Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33185 del 21/12/2018

Cassazione civile sez. VI, 21/12/2018, (ud. 27/09/2018, dep. 21/12/2018), n.33185

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al numero 7959 del ruolo generale dell’anno

2017, proposto da:

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA (C.F.: (OMISSIS)) CASSA DELLE AMMENDE

PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA in persona dei rispettivi legali

rappresentanti pro tempore rappresentati e difesi dall’Avvocatura

Generale dello Stato (C.F.: (OMISSIS));

– Ricorrenti –

contro

UNICREDIT S.p.A. (C.F.: (OMISSIS)), in persona dei rappresentanti per

procura P.P. e L.D.A. rappresentati e

difesi dall’avvocato Achille Saletti (C.F.: (OMISSIS));

ABC INTERNATIONAL BANK PLC, Filiale di Milano (C.F.: (OMISSIS)), in

persona del legale rappresentante pro tempore,

P.R.A.; rappresentato e difeso dagli avvocati Roberto Zanchi (C.F.:

(OMISSIS)), Maria Elena Armandola (C.F.: (OMISSIS)) e Maurizio

Vasciminni (C.F.: (OMISSIS))

SALINI IMPREGILO S.p.A. (C.F.: (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore, S.P.;

FIBE S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore,

M.A.;

FISIA AMBIENTE S.p.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, M.A.;

tutti rappresentati e difesi dall’avvocato Ennio Magri (C.F.:

(OMISSIS));

– Controricorrenti –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI – DIPARTIMENTO DELLA PROTEZIONE

CIVILE – Sottosegretariato di Stato presso la Presidenza del

Consiglio dei Ministri ex L. n. 123 del 2008, Unità Stralcio ex

D.L. n. 95 del 2009 (C.F.: non indicato), in persona del legale

rappresentante pro tempore;

-intimata-

per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Milano n.

580/2017, pubblicata in data 13 febbraio 2017 (e che si assume

notificata in data 15 febbraio 2017);

udita la relazione sulla causa svolta nella camera di consiglio in

data 27 settembre 2018 dal consigliere Augusto Tatangelo.

Fatto

Fatti di causa

Il Ministero della Giustizia e la Cassa delle Ammende presso il medesimo Ministero hanno agito in giudizio nei confronti di Unicredit Banca d’Impresa (oggi Unicredit) S.p.A. ed ABC In-ternational Bank Plc, nonchè nei confronti di FISIA Italimpianti S.p.A. e FIBE S.p.A. (anche quale incorporante Fibe Campania S.p.A.), per ottenere il pagamento dell’importo delle fideiussioni rilasciate a garanzia del rispetto delle prescrizioni imposte da un decreto emesso dal Pubblico Ministero con il quale era stata disposta la restituzione alle imprese titolari dei rispettivi impianti (di produzione di Combustibile Derivato dai Rifiuti), oggetto di sequestro preventivo nell’ambito di un procedimento penale.

Le banche convenute hanno chiamato in giudizio la Impregilo S.p.A., per essere garantite; quest’ultima ha chiamato a sua volta in causa la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della Protezione Civile. La società FIBE S.p.A. ha chiamato in causa il Commissario di Governo presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri per l’Emergenza Rifiuti in Campania.

La domanda principale è stata rigettata dal Tribunale di Milano, con assorbimento di quelle di garanzia.

La Corte di Appello di Milano ha confermato la decisione di primo grado.

Ricorrono il Ministero della Giustizia e la Cassa delle Ammende, sulla base di due motivi.

Resistono con controricorso Unicredit S.p.A., ABC International Bank Plc, Salini Impregilo S.p.A., FIBE S.p.A. e FISIA AMBIENTE (già Fisia Italimpianti) S.p.A..

Non hanno svolto attività difensiva in questa sede gli altri intimati.

E’ stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375,376 e 380-bis c.p.c., in quanto il relatore ha ritenuto che il ricorso fosse destinato ad essere dichiarato in parte inammissibile ed in parte manifestamente infondato.

E’ stata quindi fissata con decreto l’adunanza della Corte, e il decreto è stato notificato alle parti con l’indicazione della proposta.

Le società controricorrenti ABC International Bank Plc, Salini Impregilo S.p.A., FIBE S.p.A. e FISIA AMBIENTE (già Fisia Italimpianti) S.p.A. hanno depositato memorie ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 2.

Il collegio ha disposto che sia redatta motivazione in forma semplificata.

Diritto

Ragioni della decisione

1. Con il primo motivo del ricorso si denunzia “Violazione degli artt. 1362,1363,1366,1936 e 1957 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 “.

Secondo le amministrazioni ricorrenti, poichè l’inadempimento delle imprese garantite alle prescrizioni fissate nel decreto di restituzione degli impianti sequestrati era avvenuto in epoca certamente anteriore al 31 dicembre 2004 (essendosi maturato al più tardi sin dal 23 novembre 2004), ciò avrebbe dovuto imporre di ritenere valida l’escussione della garanzia in data 2 maggio 2005, benchè posteriore a quella del 31 dicembre 2004, di scadenza della stessa.

Avrebbe errato la corte territoriale nel ritenere invece inderogabilmente scaduto il 31 dicembre 2004 il termine convenzionalmente fissato per l’escussione delle garanzie.

Tale prospettazione (oltre a scontare un evidente profilo di inammissibilità, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, in quanto lo specifico contenuto dei documenti su cui è basato il ricorso non è riprodotto, nè di tali documenti è indicata l’esatta allocazione nel fascicolo processuale) è però, in fatto, contraria all’interpretazione delle clausole contrattuali fornita dai giudici di merito, interpretazione sostenuta da adeguata motivazione, non apparente nè intrinsecamente contraddittoria sul piano logico, come tale non sindacabile in sede di legittimità quanto al risultato dell’attività interpretativa.

La corte territoriale ha in effetti ritenuto che, in base alle clausole di entrambe le polizze azionate, il termine del 31 dicembre 2004 era stato convenzionalmente fissato dalle parti sia come termine di scadenza dell’efficacia della garanzia, sia come termine di decadenza per il beneficiario dal diritto di escutere la garanzia stessa (di modo che entro tale data sarebbe inderogabilmente dovuta pervenire agli istituti garanti la “dichiarazione di definitivo scarico da ogni impegno” ovvero la richiesta di escussione della garanzia).

Sotto questo aspetto, le censure contenute nel primo motivo di ricorso sono per un verso inammissibili e per altro verso manifestamente infondate.

La censura di violazione delle norme di interpretazione negoziale (artt. 1362,1363 e 1366 c.c.) è infatti generica e non contiene una specifica indicazione delle concrete violazioni che sarebbero state commesse dai giudici di merito nell’operazione ermeneutica, risolvendosi pertanto in una sostanziale contestazione del risultato interpretativo, non ammissibile in sede di legittimità.

Non ha maggior consistenza la censura di violazione delle disposizioni in tema di garanzia fideiussoria (artt. 1936 e 1957 c.c.), dal momento che tanto la qualificazione del contratto come fideiussione o come contratto autonomo di garanzia (qualificazione che non risulta espressamente operata dalla corte territoriale, non essendo decisiva ai fini del giudizio) quanto l’eventuale applicabilità della decadenza prevista dall’art. 1957 c.c. (decadenza del resto non invocata dalle parti) non assumono alcun rilievo con riguardo alle concrete ragioni della decisione impugnata, fondata esclusivamente sull’interpretazione della volontà negoziale delle parti in relazione alla data ultima da esse pattiziamente fissata per l’escussione della garanzia. Sotto questo aspetto, la suddetta censura non coglie dunque la effettiva ratio decidendi della pronuncia oggetto di ricorso.

Nè può ritenersi fondata l’affermazione delle ricorrenti secondo cui il termine di efficacia delle garanzie e quello per l’escussione delle stesse non avrebbero potuto ritenersi coincidenti, “giacchè il secondo doveva essere necessariamente successivo al primo, presupponendo la conoscenza dell’inadempimento”. I giudici di merito hanno infatti espressamente considerato, in proposito, che il termine per l’adempimento delle prescrizioni cui erano finalizzate le garanzie scadeva in data ampiamente anteriore a quello fissato per l’escussione delle stesse, di modo che era ben possibile (e anzi era addirittura intervenuta in concreto) la conoscenza dell’inadempimento in data utile per consentire la tempestiva escussione, a termini di polizza.

D’altra parte, il motivo di ricorso in esame è formulato senza neanche tenere conto (ed è questo un ulteriore profilo di difetto di specificità delle relative censure) che la sentenza impugnata ha reso distinte motivazioni per le due diverse polizze stipulate dalle società controricorrenti (cfr. in proposito Cass., Sez. U -, Sentenza n. 7074 del 20/03/2017, Rv. 643334 01, in motivazione, che riprende considerazioni già espresse in Cass., Sez. 3, Sentenza n. 4741 del 04/03/2005, Rv. 581594 – 01).

2. Con il secondo motivo si denunzia “Violazione dell’art. 2965 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 “.

Le amministrazioni ricorrenti sostengono, in diritto (in linea subordinata rispetto a quanto sostenuto nel primo motivo di ricorso, con riguardo all’interpretazione delle clausole negoziali), che la limitazione temporale per l’escussione della garanzia fino al 31 dicembre 2004 sarebbe illegittima ai sensi dell’art. 2965 c.c., e pertanto l’escussione successiva (dopo il tempo ragionevolmente necessario per accertare l’inadempimento) avrebbe comunque dovuto ritenersi valida ed efficace.

In proposito (fermo restando il rilievo del medesimo profilo di inammissibilità già richiamato in relazione al primo motivo del ricorso, per violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6,), va premesso che la valutazione in concreto dell’eccessiva difficoltà per l’esercizio del diritto, in relazione ad un termine convenzionale di decadenza, ai sensi dell’art. 2965 c.c., è rimessa al giudice del merito e, ove congruamente motivata, non è censurabile in sede di legittimità (cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 20909 del 27/10/2005, Rv. 584549 – 01).

Sotto questo aspetto, i giudici di merito hanno in primo luogo rilevato che il termine per l’adempimento delle prescrizioni fissate nel decreto di restituzione delle cose sequestrate scadeva il 26 settembre 2004 (per cinque dei sette impianti oggetto della misura), il 27 ottobre 2004 (per un altro impianto) ed il 23 novembre 2004 (per l’ultimo impianto).

Hanno quindi affermato che il tempo necessario per la verifica di tale adempimento (pari ad oltre tre mesi per cinque impianti, oltre due mesi per un impianto ed oltre un mese per l’ulteriore impianto) non era tale da rendere irragionevole il termine ultimo del 31 dicembre 2004 per l’escussione della garanzia e, quindi, eccessivamente difficoltoso l’esercizio del diritto.

Hanno infine osservato – a conferma delle precedenti considerazioni – che addirittura emergeva con certezza dagli atti (ed era stato anzi espressamente affermato dalle stesse amministrazioni attrici) che gli inadempimenti che legittimavano l’escussione delle garanzie erano stati di fatto in concreto già accertati dalle stesse amministrazioni beneficiarie sin dai mesi di settembre, ottobre e novembre 2004, di modo che non poteva sussistere alcun dubbio in ordine alla sussistenza della concreta possibilità di effettuare la suddetta escussione della garanzia entro il termine di scadenza del 31 dicembre 2004. Le valutazioni in fatto sopra esposte risultano sostenute da adeguata motivazione, non apparente nè intrinsecamente contraddittoria sul piano logico. Esse sono quindi incensurabili nella presente sede. Sulla base di tali valutazioni, risulta in diritto del tutto corretta l’esclusione della dedotta nullità, ai sensi dell’art. 2965 c.c., della clausola negoziale di limitazione del termine per l’escussione della garanzia al 31 dicembre 2004.

Il motivo di ricorso in esame è dunque anch’esso per un verso inammissibile e per altro verso manifestamente infondato.

3. Il ricorso è rigettato.

Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo.

PQM

La Corte:

– rigetta il ricorso;

– condanna le amministrazioni ricorrenti a pagare le spese del giudizio di legittimità in favore delle società controricorrenti, liquidandole come segue: in favore di ABC In-ternational Bank Plc, complessivi Euro 19.100,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, spese generali ed accessori di legge; in favore di Salini Impregilo S.p.A., FIBE S.p.A. e FISIA AMBIENTE (già Fisia Italimipanti) S.p.A., complessivi Euro 19.100,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, spese generali ed accessori di legge, con distrazione in favore dell’avvocato Enni Magrì; in favore di Unicredit S.p.A., complessivi Euro 14.800,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 27 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2018

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