Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33205 del 21/12/2018

Cassazione civile sez. VI, 21/12/2018, (ud. 25/10/2018, dep. 21/12/2018), n.33205

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – rel. Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16181-2017 proposto da:

INPS – ISTITUITO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (OMISSIS), in

persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA

dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati

CORETTI ANTONIETTA, TRIOLO VINCENZO, STUMPO VINCENZO;

– ricorrente –

contro

T.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA RODI 32,

presso lo studio dell’avvocato BONITO GIUSEPPINA, rappresentata e

difesa da se medesima;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3559/2016 del TRIBUNALE di FOGGIA, depositata

il 19/12/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 25/10/2018 dal Consigliere Dott. SCODITTI Enrico.

Fatto

RILEVATO

che:

sulla base di verbale di conciliazione relativo a controversia di lavoro e di atto di precetto per le ulteriori spese l’avv. T.A. promosse pignoramento presso terzi nei confronti dell’I.N.P.S. quale debitore esecutato e nei confronti del Banco di Napoli quale terzo pignorato. Resa la dichiarazione positiva da parte del terzo, l’I.N.P.S. si oppose all’assegnazione per assenza del titolo esecutivo ed il giudice dell’esecuzione con ordinanza del 17 febbraio 2015 dichiarò l’estinzione della procedura, disponendo la liberazione delle somme pignorate. L’avv. T.A., con ricorso depositato in data 6 marzo 2015, propose opposizione agli atti esecutivi avverso l’ordinanza ed il giudice dell’esecuzione, all’esito dell’udienza di comparizione di data 10 dicembre 2015, senza assumere provvedimenti urgenti, fissò il termine perentorio di giorni sessanta dalla data dell’ordinanza per l’introduzione del giudizio di merito. L’avv. T.A. depositò quindi in data 23 dicembre 2015 ricorso presso il Tribunale ordinario di Foggia ed il giudice designato con decreto di data 11 febbraio 2016 fissò l’udienza di comparizione del 24 ottobre 2016. L’avv. T. notificò il ricorso introduttivo del merito, con il decreto di fissazione dell’udienza, in data 26 maggio 2016.

Il Tribunale con sentenza di data 19 dicembre 2016 accolse l’opposizione e condannò l’I.N.P.S. al pagamento della somma di euro 1.615,50 oltre accessori da versarsi al procuratore antistatario avv. T.A., nonchè al pagamento delle spese processuali, liquidate in Euro 4.600,00 per onorario. Osservò il Tribunale che non era stato documentato il versamento in favore del procuratore antistatario delle spese successive al titolo esecutivo, sicchè alla data d’intimazione del precetto permaneva l’inadempimento dell’obbligazione.

Ha proposto ricorso per cassazione l’I.N.P.S. sulla base di cinque motivi, cui ha resistito con controricorso la parte intimata. Il relatore ha ravvisato un’ipotesi di manifesta fondatezza del primo motivo, con assorbimento degli ulteriori motivi di ricorso. Il Presidente ha fissato l’adunanza della Corte e sono seguite le comunicazioni di rito.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 93,409,617,618 e 618 bis c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Osserva il ricorrente che, benchè il pignoramento facesse seguito a titolo esecutivo relativo a controversia di lavoro, l’avv. T., come si evinceva anche dall’epigrafe dell’impugnata sentenza (” T.A….procuratore di se stessa), agiva quale procuratore antistatario, sicchè il giudizio doveva essere introdotto con citazione e che non tempestivi, rispetto al termine perentorio fissato dal giudice dell’esecuzione, erano il deposito del ricorso in data 23 dicembre 2015 e la successiva notifica di data 26 maggio 2016, ben oltre il termine di giorni sessanta decorrenti dal 10 dicembre 2015.

Con il secondo motivo si denuncia nullità della sentenza ai sensi dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Lamenta il ricorrente che nella sentenza impugnata risulta omessa qualsiasi ricostruzione dei fatti di causa.

Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 474,480 c.p.c., artt. 1298 e 1299 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva il ricorrente, in via subordinata, che il titolo esecutivo era mancante in quanto per la ripetizione dell’imposta di registro corrisposta per precedente ordinanza di assegnazione doveva essere proposta un’ordinaria azione di cognizione e non poteva essere intimato un ulteriore atto di precetto con pignoramento presso terzi.

Con il quarto motivo si denuncia violazione degli artt. 295 e 615 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Osserva il ricorrente che il Tribunale avrebbe dovuto disporre la sospensione del processo in attesa della definizione dell’opposizione al precetto prodromico alla procedura esecutiva.

Con il quinto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dll’art. 91 c.p.c. e D.M. n. 55 del 2014. art. 4, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva il ricorrente che, nonostante che il valore della controversia fosse pari Euro 795,29, è stato liquidato l’onorario nella misura di Euro 4.600,00 non previsto dalla tabella di cui al citato D.M..

Il primo motivo è manifestamente fondato. Il credito azionato “in executivis” dal difensore del lavoratore munito di procura nella sua veste di distrattario delle spese di lite, ancorchè consacrato in un provvedimento del giudice del lavoro, non condivide la natura dell’eventuale credito fatto valere in giudizio, cui semplicemente accede, ma ha natura ordinaria, corrispondendo ad un diritto autonomo del difensore, che sorge direttamente in suo favore e nei confronti della parte dichiarata soccombente. Conseguentemente, non opera con riferimento al detto credito la competenza per materia del giudice del lavoro, prevista per l’opposizione all’esecuzione e agli atti esecutivi dall’art. 618 bis cod. proc. civ(Cass. 6 dicembre 2010, n. 24691; 23 agosto 2005, n. 17134; 21 maggio 2007, n. 11804).

A norma dell’art. 618 c.p.c., comma 2, l’introduzione del giudizio di merito nel termine perentorio fissato dal giudice dell’esecuzione, all’esito dell’esaurimento della fase sommaria di cui al primo comma della indicata disposizione, deve avvenire, analogamente a quanto previsto dall’art. 616 c.p.c., con la forma dell’atto introduttivo richiesta nel rito con cui l’opposizione deve essere trattata, quanto alla fase di cognizione piena; pertanto, se la causa è soggetta al rito ordinario, il giudizio di merito va introdotto con citazione, da notificare alla controparte entro il termine perentorio fissato dal giudice (Cass. 7 novembre 2012, n. 19264; 30 dicembre 2014, n. 27527). Il giudizio andava pertanto introdotto con citazione. La parte ha comunque notificato il ricorso, solo che la notifica è avvenuta oltre il termine perentorio fissato dal giudice. Il termine perentorio per l’introduzione del giudizio di merito è dunque decorso.

E’ appena il caso di aggiungere che inconferente è il richiamo nel controricorso a Cass. n. 1227 del 2017, ove peraltro risulta accolto il ricorso dell’odierna ricorrente, nella quale era stato rilevato che era mancata del tutto la notifica nel termine di perentorio di ricorso e decreto, da cui l’improcedibilità dell’opposizione agli atti esecutivi. Negli stessi termini invece del presente ricorso si veda Cass. 12 dicembre 2017, n. 29791.

L’accoglimento del primo motivo determina l’assorbimento degli ulteriori motivi.

Non essendo necessari altri accertamenti la causa può essere decisa nel merito. Al decorso del termine perentorio consegue l’inammissibilità dell’opposizione agli atti esecutivi.

Le spese del giudizio di cassazione e del giudizio di merito, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

la Corte accoglie il primo motivo del ricorso, con assorbimento degli ulteriori motivi, e cassa la sentenza impugnata; decidendo la causa nel merito dichiara inammissibile l’opposizione agli atti esecutivi;

condanna L’avv. T.A. al rimborso delle spese processuali del giudizio di cassazione che liquida in Euro 2.500,00 per compenso, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge;

condanna L’avv. T.A. al rimborso delle spese processuali del giudizio di merito che liquida in Euro 630,00 per compenso, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento,

agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma il giorno 25 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2018

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