Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33205 del 16/12/2019

Cassazione civile sez. VI, 16/12/2019, (ud. 03/07/2019, dep. 16/12/2019), n.33205

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 36339-2018 proposto da:

D.P.C.D., + ALTRI OMESSI, domiciliati in ROMA

presso la Cancelleria della Corte di Cassazione e rappresentati e

difesi dall’avvocato ANGELO GIULIANI giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO ECONOMIA FINANZE (OMISSIS);

– intimato –

avverso il decreto n. 2985/2017 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositato il 02/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

03/07/2019 dal Consigliere Dott. CRISCUOLO MAURO.

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

La Corte d’appello di Perugia, con decreto n. 6198 del 2/11/2017 condannò il Ministero dell’Economia e delle Finanze a pagare in favore di ognuno dei ricorrenti la somma di Euro 2.375,00 a titolo d’equo indennizzo per la non ragionevole durata di un processo definito dalla Corte di Cassazione con la decisione n. 3942/2015 del 26 febbraio 2015, nonchè le spese processuali, liquidate in complessivi Euro 405,00, oltre accessori, distratte in favore del difensore antistatario.

Avverso tale decreto i ricorrenti propongono ricorso, esponendo, con l’unico motivo, la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., dell’art. 2233 c.c., comma 2, e delle previsioni di cui al D.M. n. 55 del 2014, in quanto la Corte di merito aveva liquidato il rimborso spese di lite al disotto del minimo legale.

L’Amministrazione non ha svolto difese in questa fase.

Il motivo è fondato.

Come già rilevato da questa Corte, e proprio con specifico riferimento alla liquidazione delle spese di lite nelle procedure di cui alla L. n. 89 del 2001 (Cass. n. 1018/2018), l’opinione secondo la quale il D.M. Giustizia 10 marzo 2014, n. 55, nella parte in cui stabilisce un limite minimo ai compensi tabellarmente previsti (art. 4) non può considerarsi derogativo del D.M. stesso Ministero 20 luglio 2012, n. 140, il quale, stabilendo in via generale i compensi di tutte le professioni vigilate dal Ministero della Giustizia, al suo art. 1, comma 7, dispone che “In nessun caso le soglie numeriche indicate, anche a mezzo di percentuale, sia nei minimi che nei massimi, per la liquidazione del compenso, nel presente decreto e nelle tabelle allegate, sono vincolanti per la liquidazione stessa”, non è condivisibile in quanto il D.M. n. 140 del 2012, risulta essere stato emanato allo scopo di favorire la liberalizzazione della concorrenza e del mercato, adempiendo alle indicazioni della UE, a tal fine rimuovendo i limiti massimi e minimi, così da lasciare le parti contraenti (nella specie, l’avvocato e il suo assistito) libere di pattuire il compenso per l’incarico professionale.

Viceversa, il giudice resta tenuto ad effettuare la liquidazione giudiziale nel rispetto dei parametri previsti dal D.M. n. 55 del 2014, il quale non prevale sul D.M. n. 140 del 2012, per ragioni di mera successione temporale, bensì nel rispetto del principio di specialità, poichè, diversamente da quanto affermato dall’Amministrazione resistente, non è il D.M. n. 140 del 2012 evidentemente generalista e rivolto a regolare la materia dei compensi tra professionista e cliente a prevalere, ma il D.M. n. 55 del 2014, il quale detta i criteri ai quali il giudice si deve attenere nel regolare le spese di causa.

Tornando al caso in esame la liquidazione effettuata dalla Corte locale in complessivi Euro 405,00 si pone al di sotto dei limiti imposti dal D.M. n. 55 del 2014 (Euro 1.198,50 di cui Euro 255,00 per la fase di studio, Euro 255,00 per la fase introduttiva, Euro 283,50 per la fase istruttoria, Euro 405,00 per la fase decisionale, tenuto conto del valore della causa (da Euro 1.100,00 a Euro 5.200,00) e pur applicata la riduzione massima, in ragione della speciale semplicità dell’affare (art. 4, cit.), non emergendo nemmeno che la decisione gravata abbia motivato in merito all’applicabilità o meno dell’aumento ricollegato alla difesa di più parti.

Il provvedimento impugnato deve quindi essere cassato con rinvio alla Corte d’Appello di Perugia in diversa composizione che provvederà anche sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

accoglie il ricorso e cassa la decisione impugnata con rinvio alla Corte d’Appello di Perugia in diversa composizione che provvederà anche sulle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 3 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 16 dicembre 2019

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