Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3319 del 11/02/2011

Cassazione civile sez. trib., 11/02/2011, (ud. 29/10/2010, dep. 11/02/2011), n.3319

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. POLICHETTI Renato – rel. Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

S.F. rappresentato e difeso dagli Avvocati Izzo

Luigi e Augusto Zampone e domiciliati in Roma via Lucullo n. 3,

presso lo studio dell’Avvocato Alessandro Zampone, come da procura a

margine del ricorso;

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore in carica

rappresentata e difesa per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato

presso i cui uffici in Roma via dei Portoghesi n. 12;

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale di Napoli

n. 95/51/2005 pronunciata il 6.05.2005 e depositata in segreteria il

9.06.2005;

udita la relazione del Consigliere Dr. Renato Polichetti;

udite le conclusioni scritte del P.G. Gambardella Vincenzo che ha

chiesto il rigetto del ricorso.

Fatto

CONSIDERATO IN FATTO

QUANTO SEGUE:

La presente controversia riguarda l’applicabilità o meno al ricorrente del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 12.

Tale articolo veniva ritenuto applicabile dalla Commissione Tributaria Provinciale.

Viceversa la Commissione Tributaria Regionale riteneva non applicabile al ricorrente la suddetta normativa non sussistendone i presupposti.

Avverso la suddetta sentenza è stato proposto ricorso innanzi a questa Corte da S.F. sulla base di due motivi.

Con il primo motivo viene eccepito il difetto di legittimazione dell’Agenzia delle Entrate di Caserta in quanto la stessa non avrebbe avuto alcuna legittimazione a stare in giudizio con la rappresentanza del procuratore legale o di altre categorie a queste equiparate.

Con il secondo motivo si deduce la illegittimità della decisione della sentenza impugnata per non avere ritenuto applicabile al ricorrente la L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 15.

Si è costituita per la controparte l’Avvocatura Generale dello Stato che ha chiesto il rigetto del ricorso eccependo la correttezza della decisione di secondo grado in relazione alla legittimazione dell’Ufficio a stare in giudizio tramite il Direttore ed il Funzionario dell’Ufficio; nonchè la non applicabilità del D.Lgs. n. 217 del 1997, art. 15, non trattandosi nella specie di lite potenziale.

Infondato è il primo motivo del ricorso.

Come stabilito dalla giurisprudenza di questa sezione: “In tema di contenzioso tributario, la legittimazione processuale degli uffici locali dell’Agenzia delle entrate trova fondamento nella norma statutaria (art. 5, comma 1, del regolamento di amministrazione delle Agenzie) adottata ai sensi del D.Lgs. n. 300 del 1999, art. 66; ne consegue che agli uffici locali va riconosciuta la posizione processuale di parte e l’accesso alla difesa davanti alle commissioni tributarie tramite la rappresentanza del direttore, permanendo la vigenza del D.Lgs. n. 31 dicembre 1992, n. 546, artt. 10 e 11 e del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 7.” (Cass. sentenza n. 6338 del 10/03/2008). Del pari infondato è il secondo motivo.

Come stabilito dalla giurisprudenza di questa Corte: “Il condono fiscale pone il contribuente di fronte ad una libera scelta fra trattamenti distinti che non si intersecano fra loro: o coltivare la controversia nei modi ordinari, conseguendo, ove del caso, i rimborsi di somme indebitamente pagate o comunque spettanti, oppure corrispondere quanto dovuto per la definizione agevolata ma senza la possibilità di riflessi o interferenze con quanto già corrisposto sulla linea del procedimento fiscale ordinario; ne discende che l’adesione del contribuente alle sanatorie fiscali previste dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 15 è ostativa al rimborso del credito d’imposta asseritamente spettante e che, pertanto, l’Amministrazione deve disconoscere i crediti esposti nella dichiarazione relativa ad una annualità d’imposta oggetto di definizione agevolata.” (Cass. sentenza n. 22559 del 08/09/2008).

Ne consegue pertanto il rigetto del ricorso con condanna del ricorrente alle spese del presente giudizio liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese del presente giudizio che liquida in Euro 2.100,00.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 28 ottobre 2010.

Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2011

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