Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33192 del 16/12/2019

Cassazione civile sez. I, 16/12/2019, (ud. 24/10/2019, dep. 16/12/2019), n.33192

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. PACILLI Giuseppina A. R. – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 33599-2018 r.g. proposto da:

B.N., (cod. fisc. (OMISSIS)), rappresentato e difeso, giusta

procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avvocato Silvana

Guglielmo, con cui elettivamente domicilia in Roma, Via Asiago n. 9,

presso lo studio dell’Avvocato Eduardo Spighetti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (cod. fisc. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore il Ministro;

– intimato –

avverso il decreto del Tribunale di Catanzaro, depositato in data

4.10.2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/10/2019 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1.Con il decreto impugnato il Tribunale di Catanzaro – decidendo sulla domanda di protezione internazionale ed umanitaria avanzata da B.N., cittadino della GUINEA, dopo il diniego di tutela della locale commissione territoriale – ha rigettato il ricorso, confermando, pertanto, il provvedimento emesso dalla predetta commissione.

Il Tribunale ha ricordato che il ricorrente aveva narrato innanzi alla commissione: i) di essere stato costretto a lasciare il suo paese di provenienza, in seguito ad una scabrosa vicenda di adulterio e di incesto; il) di essere stato infatti sedotto dalla sua sorellastra che, dopo averlo più volte tentato sessualmente, un giorno, approfittando della loro solitudine in campagna, si era denudata e lo aveva di nuovo provocato, provocazione quest’ultima alla quale non aveva potuto resistere; iii) di essere stati visti sfortunatamente da un vicino di casa che li aveva denunciati al capo villaggio che, applicando la legge islamica della sharia, lo aveva condannato alla lapidazione; iv) di essere dunque fuggito, attraverso il Mali, temendo la esecuzione della pena capitale così inflitta.

Il Tribunale ha dunque ritenuto che: 1) non era riconoscibile lo status di rifugiato in ragione della scarsa credibilità della vicenda narrata che era forzata quanto alle ragioni che lo avevano indotto a compiere l’atto di adulterio e di contestuale incesto e che non era neanche credibile quanto al pericolo di esecuzione della pena della lapidazione, e ciò sia perchè in Guinea non esistono tribunali islamici e sia perchè la legge islamica viene applicata, solo in via conciliativa, per controversie aventi natura patrimoniale legate al diritto di famiglia e delle successioni, come anche testimoniato da qualificate fonti informative internazionali; 2) non era fondata neanche la domanda di protezione sussidiaria, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a e b, per la mancata allegazione da parte dello stesso richiedente delle condizioni previste dalla norma da ultimo citata e perchè comunque il richiedente non era stato ritenuto credibile; 3) non era fondata la domanda di protezione sussidiaria ex art. 14, lett. c, medesimo decreto da ultimo citato, in quanto la Guinea era da considerarsi un territorio stabile ove non si registravano situazioni di conflitti armati generalizzati, ma solo una situazione di instabilità; 4) non era possibile riconoscere la reclamata protezione umanitaria, in assenza di una condizione di vulnerabilità del ricorrente.

2. Il decreto, pubblicato il 4.10.2018, è stato impugnato da B.N. con ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi. L’amministrazione intimata non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo la parte ricorrente lamenta la violazione DEL D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, commI 2 e 5, in relazione al diniego della reclamata protezione internazionale.

2. Con il secondo motivo si deduce la violazione e mancata applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2 per la mancata attivazione dei poteri istruttori officiosi per l’accertamento, in ordine alla richiesta di protezione internazionale e sussidiaria, in ordine al profilo dell’applicazione della legge islamica alle controversie sopra descritte.

3. Con il terzo motivo si censura il provvedimento impugnato per violazione della L. n. 46 del 2017, art. 6 per la mancata indicazione delle fonti internazioni di conoscenza delle condizioni interne alla Guinea.

3. Con il quarto motivo si articola vizio di errata e mancata applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a, b e c, in relazione al diniego della reclamata protezione sussidiaria.

5. Con il quinto motivo si articola vizio di violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32 e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, dell’art. 2 Cost. e degli artt. 3 e 8 CEDU, sempre in relazione al diniego della protezione umanitaria.

6. il ricorso è inammissibile.

6.1 Il primo motivo, che censura il diniego della richiesta di riconoscimento dello status di rifugiato, è inammissibile in quanto non censura la ratio decidendi della motivazione impugnata che, in relazione alla predetta richiesta di tutela, si fonda, in primo luogo, sul rilievo della mancanza di credibilità del racconto del richiedente.

6.2 La seconda censura è inammissibile in ragione delle medesime considerazioni spese in riferimento al primo motivo di doglianza, atteso che la doglianza non censura le due rationes decidendi sulle quali riposa la decisione di diniego della richiesta protezione internazionale, sub specie di richiesta di riconoscimento dello status di rifugiato e di protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a e b, e cioè, per un verso, sempre la valutazione giudiziale di non credibilità di quanto narrato dal ricorrente e, per altro verso, l’assenza di tribunali speciali islamici in Guinea e la mancata applicazione della sharia a vicende aventi risvolti penali come quella raccontata dal richiedente, essendo la legge islamica applicata, solo in via consuetudinaria e su base volontaristica, per controversie attinenti al diritto di famiglia e delle successioni.

Orbene, la parte ricorrente non censura le ragioni ora evidenziate poste a sostegno della decisione di rigetto delle domande di protezione internazionale così avanzate, limitandosi solo ad sollevare doglianze versate in fatto e volte ad una rivalutazione del merito della decisione.

6.3 Il terzo motivo è inammissibile, giacchè la motivazione impugnata contrariamente a quanto denunziato dal ricorrente – indica puntualmente le fonti internazionali da cui ha attinto le informazioni sulla condizioni interne della Guinea.

6.4 il quarto motivo è del pari inammissibile in quanto propone – in relazione al diniego di protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a e b, – solo doglianze in fatto, peraltro, veicolate sotto l’egida formale del vizio di violazione di legge, con ciò rendendo le censure viepiù irricevibili.

6.5 Il quinto motivo – articolato in relazione al diniego delle reclamata protezione umanitaria – è inammissibile in quanto, al solito, non coglie la ratio decidendi della motivazione impugnata, e cioè la valutazione giudiziale di non credibilità del richiedente che, sul punto, si limita a proporre solo doglianze genericamente formulate.

Nessuna statuizione è dovuta per le spese del giudizio di legittimità, stante la mancata difesa dell’amministrazione intimata.

Per quanto dovuto a titolo di doppio contributo, si ritiene di aderire all’orientamento già espresso da questa Corte con la sentenza n. 9660-2019.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 24 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 16 dicembre 2019

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