Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33202 del 16/12/2019
Cassazione civile sez. VI, 16/12/2019, (ud. 03/07/2019, dep. 16/12/2019), n.33202
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –
Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –
Dott. ABETE Luigi – Consigliere –
Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –
Dott. CRISCUOLO Aldo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 21452-2018 proposto da:
F.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
GOLAMETTO, 4, presso lo studio dell’avvocato GIOVAMBATTISTA
FERRIOLO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato
FERDINANDO EMILIO ABBATE giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
e contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– resistente –
avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, depositata il
30/01/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
03/07/2019 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO.
Fatto
MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE
La Corte d’appello di Perugia, con decreto n. 526 del 30/1/2018 condannò il Ministero della Giustizia a pagare in favore di F.G. la somma di Euro 1.208,00 a titolo d’equo indennizzo per la non ragionevole durata di un processo per la liquidazione dell’equo indennizzo celebratosi dinanzi alla Corte d’Appello di Roma, nonchè le spese processuali, liquidate in complessivi Euro 405,00, oltre spese vive ed accessori, distratte in favore del difensore antistatario. Avverso tale decreto la F. propone ricorso, esponendo, con l’unico motivo, la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., dell’art. 2233 c.c., comma 2 e delle previsioni di cui al D.M. n. 55 del 2014, in quanto la Corte di merito aveva liquidato il rimborso delle spese di lite al diotto del minimo legale.
L’Amministrazione ha resistito ai soli fini della discussione orale.
Il motivo è fondato.
Come già rilevato da questa Corte, e proprio con specifico riferimento alla liquidazione delle spese di lite nelle procedure di cui alla L. n. 89 del 2001 (Cass. n. 1018/2018), l’opinione secondo la quale il decreto del Ministero della Giustizia n. 55 del 10/3/2014, nella parte in cui stabilisce un limite minimo ai compensi tabellarmente previsti (art. 4) non può considerarsi derogativo del Decreto n. 140, emesso dallo stesso Ministero il 20/7/2012, il quale, stabilendo in via generale i compensi di tutte le professioni vigilate dal Ministero della Giustizia, al suo art. 1, comma 7, dispone che “In nessun caso le soglie numeriche indicate, anche a mezzo di percentuale, sia nei minimi che nei massimi, per la liquidazione del compenso, nel presente decreto e nelle tabelle allegate, sono vincolanti per la liquidazione stessa”, non è condivisibile in quanto il D.M. n. 140, risulta essere stato emanato allo scopo di favorire la liberalizzazione della concorrenza e del mercato, adempiendo alle indicazioni della UE, a tal fine rimuovendo i limiti massimi e minimi, così da lasciare le parti contraenti (nella specie, l’avvocato e il suo assistito) libere di pattuire il compenso per l’incarico professionale.
Viceversa, il giudice resta tenuto ad effettuare la liquidazione giudiziale nel rispetto dei parametri previsti dal D.M. n. 55, il quale non prevale sul D.M. n. 140, per ragioni di mera successione temporale, bensì nel rispetto del principio di specialità, poichè, diversamente da quanto affermato dall’Amministrazione resistente, non è il D.M. n. 140 evidentemente generalista e rivolto a regolare la materia dei compensi tra professionista e cliente a prevalere, ma il D.M. n. 55, il quale detta i criteri ai quali il giudice si deve attenere nel regolare le spese di causa.
Tornando al caso in esame la liquidazione effettuata dalla Corte locale in complessivi Euro 405,00 si pone al di sotto dei limiti imposti dal D.M. n. 55 (Euro 1.198,50 di cui Euro 255,00 per la fase di studio, Euro 255,00 per la fase introduttiva, Euro 283,50 per la fase istruttoria, Euro 405,00 per la fase decisionale), tenuto conto del valore della causa (da Euro 1.100,00 a Euro 5.200,00) e pur applicata la riduzione massima, in ragione della speciale semplicità dell’affare (art. 4, cit.).
Il provvedimento impugnato deve quindi essere cassato con rinvio alla Corte d’Appello di Perugia in diversa composizione che provvederà anche sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
accoglie il ricorso e cassa la decisione impugnata con rinvio alla Corte d’Appello di Perugia in diversa composizione che provvederà anche sulle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 3 luglio 2019.
Depositato in Cancelleria il 16 dicembre 2019