là dell’assorbente rilievo riguardante la violazione delle norme che presiedono al riconoscimento della c.d. protezione umanitaria – da non integrare gli estremi di una motivazione adeguata sul piano del c.d. minimo costituzionale.

3. E’ infondato, per converso, il motivo di ricorso avente ad oggetto la domanda di protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. C avendo la Corte territoriale correttamente escluso, sulla base di COI attendibili e sufficientemente aggiornate (folio 7 della sentenza, punto 10) l’esistenza di una situazione di violenza generalizzata e di conflitto armato tale da giustificarne il relativo riconoscimento.

4. Sulla base di tali premesse, rilevata la fondatezza dei motivi di ricorso nei termini sopra specificati, deve essere disposta la cassazione della sentenza impugnata.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnato e rinvia il procedimento alla Corte di appello di Venezia, che, in diversa composizione, farà applicazione dei principi di diritto suesposti.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, si dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 13 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 febbraio 2021

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