Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33188 del 16/12/2019

Cassazione civile sez. I, 16/12/2019, (ud. 24/10/2019, dep. 16/12/2019), n.33188

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. PACILLI Giuseppina A. R. – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 31151-2018 r.g. proposto da:

H.R., (cod. fisc. (OMISSIS)), rappresentato e difeso, giusta

procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avvocato Sabina

Zullo, presso il cui studio è elettivamente domiciliato in Trento,

Via Calepina n. 75;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (cod. fisc. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore il Ministro;

– intimato –

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/10/2019 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. Con il provvedimento impugnato il Tribunale di Trento – decidendo sulla domanda di protezione internazionale ed umanitaria avanzata da H.R., cittadino del Bangladesh, dopo il diniego di protezione da parte della commissione territoriale di Verona – ha rigettato la domanda così avanzata dal ricorrente.

Il tribunale ha, in primo luogo, precisato che le censure formali sollevate in relazione a presunte illegittimità del procedimento amministrativo precedente alla fase giurisdizionale non sono censurabili in quest’ultima sede, posto che il giudizio civile così instaurato è diretto solo ad accertare la fondatezza della domanda volta ad ottenere il riconoscimento del diritto alla reclamata protezione internazionale ed umanitaria. Il tribunale ha, poi, ricordato che il richiedente aveva narrato: di essere cittadino del Bangladesh e di aver saltuariamente lavorato come contadino; di essere stato costretto a fuggire dal sua paese in seguito ad una relazione amorosa con una giovane ragazza che si era conclusa tragicamente con il suicidio di quest’ultima, dopo che la giovane aveva scoperto di essere rimasta incita; di essere stato aggredito in almeno due occasioni dai fratelli della ragazza suicida e di aver lasciato il Bangladesh, temendo di essere ucciso dai parenti della ragazza; di aver denunciato l’aggressione alla polizia locale, non ottenendo alcuna tutela, essendo la polizia notoriamente corrotta.

Il tribunale ha dunque ritenuto non credibile il racconto del richiedente, in quanto generico, non circostanziato e comunque anche contraddittorio, non potendosi, così, riconoscere lo status di rifugiato, anche in ragione della non attualità del pericolo denunciato dal richiedente, che aveva riferito di aver comunque lasciato il Bangladesh nel 2001. Il tribunale ha, inoltre, ritenuto non fondata anche la domanda di protezione sussidiaria, in quanto – in relazione alla richiesta di protezione D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a e b, – mancavano adeguate allegazioni del richiedente dirette a dimostrare l’esistenza di un danno grave alla persona e – quanto alla medesima protezione sub art. 14, lett. c sopra richiamato – non poteva ritenersi il Balgladesh paese scosso da violenza indiscriminata e generalizzata. Infondata – così ha ritenuto il tribunale – anche la domanda di protezione umanitaria, in assenza di una dimostrata condizione di vulnerabilità e della necessaria integrazione socio-lavorativa del richiedente.

2. Il decreto, pubblicato il 2.10.2018, è stato impugnato da H.R. con ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.

L’amministrazione intimata non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo la parte ricorrente lamenta, da un lato, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, comma 1, lett. e) e d), nonchè del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 2, comma 1, lett. d) e, dall’altro, vizio di omesso esame di un fatto decisivo. Si evidenzia la mancata valutazione da parte della decisione impugnata della rilevante circostanza dell’omessa protezione da parte delle autorità statuali al denunciato pericolo di ulteriori aggressioni, perchè la polizia – cui il ricorrente si era pur rivolto – non aveva accettato la sua denuncia per la grave corruzioni dei suoi funzionari.

2. Con il secondo motivo si articola vizio di violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, comma 1, lett. g ed h, conformemente al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 2, comma 1, lett. f e g, nonchè sempre vizio di omesso esame di un fatto decisivo, in relazione al diniego della richiesta protezione sussidiaria.

3. Con un terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, e dell’art. 10 Cost., nonchè vizio di omesso esame di un fatto decisivo in relazione al diniego della protezione umanitaria.

4. Con il quarto mezzo si deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3.

5. Il ricorso è inammissibile.

5.1 Il primo motivo non supera il vaglio di ammissibilità – in riferimento alle doglianze incentrate sul mancato riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a e b, perchè la censura non coglie la ratio decidendi della motivazione impugnata, che riposa, invero, sull’accertata non credibilità del racconto del richiedente, profilo quest’ultimo che – se non adeguatamente impugnato – rende irricevibili le ulteriori doglianze, che, peraltro, sono articolare in fatto, nonostante la rubrica della doglianza denunci un’asserita violazione e falsa applicazione di legge.

5.2 Il secondo motivo è del pari inammissibile in quanto volto ad una rivalutazione da parte della Corte di legittimità degli esiti dell’attività istruttoria per fondare un diverso giudizio in ordine alla condizione di pericolosità interna del Bangladesh, profilo quest’ultimo sul quale si assiste, invece, ad una adeguata motivazione, scevra da aporie e criticità argomentative, avendo il tribunale trentino spiegato correttamente, sulla base della consultazione di attendibili fonti informative, che il Bangladesh non è attualmente scosso da violenze generalizzate ed indiscriminate.

5.3 Il terzo motivo – articolato in riferimento al diniego di protezione umanitaria – è inammissibile in ragione della sua evidente genericità di formulazione, motivo che, peraltro, vorrebbe investire, di nuovo, la Corte di legittimità della questione di rimeditare il merito della decisione, come tale invece rimessa alle valutazioni esclusive dei giudici del merito.

5.4 Il quarto motivo è inammissibile per le medesime ragioni esplicate in relazione al motivo che precede.

Ne consegue la declaratoria di inammissibilità del ricorso.

Nessuna statuizione è dovuta per le spese del giudizio di legittimità, stante la mancata difesa dell’amministrazione intimata.

Per quanto dovuto a titolo di doppio contributo, si ritiene di aderire all’orientamento già espresso da questa Corte con la sentenza n. 9660-2019.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 24 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 16 dicembre 2019

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