Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33190 del 16/12/2019

Cassazione civile sez. I, 16/12/2019, (ud. 24/10/2019, dep. 16/12/2019), n.33190

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. PACILLI Giuseppina A. R. – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 32557-2018 r.g. proposto da:

B.K., (cod. fisc. (OMISSIS)), rappresentato e difeso, giusta

procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avvocato Gianluca

Vitale, presso il cui studio è elettivamente domiciliato in Torino,

Via Cibrario n. 12;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (cod. fisc. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore il Ministro;

– intimato –

avverso il decreto del Tribunale di Catanzaro, depositato in data

20.9.2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/10/2019 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. Con il provvedimento impugnato il Tribunale di Catanzaro – decidendo sulla domanda di protezione internazionale ed umanitaria avanzata da B.K., cittadino della GUINEA, dopo il diniego di protezione da parte della commissione territoriale di Crotone – ha rigettato la domanda così avanzata dal ricorrente.

Il tribunale ha, in primo luogo, precisato che le censure formali sollevate in relazione a presunte illegittimità del procedimento amministrativo precedente alla fase giurisdizionale non sono censurabili in quest’ultima sede, posto che il giudizio civile così instaurato è diretto solo ad accertare la fondatezza della domanda volta ad ottenere il riconoscimento del diritto alla reclamata protezione internazionale ed umanitaria. Il tribunale ha, poi, ricordato che il richiedente aveva narrato: di provenire da (OMISSIS); di essere stato costretto ad espatriare perchè coinvolto in manifestazioni politiche negli anni 2013 e 2016, nel corso delle quali erano stati uccisi anche i suoi fratelli ed in seguito alle quali era stato minacciato di morte da parte di altri poliziotti, solidali con il poliziotto arrestato perchè incolpato della uccisione dei suoi parenti.

Il tribunale ha, dunque, ritenuto non credibile il racconto del richiedente, in quanto generico, non circostanziato e comunque incoerente; ha comunque evidenziato che la etnia (OMISSIS), cui appartiene anche il richiedente, non è oggetto di persecuzioni in Guinea, secondo attendibili canali informativi internazionali.

Il tribunale ha inoltre ritenuto non fondata anche la domanda di protezione sussidiaria, in quanto – in relazione alla richiesta di protezione D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c, – la Guinea non poteva ritenersi paese scosso da violenza indiscriminata e generalizzata, essendo solo presente una instabilità politica. Infondata – così ha ritenuto il tribunale – anche la domanda di protezione umanitaria, in assenza di una dimostrata condizione di vulnerabilità e della necessaria integrazione socio-lavorativa del richiedente che, per altro, di per sè sola non giustifica la invocata tutela.

2. Il decreto, pubblicato il 20.9.2018, è stato impugnato da B.K. con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.

L’amministrazione intimata non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo la parte ricorrente – lamentando, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione del D.Lgs. n. 251 del 2008, art. 3, comma 3 e art. 5, nonchè del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 2 e 3 e art. 27, comma 1 bis e del D.P.R. n. 21 del 2015 e della direttiva 2013/32/UE denuncia la violazione dei criteri legali per la valutazione della credibilità del richiedente.

2. Con il secondo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 e del D.P.R. n. 21 del 2015, art. 6, comma 6, in relazione all’accertamento della condizione di violenza indiscriminata nel paese di provenienza del richiedente.

3. Con il terzo motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, e dell’art. 5, comma 6 T.U.I. e comunque difetto di motivazione, in relazione al diniego di protezione umanitaria. Si evidenzia la mancata valutazione della violazione dei diritti fondamentali nel paese di provenienza del richiedente per la necessaria valutazione di vulnerabilità del richiedente e comunque della situazione di instabilità interna, come ulteriore indice fondante il diritto alla richiesta protezione umanitaria.

3. Il ricorso è fondato, nei limiti qui di seguito precisati.

3.1 Il primo motivo è formulato invece in modo inammissibile.

Sul punto è necessario ricordare che, secondo la giurisprudenza espressa da questa Corte, in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità (cfr. Sez. 1, Ordinanza n. 3340 del 05/02/2019). Più precisamente, la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c). Tale apprezzamento di fatto è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito (cfr. sempre, Sez. 1, Ordinanza n. 3340 del 05/02/2019).

Orbene, osserva la Corte come, sotto l’egida formale del vizio di violazione di legge, la parte ricorrente pretenda, ora, una inammissibile rivalutazione del contenuto delle dichiarazioni rilasciate dal ricorrente e del giudizio di complessiva attendibilità di quest’ultimo, profilo che è irricevibile in questo giudizio di legittimità perchè non dedotto nel senso sopra chiarito e perchè comunque rivolto ad uno scrutinio di merito delle dichiarazioni che invece è inibito al giudice di legittimità.

3.2 Anche il secondo motivo non supera il vaglio di ammissibilità.

La parte ricorrente pretende, sotto l’egida formale del vizio di violazione di legge, di sottoporre a questa Corte di legittimità una rivalutazione delle fonti informative al fine di un diverso scrutinio giudiziale in riferimento alle condizioni di pericolosità interna del paese di provenienza, scrutinio quest’ultimo che è rimesso, invece, alle valutazioni esclusive dei giudici del merito che, nel caso di specie, hanno peraltro anche adeguatamente argomentato sul punto qui da ultimo in esame, con motivazione scevra da criticità argomentative.

3.3 Il terzo motivo, articolato in relazione al diniego della reclamata protezione umanitaria, è invece fondato.

Occorre, in primo luogo, riqualificare il motivo di doglianza che, sebbene rubricato come violazione di legge, denuncia in realtà un vizio di motivazione, nella forma della motivazione intrinsecamente contraddittoria tale da integrare una motivazione apparente, come tale denunciabile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Sul punto, giova ricordare che, secondo la pacifica giurisprudenza espressa da questa Corte, l’erronea intitolazione del motivo di ricorso per cassazione non osta alla riqualificazione della sua sussunzione in altre fattispecie di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, nè determina l’inammissibilità del ricorso, se dall’articolazione del motivo sia chiaramente individuabile il tipo di vizio denunciato (cfr. Cass., Sez. 6, Ordinanza n. 26310 del 07/11/2017; Cass., Sez. 6, Ordinanza n. 25557 del 27/10/2017).

In realtà, la motivazione impugnata, se da un lato, evidenzia una irrimediabile compromissione del nucleo fondamentale dei diritti civili nella zona di provenienza del richiedente ((OMISSIS)), dall’altro, dimentica di considerare tale profilo nella valutazione comparativa richiesta per lo scrutinio di vulnerabilità soggettiva del ricorrente ai fini del riconoscimento dell’invocata protezione umanitaria, con ciò incorrendo nel denunciato vizio di motivazione meramente apparente sul punto qui da ultimo in discussione. Si impone pertanto la cassazione del provvedimento impugnato con rinvio per una rivalutazione del profilo qui da ultimo accennato.

Le spese del presente giudizio di legittimità sono rimesse al giudice del rinvio.

P.Q.M.

Accoglie il terzo motivo di ricorso; dichiara inammissibili i restanti motivi; cassa il provvedimento impugnato con rinvio al Tribunale di Catanzaro, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 24 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 16 dicembre 2019

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