Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3319 del 12/02/2010

Cassazione civile sez. I, 12/02/2010, (ud. 19/11/2009, dep. 12/02/2010), n.3319

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITTORIA Paolo – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 34573/2006 proposto da:

LAVAGNA SVILUPPO S.R.L. IN LIQUIDAZIONE (c.f. (OMISSIS)), in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 268/A, presso l’avvocato

PETRETTI Alessio, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato ZERBA PAGELLA UMBERTO, giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

G.F. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA G. FERRARI 12, presso l’avvocato CAPRIOLO

SIMONA, rappresentata e difesa dall’avvocato SCARPA Luigi, giusta

procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 939/2006 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 26/09/2006;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

19/11/2009 dal Consigliere Dott. MARIA CRISTINA GIANCOLA;

lette le conclusioni scritte del Cons. Delegato Dott.ssa GIANCOLA: il

ricorso può essere trattato in Camera di consiglio ricorrendo i

requisiti di cui agli artt. 380 bis e 375 c.p.c..

Fatto

FATTO E DIRITTO

Il Collegio, all’esito dell’adunanza in Camera di consiglio del 19 novembre 2009, svoltasi con la presenza del Sost. Proc. Gen. dr P. Pratis, osserva e ritiene:

– che il relatore designato, nella relazione depositata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., ha formulato la proposta di definizione che di seguito interamente si trascrive:

“Visto il ricorso (notificato il 7.12.2006), proposto dalla società Lavagna Sviluppo S.r.l. in liquidazione nei confronti di G. F., che ha resistito con controricorso (notificato il 9.12-01- 2007);

Osservato e ritenuto:

– con citazione notificata il 22.12.2000, la società Lavagna Sviluppo S.r.l. premesso in sintesi che, con scrittura privata del (OMISSIS), aveva concluso con il curatore del fallimento della Cala dei Genovesi S.p.A., un contratto di affitto di ramo d’azienda in virtù del quale era stata autorizzata a gestire temporaneamente l’approdo turistico denominato Porto turistico di (OMISSIS) e che la G., inutilmente invitata a stipulare un formale contratto di ormeggio, aveva continuato ad occupare gratuitamente n. 2 posti barca del pontile (OMISSIS), adiva il Tribunale di Genova chiedendo che fosse accertato e dichiarato che la G. era sua debitrice per la somma di L. 9.360.000, oltre accessori, in via principale quale compenso dovuto per l’utilizzazione del servizio di ormeggio nel periodo decorso dal (OMISSIS) ed in subordine a titolo di indebito arricchimento;

– che la pretesa creditoria azionata dalla società Lavagna era stata respinta con sentenza n. 1847 del 2004, resa dal Tribunale di Genova nel contraddittorio delle parti;

– che con sentenza del 20-26.09.2006, la Corte di appello di Genova ha respinto il gravame proposto dalla medesima società;

– che la Corte territoriale, esposte le argomentazioni della sentenza impugnata, riteneva tra l’altro ed essenzialmente:

a. che in primo grado la società Lavagna aveva tardivamente dedotto, come pacifico, le dovute prove del suo assunto, avendole indicate solo nella memoria di replica del 15-10.2002, dopo la scadenza del termine decadenziale del 20.02.2002, fissato ai sensi dell’art. 184 c.p.c.;

b. che il Tribunale aveva ritenuto irrituali tali prove sia orali che documentali, queste costituite da 2 lettere, in data rispettivamente 14.06.1999 e 25.10.2000, nonchè da un estratto del tabulato delle presenze nel porto;

c. che la società attrice ben avrebbe potuto produrre tempestivamente detti documenti, avendone avuto la disponibilità sin da epoca anteriore all’inizio del processo, ragione per cui il medesimo Tribunale aveva anche disatteso la sua istanza di rimessione in termini ex art. 184 bis c.p.c..

d. che l’ammissione in appello della produzione di questi 3 documenti (ai nn. 5,55 e 56) era preclusa dal divieto di cui all’art. 345 c.p.c., comma 3, considerando la non contestata, accertata e non censurata tardiva ed inammissibile loro produzione in primo grado;

e. che tale divieto includeva anche le prove precostituite, secondo il principio affermato in sede di legittimità con la sentenza n. 8203/2005 delle Sezioni Unite e doveva intendersi ostativo nonostante che i tre documenti in questione fossero suscettibili di essere apprezzati in termini d’indispensabilità (a differenza dei numerosi altri documenti prodotti dalla medesima appellante e nemmeno rilevanti prima che indispensabili);

f. che il rilevato difetto di prova incideva negativamente su entrambe le domande formulate dalla società Lavagna;

g. che per plurime concorrenti ragioni si rivelava inammissibile il giuramento dalla medesima società deferito in appello alla G..

– che a fondamento del ricorso per cassazione contro la sentenza d’appello, notificatale il 18.10.2006, la società Lavagna formula i seguenti motivi, la cui illustrazione è seguita da quesiti, ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c. (applicabile ratione temporis D.Lgs. n. 40 del 2006, ex art. 27, comma 2):

1. “Violazione, erronea e falsa applicazione del diritto di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione all’art. 345 c.p.c.”;

2. “Insufficiente e contraddittoria applicazione del diritto di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, in relazione all’art. 345 c.p.c.”.

3. “Violazione, erronea e falsa applicazione del diritto di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione all’art. 233 c.p.c.”.

4. “Violazione, erronea e falsa applicazione del diritto di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione dell’art. 360 c.p.c., comma 4, art. 83 c.p.c. e art. 345 c.p.c.”. – che manifestamente infondati appaiono i primi due connessi motivi di ricorso, dal momento che:

a. la Corte distrettuale si è ineccepibilmente attenuta (non a norma di legge sopravvenuta ma) al principio interpretativo affermato dalla richiamata sentenza n. 8203 del 2005, che ha composto il contrasto formatosi nella giurisprudenza di legittimità sia con riferimento alla generale problematica relativa all’estensione, nel giudizio a cognizione ordinaria, della normativa sul divieto di ammissione di “nuovi mezzi di prova” anche alle prove precostituite, sia con riferimento alle connesse problematiche attinenti alla individuazione dei limiti che la produzione del documenti incontra nel giudizio di appello;

b. che detto principio è stato ripetutamente ribadito e nel suo solco si è ulteriormente affermato che nel giudizio di appello l’eventuale indispensabilità dei documenti, in tanto può essere valutata dal giudice, in quanto si tratti di documenti nuovi, nel senso che la loro ammissione non sia stata richiesta in precedenza, e che, comunque, non si sia verificata la decadenza di cui all’art. 184 cod. proc. civ., la quale è rilevabile d’ufficio, in quanto sottratta alla disponibilità delle parti (cfr. Cass. 200624606; in tema cfr. 200405539);

c. che una questione che involga l’applicazione di una norma processuale, quale nella specie l’art. 345 c.p.c., non può essere dedotta sotto il profilo del vizio di motivazione, poichè in tale caso la Corte di Cassazione è giudice anche del fatto, potendo essa procedere all’apprezzamento diretto delle risultanze istruttorie e degli atti di causa che inammissibili appaiono gli ulteriori due motivi di ricorso, dal momento già che con essi si censurano soltanto due delle plurime e concorrenti ragioni fondanti la statuizione d’inammissibilità del mezzo;

– che in particolare delle autonome ragioni poste a fondamento dell’impugnata decisione non risultano impugnate quelle inerenti all’inidoneità del contenuto della formula, in quanto implicante qualificazioni giuridiche piuttosto che atti ed in quanto generica (cfr. cass 200312779; 198700837; 1981052096) che, in conclusione, il ricorso può essere trattato in camera di consiglio ricorrendo i requisiti di cui agli artt. 380 bis e 375 c.p.c.”;

– che il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni scritte:

– che avverso le proposte contenute nella relazione non è stata mossa alcuna osservazione critica da parte dei difensori delle parti e che non emergono elementi che possano portare a conclusioni diverse da quelle rassegnate nella condivisa relazione di cui sopra;

– che, quindi, il ricorso va respinto;

– che le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la società Lavagna Sviluppo S.r.l. al pagamento in favore della G. delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 3.600,00, di cui Euro 3.400,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 19 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 12 febbraio 2010

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