Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33206 del 21/12/2018

Cassazione civile sez. VI, 21/12/2018, (ud. 25/10/2018, dep. 21/12/2018), n.33206

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – rel. Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17493-2017 proposto da:

O.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ADALBERTO 6,

presso il proprio studio, rappresentato e difeso da se medesimo;

– ricorrente –

contro

BANCO DI NAPOLI SPA;

– intimata –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE, DELLA PRVVIDENZA SOCIALE (OMISSIS), in

persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA

dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati PULLI

CLEMENTINA, CAPANNOLO EMANUELA, MASSA MANUELA, VALENTE NICOLA;

– resistente –

avverso la sentenza n. 5002/2017 del TRIBUNALE di NAPOLI, depositata

il 02/05/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 25/10/2018 dal Consigliere Dott. SCODITTI Enrico.

Fatto

RILEVATO

che:

secondo quanto risulta dalla sommaria esposizione dei fatti di causa, Banco di Napoli s.p.a. propose innanzi al Giudice di Pace di Napoli opposizione ad atto di precetto intimato dall’avv. O.G.. Il giudice adito accolse l’opposizione. Avverso detta sentenza propose appello l’intimante il precetto. Con sentenza di data 2 maggio 2017 il Tribunale di Napoli dichiarò inammissibile l’appello.

Ha proposto ricorso per cassazione l’avv. O.G. sulla base di due motivi. Il relatore ha ravvisato un’ipotesi di improcedibilità del ricorso. Il Presidente ha fissato l’adunanza della Corte e sono seguite le comunicazioni di rito.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione del R.D. 16 marzo 1942, n. 262, art. 11, e D.L. n. 669 del 1996, art. 14, così come modificato dal D.L. n. 269 del 2003, art. 44, comma 3, convertito con L. n. 326 del 2003, nonchè dell’art. 1219 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva il ricorrente che, come affermato dalla giurisprudenza di legittimità, l’art. 616, in base al quale le sentenze relative ad opposizione all’esecuzione sono (nuovamente) appellabili, è norma speciale rispetto all’art. 339, sicchè vige l’appello a critica libera di cui all’art. 616 e non quello a rime obbligate di cui all’art. 339, e che i motivi di impugnazione comunque integravano principi regolatori della materia e violazioni di norme comunitarie, denunciandosi sia la non retroattività del D.L. n. 669 del 1996, art. 14,così come modificato dal D.L. n. 269 del 2003, art. 44, comma 3, convertito con L. n. 326 del 2003, pena la violazione dell’art. 11 preleggi e art. 25 Cost., ricompresi nelle garanzie dell’art. 6 Cedu, che l’applicabilità degli artt. 2934 e 2697 c.c., costituenti principi regolatori della materia.

Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione del R.D. 16 marzo 1942, n. 262, art. 11, D.L. n. 669 del 1996, art. 11 e 14, così come modificato dal D.L. n. 269 del 2003, art. 44, comma 3, convertito con L. n. 326 del 2003, nonchè degli artt. 3, 24,25,111 e 117 Cost., art. 6 Cedu e dell’art. 1 Prot., 1 Cedu, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva il ricorrente che il termine decadenziale previsto dal D.L. n. 669 del 1996, art. 14, così come modificato dal D.L. n. 269 del 2003, art. 44, comma 3, convertito con L. n. 326 del 2003, può trovare applicazione solo nel caso di ordinanza emessa successivamente all’entrata in vigore della nuova disposizione, pena la lesione del diritto al legittimo affidamento da parte dei creditori sancito dalla Cedu, e che la Corte di Strasburgo ha ammesso l’ingerenza del legislatore nei processi pendenti solo in presenza di motivi imperativi di ordine generale. Aggiunge che, potendosi comunicare l’ordinanza di assegnazione al terzo in alternativa alla notifica in forma esecutiva, la missiva del 10 maggio 2004, nella quale si chiedeva il pagamento della somme assegnate dal giudice dell’esecuzione, era sufficiente per il rispetto del termine decadenziale.

Il ricorso è improcedibile. Ai fini del decorso del termine per impugnare ai sensi dell’art. 325 c.p.c., la sentenza è stata notificata in forma telematica. Ai fini del rispetto di quanto imposto, a pena d’improcedibilità, dall’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2, il difensore che propone ricorso per cassazione contro un provvedimento che gli è stato notificato con modalità telematiche, deve depositare nella cancelleria della Corte di cassazione copia analogica, con attestazione di conformità ai sensi della L. n. 53 del 1994, art. 9, commi 1-bis e 1-ter del messaggio di posta elettronica certificata ricevuto, nonchè della relazione di notifica e del provvedimento impugnato, allegati al messaggio (Cass. 22 dicembre 2017, n. 30765 la quale con specifica valenza nomofilattica ha confermato l’indirizzo consolidatosi sulla scia di Cass. 14/07/2017, n. 17450; si vedano in particolare Cass. 10/10/2017, n. 23668; Cass. 16/10/2017, n. 24292; Cass. 16/10/2017, n. 24347; Cass. 17/10/2017, n. 24422; Cass. 26/10/2017, n. 25429; Cass. 09/11/2017, n. 26520; Cass. 09/11/2017, n. 26606; Cass. 09/11/2017, n. 26612; Cass. 09/11/2017, n. 26613 – diversa è la fattispecie contemplata da Cass. Sez. U. 24 settembre 2018, n. 22438, come riconosciuto dalle stesse sezioni unite). Come affermato in particolare da Cass. 22 dicembre 2017, n. 30765, “qualora, trascorsi venti giorni dalla notificazione del ricorso per cassazione non siano state depositate le copie analogiche dei suddetti documenti digitali, corredate dalla attestazione di conformità, nel senso sopra indicato, e qualora le stesse, con attestazione di conformità, non siano state depositate dal controricorrente o non siano comunque agli atti, il ricorso è improcedibile”.

Il ricorrente non ha assolto l’onere di attestazione di conformità nei termini indicati con riferimento alla relazione di notificazione della sentenza. Non rileva l’istanza di trasmissione del fascicolo d’ufficio in quanto non è previsto, al di fuori di ipotesi eccezionali, che nel fascicolo d’ufficio debba inserirsi copia della relata di notifica, trattandosi di attività che non avviene su iniziativa dell’ufficio e che interviene in un momento successivo alla definizione del giudizio (Cass. 15 settembre 2017, n. 21386).

Peraltro la sentenza è stata depositata in data 2 maggio 2017 ed il ricorso è stato notificato in data 5 luglio 2017, oltre il termine di sessanta giorni dal deposito della sentenza. Non può pertanto attingersi a quella giurisprudenza secondo cui pur in difetto di produzione della relata di notificazione della sentenza impugnata, il ricorso per cassazione deve egualmente ritenersi procedibile ove risulti, dallo stesso, che la sua notificazione si è perfezionata, dal lato del ricorrente, entro il sessantesimo giorno dalla pubblicazione della sentenza, poichè il collegamento tra la data di pubblicazione della sentenza (indicata nel ricorso) e quella della notificazione del ricorso (emergente dalla relata di notificazione dello stesso) assicura comunque lo scopo, cui tende la prescrizione normativa, di consentire al giudice dell’impugnazione, sin dal momento del deposito del ricorso, di accertarne la tempestività in relazione al termine di cui all’art. 325, secondo comma, cod. proc. civ. (Cass. 10 luglio 2013, n. 17066).

E’ appena il caso di aggiungere che la mancata partecipazione al giudizio della parte intimata non consente di sollevare la questione se, nel caso di specie, possa avere una qualche incidenza quanto statuito da Cass. Sez. U. 24 settembre 2018, n. 22438 a proposito di notifica del ricorso in forma telematica.

Non è inutile aggiungere che il ricorso sarebbe comunque inammissibile. Il ricorso è carente del requisito di sommaria esposizione dei fatti di causa previsto a pena di inammissibilità dall’art. 366, comma primo, n. 3), c.p.c., in quanto nell’atto dopo la sommaria indicazione delle ragioni dell’opposizione a precetto e delle difese della parte opposta, vi è la pedissequa riproduzione della sentenza di primo grado, dell’atto di appello, della comparsa conclusionale di parte appellante e della sentenza di appello, pedissequa riproduzione la quale implica un’esposizione dei fatti non sommari (fra le tante Cass. 22 febbraio 2016, n. 3385; 22 novembre 2013, n. 26277). Peraltro, espunti gli atti integralmente riprodotti, l’atto processuale, in quanto limitato all’indicazione del contenuto dell’originario atto introduttivo di primo grado e delle difese di controparte, non consente di ritenere assolto l’onere processuale in discorso (cfr. Cass. 4 aprile 2018, n. 8245).

Nulla per le spese del giudizio di cassazione, in mancanza di partecipazione della parte intimata.

Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 e viene disatteso, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto al testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, il comma 1-quater, della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

Dichiara l’improcedibilità del ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma il giorno 25 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2018

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